MATTIA PRETI: “UN CAVALIERE CALABRESE A MODICA”, SPLENDIDA MOSTRA, MA…

             Lo scorso 12 settembre a Modica presso l’ex Convento del Carmine è stata inaugurata la mostra dedicata a Mattia Preti che rimarrà aperta al pubblico fino al prossimo 31 ottobre.

Come già ampiamente evidenziato dai media, si tratta di un evento particolarmente importante per la Città e per tutta l’area iblea, poiché il Preti è tra i massimi e più prolifici rappresentanti della Scuola Napoletana del secondo Seicento e sue opere sono presenti anche in alcune delle nostre chiese (e infatti, tra le quattordici esposte, cinque provengono da Ragusa Ibla e una da Scicli).

Affascinato dall’idea di poter ammirare da vicino questa silloge di capolavori di un artista di tal fama, ho voluto visitare la mostra in un giorno qualsiasi, lontano dal clamore dell’inaugurazione.

La location è imponente ed elegante e già all’ingresso su Piazza Matteotti alcuni volontari accolgono i visitatori fornendo indicazioni utili; prima ancora di aver completato la salita delle scale sulla sinistra, la visione dell’olio su tela “Abramo e i tre angeli” (proveniente dalla Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis a Palermo), rapisce lo sguardo e già da sola descrive l’arte di questo pittore: la brillantezza delle vesti con la prevalenza dei toni del giallo, del rosso e del celeste; il candore delle superfici più esposte alla luce, con la calvizie di Abramo a fare da punto focale, mentre colori più tenui e scuri con la prevalenza dei toni della Terra d’Ombra, quasi nascondono i particolari dell’ambientazione, in un magico gioco teatrale di chiaroscuri che è tra le caratteristiche salienti della pittura barocca di derivazione caravaggesca, insieme alla cura per i dettagli, il movimento e il realismo, atta ad esaltare la soggezione dei fedeli innanzi al carisma trasmesso dai protagonisti rappresentati.

Se questa prima visione d’impatto non fa che accrescere la curiosità di vedere il resto, né mai viene meno l’emozione, mentre i bozzetti stuzzicano l’appetito dello studioso, non manca qualche perplessità.

Infatti, pagato il biglietto di ingresso (3,00€: auguriamoci che nessuno se ne lamenti, un evento culturale simile vale sicuramente il costo di tre caffè…), vengo informato che il catalogo della mostra non è ancora disponibile (la carta è sempre la carta, ma predisporne una versione digitale da scaricare e magari un codice QR oggi non dovrebbe essere più così complicato…), e alla domanda sul percorso da seguire, mi si risponde che “non esiste, si possono visitare le stanze illuminate” (sic!!!).

La visita prosegue, pur se priva di un percorso logico; colpisce la carenza di informazioni esplicative: chi conosce meno la materia deve affidarsi a qualche ricerca frettolosa sui motori di ricerca (o studiare preventivamente a casa), connessione permettendo, se non vuole correre il rischio di terminare la visita nel giro di pochi minuti, mentre in una Città particolarmente attenta al turismo, evidentemente poco importa di chi non è italiano, giacché quel poco, pochissimo che si può leggere è solo in lingua italiana, neppure l’inglese è contemplato.

Complice la brillantezza di alcuni degli oli su tela, l’illuminazione non sempre è all’altezza e in alcuni casi si fatica a godere dell’opera in tutta la sua interezza, con buona pace dei citati chiaroscuri, poiché agli effetti di luce dovuti all’abilità artistica del Preti, si devono aggiungere i riflessi dei faretti.

Ma quel che più desta perplessità è constatare che tutti gli oli su tela sono alla libera mercé dei visitatori senza protezione alcuna, tutti possono essere toccati letteralmente con mano: ovviamente nessuno potrà mai portare via una tela sottobraccio, ma non bisogna sottovalutare gli imprevisti, come il gesto innocentemente sconsiderato di un bambino.

In conclusione, la mostra merita senz’altro una visita, immancabile per gli alunni delle scuole, gli studiosi di storia dell’arte e più in generale di storia locale, poiché, non da ultimo, consente di apprezzare i valori artistici e culturali diffusi anche nel nostro territorio nell’epoca segnata dal sisma dell’11 gennaio 1693, attraverso una prospettiva – quella pittorica – diversa dalle più consuete storica ed architettonica. Tuttavia, intendevo segnalare alcuni aspetti a mio avviso più o meno migliorabili, al fine di valorizzare ancor più e meglio l’evento, senza dimenticare la tutela delle opere esposte.

 

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