È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
MARX RELOADED
27 Feb 2014 20:33
Nel lungo periodo in cui si credette alla valenza scopertamente, dichiaratamente, linearmente politica dell’arte, si sviluppò contestualmente un pensiero estetico debitore della filosofia marxiana. Inutile dire che i criteri divenuti poi operativi di classificare un’opera in base alla sua rigida rispondenza a canoni politici portò, nel volgere di qualche decennio, a perversioni intellettuali in ogni angolo della terra: dal bieco realismo sovietico all’avversione nazista per il moderno fino alla paranoia maccartista dell’America degli anni ’50.
Negli anni delle rivoluzioni e delle controrivoluzioni del ventennio ’60-’70 la politicità dell’arte segnò un lungo estenuante dibattito che vide impegnate le cosiddette avanguardie politiche da una parte, accesamente convinte dell’assolutezza di quella premessa, e gli artisti stessi – quelli liberi dai condizionamenti dottrinari – che si ritrovarono spesso a testimoniare l’esperienza creativa per dimostrare il carattere universale, pre-politico (e dunque non a-politico) dell’arte.
Come spesso accade nella storia del pensiero, Marx aveva dell’arte un’opinione infinitamente più laica e libera di tanti suoi epigoni: com’è dimostrato ampiamente dalla lettura delle sue opere dedicate e come si evince – più in generale – dalla lettura del bel Bentornato Marx, di Diego Fusaro, enfant prodige della filosofia italiana.
Sulla necessità di ripensare la crisi del capitalismo contemporaneo utilizzando gli strumenti del grande pensatore di Treviri può essere utile (e alquanto dilettevole) dare un’occhiata al documentario di Jason Barker Marx Reloaded, che ha fra l’altro il merito di essere aggiornato al core della crisi finanziaria, essendo del 2011.
Una musica “marxista” non si è mai udita (né mai sarà possibile) ma il tentativo di pescare qualcosa che si è ispirato all’idea marxiana dell’emancipazione, della liberazione dell’uomo dal giogo alienante dello sfruttamento, avendolo già tentato altre volte, può sortire i suoi frutti: ed ecco, ancora una volta, il grande Charlie Haden e la sua Liberation Music Orchestra, che ha inciso poco e ancora meno calcato le scene ma ci ha regalato alcune gemme di incomparabile bellezza.
Il suo Not in Our Name è l’ultimo degli album prodotti e, come i precedenti, propone musica traboccante di pathos politico, gioiosamente a cavallo fra tradizione cubana e afroamericana, dai colori sgargianti e dalle melodie struggenti. Un inno all’umanità che canta le sue catene e la sua libertà dalle catene.
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