MELOGRANO (PUNICA GRANATUM)

È una pianta originaria dell’Asia. Il nome Punica deriva dal latino “punicus”, ossia di Cartagine, perché i romani conobbero il melograno dai Cartaginesi. In Italia viene coltivata per scopo ornamentale e per i suoi frutti; è facile da coltivare e non richiede cure particolari. Cresce spontanea nelle zone più calde del nostro Paese.

Anche il melograno ha proprietà terapeutiche. Della pianta si usano i frutti maturi; i fiori  (vanno  raccolti un po’ prima della prima fioritura); le foglie, che vanno colte durante l’estate; la corteccia della radice si dovrebbe  raccogliere in autunno.

Per la conservazione è importante essiccare rapidamente all’ombra i fiori conservandoli poi in vasi ben chiusi; le foglie si essiccano all’ombra e si conservano in sacchetti; la corteccia della radice si fa asciugare al sole e si conserva semiessiccata nella sabbia asciutta (che deve essere  rinnovata ogni anno).

Il melograno è conosciuto soprattutto perché è un efficace vermifugo anche contro la tenia, usando il decotto di corteccia di radice; le foglie vengono usate nelle anemie e i fiori come astringenti della diarrea, ma servono anche nella cura di alcuni tipi di emicranie e cefalee.

Il melograno è tra le piante che ha  un numero molto elevato di miti e leggende.

I simboli più famosi sono fertilità, abbondanza e ricchezza, ma anche coesione, fratellanza, solidarietà, bellezza ed amore appassionato.

La melagrana come allegoria e metafora si trova presso moltissime religioni e culture. Madonne e statue di dee sono raffigurate con in mano questo frutto. Nature morte di celebri artisti la contengono spessissimo.

Nei miti arcaici il melograno è attributo della Grande Madre, regina del Cosmo, nel duplice ruolo di colei che dà la vita e la toglie, quindi simbolo di fecondità e di morte.

Uno dei miti più conosciuti è quello di Persefone, figlia di Zeus e Demetra che un giorno stava, cogliendo  fiori con le figlie di Oceano. Improvvisamente  la terra si aprì  e apparve Ade, il dio dell’Oltretomba  che la rapì, portandola via con sé, dato che era innamorato di lei da tempo per farla sua sposa. Naturalmente tutto accadde, perché Zeus aveva dato il suo consenso.

Demetra, la madre, dea del grano e dell’agricoltura,  si accorse  che la figlia era scomparsa. Per nove giorni corse per tutto il mondo cercandola disperatamente, ma per quanto si sforzasse non  riusciva a trovarla. Al decimo giorno venne in suo soccorso Ecate che le disse di avere sentito le urla disperate di Persefone durante il rapimento, ma di non avere fatto in tempo a vedere chi fosse il rapitore. Le diede però un prezioso suggerimento e cioè di chiedere a Elios (il Sole, che tutto vede); così Demetra seppe che il rapitore era Ade. A questo punto si arrabbiò tantissimo e volle vendicarsi. Decise che la terra non avrebbe più dato frutti, così la razza umana si sarebbe estinta. In questo modo gli dei sarebbe rimasti senza sacrifici votivi degli uomini, cui tenevano tanto.

Si mise così a vagare disperata per la terra spoglia, sorda ai lamenti di dei e umani. Il suo peregrinare la portò a Eleusi, in Attica, dove regnava il re Celeo e la sposa Metanira, che la accolsero benevolmente senza riconoscerla, perché era sotto le spoglie di una vecchia. Divenne la nutrice del loro figlio Demofoonte.  Col tempo Demetra si affezionò al piccolo e lo crebbe (all’insaputa dei genitori) con l’ambrosia, il nettare degli dei. Attraverso Demofoonte la dea riusciva ad attenuare il dolore della perdita della figlia. Volle anche donargli l’immortalità, e renderlo quindi simile a un dio, ma mentre stava compiendo i riti necessari, fu scoperta da Metanira, la madre di Demofoonte. A questo punto si manifestò in tutto il suo splendore di dea. Delusa dai mortali che non avevano gradito il dono che voleva fare al ragazzo, si rifugiò in cima al monte Callicoro dove gli Eleusini gli avevano nel frattempo dedicato un tempio.

Il dolore  per la perdita della figlia ora si era fatto  più acuto e a nulla servivano le suppliche degli uomini decimati dalla carestia.

Alla fine fu Zeus, a cedere alle suppliche degli dei e dei mortali e inviò Ermes, il messaggero degli dei, nell’oltretomba da Ade, per ordinargli di rendere Persefone  a Demetra.

Inaspettatamente Ade  esortò la moglie di tornare dalla madre, ma prima che la sposa  salisse sul cocchio con Ermes, le  fece mangiare un chicco di melograno, in questo modo le avrebbe impedito di restare per sempre nel regno della luce.

Demetra fu felicissima di rivedere la figlia e all’istante la terra cominciò a rifiorire.

Ma alla fine scopri l’inganno di Ade: avendo Persefone mangiato il chicco di melograno nel regno dei morti, era costretta a tornarci per alcuni mesi all’anno.  Allora Demetra decretò che nei sei mesi che Persefone stava con lo sposo Ade, sarebbe calato il freddo e la natura si sarebbe addormentata dando origine all’autunno e all’inverno, quando invece tornava dalla madre nei estanti sei, ebbero origine la primavera e l’estate.

 

 

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