L’ISTINTO DEL DIALETTO. CARMEN CONSOLI E IL “SICILIAN PRIDE” MUSICALE

Contaminazione, recupero, incontro, fusione. Queste le parole di Carmen Consoli, ieri ospite all’Auditorium Parco della Musica di Roma.

Un incontro didattico per concludere la ricchissima stagione di “Lezioni di musica”, manifestazione musicale che ha visto grandi personalità della musica internazionale impegnate in vere e proprie lezioni storico-musicali.

In una società ormai sorda e quasi vergognata al cospetto della propria tradizione musicale, l’incontro di domenica 29 maggio ha offerto al pubblico della Sala Santa Cecilia uno spaccato d’amore viscerale per la musica popolare del sud Italia, dalla Sicilia al Salento. La musica popolare e la sua filologia hanno incontrato l’arricchimento e la sperimentazione di sette musicisti incredibili, mostrandosi come forza centrifuga odierna di un percorso che può diventare uno stile di vita.

Carmen Consoli ha dato il via a “Terra ca nun senti. Viaggio nella musica popolare italiana” con un omaggio a Rosa Balistreri: con la stessa passionalità della cantante licatese, la Consoli ha intonato Buttana di to’ mà. Disperazione vocale e totale coinvolgimento dei sensi. E ogni siciliano in sala ha di certo percepito quel legame intenso, e forse arrabbiato, con la propria terra.

 L’excursus geografico-musicale ha toccato ancora la Sicilia con i tamburi di Alfio Antico, ex pastore del lentinese e maestro incredibile di questa tradizione secolare. Incantevole la sua spiegazione sulle varietà di tamburi e sulla tradizione musicale a riguardo (i suoni che accompagnavano i riti del raccolto nella suddacca, il cinque ottavi ereditato dai Greci e ancora la tecnica “a viottolo”, lineare e senza particolari accenti).

La Sicilia ha continuato ad essere protagonista con il marranzano e il mandolino di Puccio Castrogiovanni, componente dei Lautari, gruppo catanese sulla scena della musica popolare dagli anni Ottanta.

Una dovuta digressione storica circa la scuola siciliana di Federico II e il conseguente legame che la Sicilia ha da sempre con la Toscana, ha introdotto l’ospite successivo: Riccardo Tesi, organetti sta pistoiese che esordì nel 1978 a fianco di Caterina Bueno, grande amica di Rosa Balistreri: un altro filo che collega le due regioni, oltre l’esperienza letteraria del XIII secolo.

La lezione ha proseguito con Peppe Voltarelli, componente del gruppo musicale calabrese “Il parto delle nuvole pesanti”, e l’ “Onda calabra” che ha invaso la sala.

Con Ambrogio Sparagna la musica ha fatto sosta in Salento, in particolare in una di quelle zone in cui si parla il grico, una minoranza linguistica greca riconosciuta a livello nazionale. Con Aremu Rindineddha la musica e la poesia hanno intrecciato le loro essenze per un momento di passione malinconica, quasi di amore rassegnato.

A concludere la squadra musicale e il viaggio intrapreso, Francesco Barbaro, produttore musicale e clarinettista impeccabile. L’ultimo brano è Malarazza. E il teatro esplode in una partecipazione totale.

E questo piccolo viaggio musicale porta inevitabilmente a fare delle riflessioni: la canzone popolare, il dialetto, gli strumenti musicali tipici sono la rappresentazione di un’identità precisa, di una lingua e dell’istinto di un popolo. Quale vergogna o rifiuto, dunque, per ciò che siamo stati e continuiamo ad essere?!
“Quannu iu moru, cantati li me canti, ‘un li scurdati cantatili pi l’antri, quannu iu moru pinzatimi ogni tantu,
ca pi sta terra ‘ncruci murivu senza vuci, ca pi sta terra ‘ncruci io moru senza vuci.

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