Lo sport come “vaccino psicologico contro il covid” (ne parleremo grazie al Panathlon)

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola 

Il tema è di una attualità e delicatezza estreme. Il long covid “psicologico e psicosomatico” infatti è incredibilmente sottovalutato oggi. Ne parleranno i manuali nel 2050.

“Come aiutare gli adolescenti attraverso una sana competizione sportiva. I risvolti della pandemia.”

Questo è il nodo principale su cui verterà la tavola rotonda lodevolmente organizzata dall’associazione Panathlon di Ragusa, questo martedì 15 novembre, presso la Biblioteca Diocesana “Monsignor F. Pennisi”, sita in via Roma 109, a Ragusa. Ingresso libero. E graditissimo.

Io, reduce dai miei 15 km di corsa quotidiana, sarò chiamato a sviluppare la traccia: “Lo sport come strategia nel superamento delle angosce adolescenziali. Una sana competizione può favorire la sicurezza nei giovani?” Risponderò: “Spero di no.” E argomenterò tra gli improperi del pubblico.

Sarò odioso nello sfiorare il tema della (talora) insana competizione tra genitori degli sportivi che può favorire (talora) il narcisismo dei giovani. Che è cosa ben diversa dalla sicurezza. 

E se mi sarà permesso, mi soffermerò sulla metafora del “respiro negato e ritrovato”.

Giovanni Cartia incrocerà la sciabola con il tema: “I risvolti della pandemia e le difficoltà per l’inclusione.”

Alessandro Vicari palleggerà in scioltezza con lo spunto: “Cosa è cambiato nel panorama societario e quali le strategie per riportare i giovanissimi a fare sport.”

Inizia e modera Cartia, il quale poi passerà la palla a Vicari e infine a me. Non parlerò più di 15 minuti indimenticabili. E infine sarà dato ampio spazio alle domande. Le vostre.

Panathlon è un’associazione culturale in campo sportivo. Non è nata per ospitare me in una conferenza sullo sport. È stata fondata nel 1952. Il motto recita: “Panathlon unisce attraverso i giochi.”

Lo scopo dell’associazione è l’affermazione dell’ideale sportivo e dei suoi valori morali e culturali, quale strumento di formazione ed elevazione della persona e di solidarietà tra gli uomini e i popoli. Si propone, tra le altre cose, di favorire l’amicizia, diffondere a tutti i livelli, la concezione dello sport ispirato al fair play, promuovere studi e ricerche sui problemi dello sport e dei suoi rapporti con la società, adoperarsi affinché la possibilità di una sana educazione sportiva venga garantita ad ognuno, senza distinzione di razza, di sesso e di età, incentivare e sostenere le attività a favore dei disabili e quelle per la prevenzione della tossicodipendenza, la promozione e la realizzazione dei programmi di educazione alla non violenza e di dissuasione dal doping.

Ammirevole. Mi auguro di non incrinare la storia illibata e prestigiosa dell’associazione con le mie osservazioni polemiche sulla “sub-cultura dello sport”. “Sub-cultura” che, a tratti, intravedo qua e là e a diversi livelli (in Italia come nel Pianeta).

Nell’eventualità, sul palco mi obbligheranno ad espiare con 50 piegamenti sul posto.

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