Mafia: operazione Survivors, verso sentenza 29 giugno, parlano difese

Operazione Survivors. Si procede a ritmi serrati verso la data della sentenza prevista per il 29 giugno. Alla sbarra una associazione armata che la procura distrettuale antimafia ritenne riferibile al clan 'stiddaro' dei Carbonaro/Dominante, che si sarebbe imposta a Vittoria e a Comiso, nel Ragusano, e riferibile alla famiglia Ventura e che avrebbe avuto come finalita' estorsioni, recupero crediti e controllo delle attivita' economiche anche attraverso l'intestazione fittizia dei beni.
Oggi e' stato il turno delle prime arringhe difensive dopo il pm Raffaella Vinciguerra alla conclusione della sua requisitoria ha chiesto condanne per 180 anni di carcere: 21 anni per Gian Battista "Titta" Ventura; 18 anni per Filippo Ventura (fratello di 'Titta'); 16 anni per Salvatore Macca e Salvatore Nicotra; 15 anni per Rosario Nifosi' ed Emanuele Firrisi; 14 anni per Angelo Ventura (figlio di Titta Ventura) e per Maurizio Cutello; 13 anni per Francesco Giliberto; 4 anni per Maria Cappello (nipote di Gian Battista Ventura) oltre che Salvatore Perucci, Andrea Perucci, Andrea Frasca, Floriana Campagnolo, Claudio Saracino, Tiziana Lizzio, Agostino Glorioso e Salvatore Licitra. Sempre nell'udienza dell'11 maggio il pm aveva chiesto invece assoluzione per insufficienza di prove per Giovanni Spataro, Angelo di Stefano, Enzo Rotante, Gaetano Cinquerrui, Giovanni La Terra e Vincenzo "Gino" Ventura. Nell'udienza odierna ci sono state le arringhe dei difensori di alcuni degli imputati per posizioni meno gravi. 
L'avvocato Santino Garufi per Giovanni Spataro, ha chiesto l'assoluzione per non aver commesso il fatto "non essendoci elementi di prova riscontrabili; Spataro e' imputato per detenzione di droga e cessione di sostanze stupefacenti. Gli avvocati Alessandro Agnello e Daniele Scrofani sono intervenuti come difensori rispettivamente di Angelo Di Stefano e Giovanni La Terra imputati per detenzione illegale di armi e porto in luogo pubblico. Scrofani per Di Stefano ha fatto leva su "due ipotetiche armi che non sono state mai trovate" e sul senso di alcune intercettazioni in cui si faceva riferimento generico a "cose" da consegnare in cambio di denaro senza la certezza che si trattasse di armi. Una consegna che fini' "nelle mani sbagliate" e non al cognato oggi deceduto al quale era destinata. Di Stefano quella merce la voleva indietro tanto che ci furono dei momenti in cui la tensione sali'. Secondo Scrofani non ci fu mai volonta' o consapevolezza di consegnare nulla a un soggetto implicato in associazione mafiosa. La richiesta quindi per Di Stefano e' stata di assoluzione perche' il fatto non sussiste, in subordine l'esclusione dell'art.7 (ovvero l'avere agito per agevolare l'associazione mafiosa) e quindi la prescrizione del reato, l'esclusione della recidiva reiterata e l'applicazione delle attenuanti generiche.
Il legale di Giovanni La Terra, l'avvocato Alessandro Agnello e' arrivato alle stesse conclusioni non essendoci riscontri probatori. Quattro i difensori intervenuti per Salvatore Perucci, Andrea Perucci, Agostino Glorioso e Salvatore Licitra (avvocato Maurizio Catalano); Andrea Frasca (avvocato Giovanni Mangione); Floriana Campagnolo (avvocato Rosario Cognata) e Claudio Saracino e Tiziana Lizzio (avvocato Claudio Zago) imputati tutti per intestazione fittizia di beni. Il caso, per tutti, riguarda un terreno del Frasca acquistato con un preliminare mai divenuto definitivo – perche' il terreno era gravato da ipoteche – da Filippo Ventura per il figlio Angelo e che viene affittato dai Perucci. Una situazione che esclude, per Catalano, la determinazione dolosa di eludere eventuali misure patrimoniali – dal momento che all'epoca "Filippo Ventura non aveva sentore della temperie giudiziaria che si sarebbe abbattuta su di lui" -; se Ventura avesse avuto "intenti elusivi non avrebbe intestato beni al figlio". Perucci dal 1984 gestisce il suo fondo e quello limitrofo di Frasca poi passato nel 2008 a Ventura e oggi amministrato da un curatore, senza soluzione di continuita', sempre in affitto perche' il fondo Frasca gli garantisce approvvigionamento idrico che nella sua proprieta' non ha. Il reato, sostiene sempre Catalano "deve essere istantaneo e con effetti permanenti e Peruzzi in quel momento non ha fornito ne' beni ne' provvidenze. Il legale ha chiesto quindi l'assoluzione per i suoi assistiti perche' il fatto non sussiste o per non avere commesso il fatto. 
L'avvocato Cognata per Floriana Campagnolo, seguendo la linea del collega Catalano ha chiesto assoluzione perche' il fatto non sussiste, in subordine, attenuanti generiche, il minimo edittale e il dissequestro del 'terreno Peruzzi'. Le posizioni di Claudio Saracino e Tiziana Lizzio sono state difese dal legale Claudio Zago che ha puntato sulla estraneita' alla contiguita' con ambienti mafiosi e totale assenza di timore reverenziale tanto che essendoci state degli attentati alla proprieta' "si rivolsero non al boss come in certi ambienti si usa fare, ma ai carabinieri ai quali presentarono due denunce", segno evidente di estraneita' ad ambienti mafiosi. Il legale ha quindi chiesto assoluzione perche' il fatto non sussiste, perche' non costituisce reato, in subordine minimo della pena, attenuanti generiche e sospensione della pena. Per Andrea Frasca, l'avvocato Giovanni Mangione nel ricostruire la vicenda della vendita del terreno ai Ventura sostiene che il suo cliente e' totalmente incensurato, non viene mai citato negli atti e che non esiste alcuna intestazione fittizia tanto piu' aggravata dal metodo mafioso "perche' ci vuole consapevolezza e intraneita' che deve essere dimostrata nella conoscenza dell'altrui finalita' mafiosa ed il Frasca e' totalmente estraneo ad ogni logica criminale". Per il suo cliente, l'avvocato Mangione ha chiesto assoluzione perche' il fatto non sussiste o per insufficienza di prove. L'udienza e' stata aggiornata al 15 giugno.

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