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LO SPIRITO DI GIOVANNI PAOLO II ALEGGIAVA DURANTE L’ULTIMO APPUNTAMENTO DEL CAFFE’ QUASIMODO
27 Mar 2012 07:21
Quando il mare rapidamente ti nasconde
e ti scioglie in abissi silenziosi
– la luce strappa bagliori verticali alle onde languide
e il mare piano finisce, affluisce un chiarore…”;
“T’amo, fieno odoroso, perché non trovo in te
la superbia delle spighe mature …… T’amo, albero severo,
perché non odo lamento dalle tue foglie cadute….
T’amo, pallida luce del pane di frumento in cui l’eterno
dimora un istante, la nostra vita raggiungendo
per occulti sentieri…”
aleggiava lo spirito di Giovanni Paolo Secondo sabato 24 marzo al caffè letterario “S. Quasimodo”. La sua poesia e il suo messaggio sono stati spunto per una serata d’eccezione che ha visto nella interessante disamina di Domenico Pisana il confronto tra due poeti d’eccezione: Antonio Staglianò e Giovanni Occhipinti. “Un particolare evento – afferma Salvatore Paolino, vice presidente del noto gruppo di poeti di Modica – che ha voluto far omaggio alla poesia di Karol Wojtiya attraverso la poetica dei nostri due illustri amici del Caffè letterario”. La serata è stata arricchita dalle note del maestro Gianluca Abbate al pianoforte e dal maestro Gabriele Bellomia al flauto traverso che hanno sottolineato le letture nella voce di Giorgio Sparacino, Natalina Lotta e Alessandra Pitino. “Il poetare – afferma Domenico Pisana, presidente del Caffè letterario – in Papa Giovanni Paolo trae ispirazione nella contemplazione di Dio. Nei suoi versi raccolti in “Canto del Dio nascosto” e “Canto dello splendore dell’acqua” e in “Trittico romano” Wojtyla dà vita ad una sorta di “romanzo poetico”, nel quale il poeta entra in un rapporto di simbiosi con il creato. Il Dio nascosto trova rivelazione nella contemplazione del creato e si offre al cuore del poeta che ne resta innamorato. Il Dio di Wojtyla non rimane invisibile ma si rivela nel figlio Gesù che incontra l’uomo nella sua quotidianità. E si rivela anche nella fatica del lavoro come nella raccolta “La cava di Pietra” versi che risentono del suo vissuto esistenziale degli anni 40, allorquando lavorava nelle cave di Zakrzòwek e poi nelle industrie chimiche “Solvay” presso Cracovia. Forte è la consapevolezza che il lavoro segna la vita dell’uomo. L’opera poetica di Wojtyla- aggiunge Pisana – è veramente un mosaico di ricco di colori, atmosfere, immagini e sensazioni che lasciano trasparire la fede , la grande sensibilità ed humanitas di un papa che sa tradurre la vita, nella sua bellezza e nel suo dolore, in un linguaggio poetico che parla al cuore”.
La serata è poi evoluta nel naturale confronto del tessuto poetico di Giovanni Occhipinti e di Antonio Stagliano. “Corale con trittico – suggerisce Pisana – di Giovanni Occhipinti, utilizza già nella titolazione un episteme che stabilisce un “felice punto di incontro” tra poesia, musica, teologia e filosofia, dandoci le coordinate di una visione poetica dove la parola si fa linguaggio e raffigurazione atemporale dei processi esistenziali più sofferti e fortemente incisi nell’anima. Sul corale, che era una forma musicale, tipica degli inni religiosi, Occhipinti costruisce il suo canto che ha un fascino dolce e delicato, di una trascendenza raffinata e ricca di grazia”. Dalla teologia alla poesia: un passaggio naturale per il Vescovo Staglianò. “Leggendo, tra le sue varie sillogi poetiche – ci dice Pisana – ho colto un itinerario lirico – religioso che si dipana tra la poetica della memoria e la contemplazione della Verità. La parola del poeta Staglianò si muove solidale tra due realtà complementari: la musa e la memoria. I versi del poeta Stagliano si dispiegano, pertanto, come “parola cantata” non separata dalla memoria; la memoria del poeta non è una funzione psicologica o un mero supporto materiale della parola cantata, ma è soprattutto un’ illuminazione dall’Alto, un intuizione dello spirito che conferisce al verbo poetico il suo statuto di parola poetico-religiosa con un contenuto “veritativo”.
La poesia di Mons. Staglianò è allora, per dirla con Davide Maria Turoldo “il momento più necessario dell’anima”, grazie al quale egli attinge alle fonti della verità e del bene e dà voce al mistero di Dio grazie al quale , altresì, la sua parola poetica apre orizzonti sull’Oltre, su un’alterità che, pur se evocata , rimane indefinita e inafferrabile. La poetica di Staglianò è carica di fede e di umanità e guarda alla verità dell’esistenza cercando di “stare in mezzo alle cose che succedono”, per usare una espressione di Calvino. Il poeta riesce, con i suoi versi, a costruire un percorso lirico – meditativo nel quale Gesù di Nazaret non è solo memoria ma evento che si fa profezia, anelito di ogni uomo, modello per vincere le tentazioni, segno della presenza del regno di Dio, azione taumaturgica, ermeneutica della fede vera, atto di amore fino alla follia, annuncio di resurrezione e provocazione per la cultura del nostro tempo”.
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