Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, ed i suoi sbagli. I siciliani gli chiedono il conto

 Sullo scandalo “Datagate” e il possibile coinvolgimento degli utenti italiani piove oggi un esposto del Codacons a tutte le   Procure della Repubblica Siciliane e al Garante della Privacy.

“Di fronte all’aggravarsi dello scandalo sull’utilizzo dei dati sensibili degli utenti a fini elettorali, abbiamo deciso di coinvolgere la magistratura affinché accerti eventuali reati commessi sul territorio italiano da Facebook o da società terze legate al social network – spiega il Codacons – Se infatti emergerà che profili e dati personali dei cittadini italiani iscritti a Facebook sono stati usati in spregio delle norme e per profilazioni politiche e campagne elettorali, si determinerebbe una palese violazione del Codice della Privacy, concretizzando reati per cui è prevista la reclusione”.

Nello specifico con l’esposto odierno il Codacons – unica associazione in Italia che ha già affilato le armi per una possibile class action contro il social network – chiede alle procure e al Garante di aprire indagini alla luce delle possibili fattispecie previste dall’Art. 167. Del Codice della Privacy (Trattamento illecito di dati) e dall’art. 169. (Misure di sicurezza).

In base a tali articoli “chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da uno a tre anni”.

Per quanto riguarda le misure di sicurezza il Codice stabilisce che “Chiunque, essendovi tenuto, omette di adottare le misure minime previste dall’articolo 33 è punito con l’arresto sino a due anni”.

In base alle norme italiane, quindi, Mark Zuckerberg o i dirigenti di Facebook o di altre società connesse responsabili di eventuali illeciti sull’uso dei dati personali, rischierebbero fino a 5 anni di reclusione – conclude il Codacons

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