Malva… sia delle Lipari

La leggenda vuole che, durante la dominazione araba in Sicilia, un contadino, che trasportava un’anfora contenente vino moscato, incontrasse un governatore arabo lungo la sua strada. Alla richiesta di questi su che cosa contenesse l’anfora, il contadino rispose: succo di malva; e implorò Dio perché trasformasse il vino in succo, pronunciando le seguenti parole: malva sia. Il governatore, assaggiando il liquido, constatò che si trattava veramente di succo di malva e lasciò proseguire il contadino per la sua strada.

Tralasciando la leggenda, sembrerebbe che il nome malvasia provenga dalla città greca di Monemvassia. La città, situata nel Peloponneso, divenne colonia veneziana nel 1248. Da essa i commercianti veneziani esportarono vini in tutta Europa. Presero, così, il nome di malvasia prima i vini prodotti a Monemvassia, successivamente i vini greci esportati dai veneziani e, infine, i vini che ricordavano il carattere di quei vini. Si spiega, così, come mai la famiglia delle malvasie sia assai ampia e variegata. In effetti, molte delle malvasie non hanno nessun legame genetico e tanto meno organolettico tra loro. Esistono malvasie a bacca rossa, rosa e bianca. Tra queste, inoltre, ci sono quelle aromatiche, semiaromatiche e quelle neutre.

Molti hanno voluto vedere in una delle cronache di Diodoro Siculo, in cui si parla di un vitigno portato dai greci nelle isole Eolie che dava vita a un vino definito dall’autore nettare degli dei, la prova storica dell’antichissima presenza della malvasia nelle isole Eolie. È vero che la vite, in queste isole, veniva già coltivata nel IV secolo: risalgono a quell’epoca le monete ritrovate a Lipari raffiguranti immagini di tralci di viti e grappoli d’uva. Studi più recenti, però, indicherebbero che la prima presenza di barbatella di malvasia sia stata impiantata a Salina non prima del diciassettesimo secolo. Confermando, così, il legame dell’origine del nome malvasia con quello di Monemvassia.

La Malvasia delle Lipari è un vino prodotto da una qualità di malvasia a bacca bianca aromatica per un massimo del 95% e una piccola percentuale di corinto nero. Sono soprattutto Salina e Stromboli le isole dove maggiormente si produce questo vino. Un vino che in passato rischiò di sparire, ma grazie alla tenacia dei produttiri è riuscito a risorgere. Oggi sono una sessantina i produttori presenti nelle isole Eolie per una produzione di circa 200.000 bottiglie di Malvasia delle Lipari tra la versione Passito e quella Liquoroso.

Per la versione passito, le uve di malvasia, dopo essere state raccolte, vengono lasciate ad appassire al sole sui graticci per circa una quindicina o massimo una ventina di giorni. Successivamente, quando gli acini sono ben appassiti, le uve vengono torchiate e il mosto ottenuto viene fatto fermentare in acciaio o in botti di legno. Per la versione liquorosa di questo vino, si procede a una vendemmia tardiva, successivamente si può anche procedere a un breve appassimento, si passa a una parziale fermentazione e si blocca quest’ultima con l’aggiunta di acquavite.

Il vino Malvasia delle Lipari ha una grandissima intensità olfattiva e un colore giallo oro che vira verso l’ambrato. Al naso è elegante e complesso. Si susseguono l’albicocca, i fichi secchi, la frutta secca, la frutta candita, i sentori di macchia mediterranea, il miele, ma soprattutto i sentori salmastri. Al gusto è chiaramente dolce, ma evita di essere stucchevole proprio per la grande sapidità e la buona acidità che presentano le versioni migliori di questo vino.

Negli ultimi anni si è assistito a un continuo crescere della richiesta da parte dei consumatori di questo prodotto, anche all’estero. Sarebbe un bene, il passaggio da DOC a DOCG per la Malvasia delle Lipari, visto che così si eviterebbe il commercio di qualche prodotto imbottigliato come Malvasia delle Lipari, che magari le isole Eolie non le ha viste neanche con il binocolo. (Giuseppe Manenti)

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