L’INTERVENTO DI TRAVAGLIO A SERVIZIO PUBBLICO DEL 24 aprile 2014: RIFLESSIONI D’OBBLIGO

Quattro giorni di intense riflessioni, di pensieri vorticosi innescati dall’editoriale di Travaglio a Servizio Pubblico, durante l’ultima puntata di giovedì 24 aprile 2014. Un’analisi così lucida e, banale, da insinuare l’inevitabile dubbio del perché, pensieri limpidi in ciascuno di noi, riescano a smuovere cotanta irrazionale rabbia quando li senti prender forma attraverso la parola altrui.

Conscia che molti di voi lettori abbiano seguito la puntata, o siano andati a spulciar su internet per recuperare le informazioni perse, sarebbe utile misurarci e confrontarci, per chi, invece, sfortunatamente, si sia perso il monologo di Travaglio, mi impegno a sbobinarlo in questa sede, nell’impavida ambizione che quell’analisi possa alimentare il tarlo insito in voi ….

 

“Vent’anni fa, il boss pentito Salvatore Cancemi, faceva per la prima volta il nome di Marcello Dell’Utri come complice della mafia e, addirittura delle stragi. Poi, partirono le indagini e il processo che si sta concludendo tra poco in Cassazione. Ma già 30 anni fa, prima che parlasse Cancemi, si sapeva benissimo che Dell’Utri aveva frequentato diversi mafiosi e, uno, lo aveva addirittura portato nella villa di Berlusconi, Vittorio mangano, travestito da stalliere. Eppure la politica fece finta di niente perché bisognava aspettare le sentenze e, oggi che arriva quella definitiva, non frega niente a nessuno perché Dell’Utri conta poco o niente. Lo stesso era accaduto con Andreotti, tutti sapevano che in Sicilia frequentava mafiosi, alcuni, come Ciancimino, Salvo Lima e i cugini Salvo li aveva direttamente nella sua corrente, ma siccome non c’erano le sentenze, tutti facevano finta di nulla. Il processo iniziò nel 1994, quando non era più Premier ed era già in declino e la sentenza definitiva, messa di assoluzione e mezza di prescrizione, arrivò 10 anni dopo, quando praticamente non contava più nulla, sempre troppo tardi. Un po’ è colpa dei tempi della giustizia italiana, ma un po’ è colpa di quello che descrisse Tommaso Buscetta, parlando per la prima volta con Falcone nel 1984, quando gli disse “il nome di Andreotti, io, non glielo faccio adesso, perché Andreotti è troppo potente, adesso, e l’Italia non è pronta per certe verità. Io finirei ammazzato e lei finirebbe in manicomio”. Cioè la politica è sempre incompatibile con le verità sulla mafia, perché è intrecciata con la mafia e lo Stato, come diceva Leonardo Sciascia, non può processare se stesso.

La scena si ripete adesso con la trattativa Stato-mafia, i fatti sono di 22 anni fa, al passaggio tra la prima e la seconda Repubblica, però il processo può farsi solo oggi, al passaggio tra la seconda e la terza Repubblica, quando i protagonisti della trattativa contano poco o nulla.

I Pm naturalmente fanno tutto quello che possono, ma per fare i processi ci vogliono le prove e per avere le prove è necessario che parlino o i mafiosi o i politici, e poiché i politici si attengono fedelmente all’omertà, bisogna aspettare che parlino i mafiosi e, infatti, alla fine qualche mafioso e qualche figlio di mafioso, da Brusca a Spatuzza, a Massimo Ciancimino ad altri hanno parlato, ma anche stavolta le sentenze arriveranno tardi. Anzi, potrebbero, addirittura, diventare delle armi di distrazione di massa, come le chiama Sabina Guzzanti, per farci guardare al passato e non farci vedere quello che avviene nel presente. Mentre tutti guardavano al processo Andreotti, lo Stato, zitto zitto, trattava con Riina e, poi, con Provenzano, e arrivava il partito di Dell’Utri, spacciandosi per il nuovo che avanza. Questo 20 anni fa. Adesso, tutti aspettano la sentenza Dell’Utri e chi ci dice che, intanto, zitti zitti, non siano in corsa nuove trattative per creare i nuyovi equilibri tra la mafia e la politica della Terza Repubblica?

Il fatto che la mafia non abbia bisogno di mettere le bombe non vuol dire che abbia rinunciato a trattare con i politici, usa altri sistemi, anzi, il fatto che CosaNostra non spari di solito è tutt’altro che rassicurante, è un segno di buona salute, perché le bombe la mafia le usa soltanto quand’è in difficoltà e, così, può agire indisturbata mentre tutti pensano ad altro.

Quindi, il 9  maggio è importantissimo vedere come andrà a finire il processo Dell’Utri in Cassazione, ma non bisognerà dimenticare che, intanto, come ad ogni passaggio di regime, CosaNostra, sta già cercando i nuovi Dell’Utri e non è neanche detto che non li abbia già trovati.

Come ieri e come l’altro ieri la mafia ha bisogno di agganci politici, così come la politica ha bisogno di agganci con la mafia per averne i voti. È sempre stato così, da quando esiste la mafia, e sempre sarà così fin quando i politici oltre a dire di volerla combattere, non riuscirà anche a sconfiggerla, poi magari, tra 10 o 20 anni, da qualche processo scopriremo chi erano i nuovi Dell’Utri e, magari, ci mangeremo i pugni pensando che potevano notarli prima.

Al di là dei nomi dei possibili nuovi Dell’Utri, per cambiare politica bisognerebbe proprio cambiare mentalità e comportamento, cominciando a rispondere a una domanda importantissima: trattare con i mafiosi è giusto o è sbagliato?

Perché Andreotti, che coi mafiosi c’ha sempre trattato, non si sarebbe mai sognato di dire che era giusto trattare, anche perché, per non trattare con le BR aveva fatto ammazzare Aldo Moro o, meglio, lo aveva lasciato ammazzare.

Ora, invece, ci sono politici e intellettuali, anche a sinistra, che, dopo aver negato per anni che la trattativa tra stato e mafia fosse esistita, sono passati dal negazionismo al giustificazionismo e, dicono “ la trattativa c’è stata e chi l’ha fatta meriterebbe una medaglia, perché ha fermato le stragi” e, intanto, questo non è vero, la trattativa ha salvato la pelle dei politici che i mafiosi volevano far fuori perché li consideravano traditori, ma in cambio, ha fatto ammazzare magistrati come Borsellino e tanti cittadini innocenti, provocando nuove stragi, come quella di Via D’Amelio, quelle di Roma, di Firenze e di Milano, perché lo Stato trattando ha fatto capire a Riina  che le bombe pagavano e, quindi, lui doveva alzare il prezzo se voleva alzare il tiro o, meglio, doveva alzare il tiro se voleva alzare il prezzo della trattativa, ma poi, davvero, la mafia si può combattere trattando con la mafia?

In Sicilia, il PD ha candidato, in queste elezioni europee, un giurista, Giovanni Fiandaca, che ha pubblicato appena adesso un libro per dire che la trattativa Stato-Mafia c’è stata ed è stata cosa buona e giusta perché, chi l’ha fatta, cioè i Carabinieri del ROS e chi li ha mandati da Vito Ciancimino, agiva in stato di necessità e quindi a fin di bene. Quindi, Libero Grassi che si è fatto ammazzare per ribellarsi al racket mafioso, era un fesso. Quindi, i commercianti e gli imprenditori che non pagano il pizzo rischiando la pelle da parte della mafia sono dei poveri ingenui? Avvertivano Falcone e Borsellino che bisognava trattare, anziché combatterla, magari, sarebbero ancora vivi.

La settimana scorsa, al quarto passaggio parlamentare, il PD e Forza Italia, insieme, hanno votato la legge sul voto di scambio politico-mafioso. Contro solo i 5Stelle e, alcuni magistrati hanno detto che è meglio questa legge della precedente, il che è vero, ma ci voleva pochissimo, perchè la legge precedente puniva i politici che chiedevano i voti ai mafiosi, e i mafiosi che davano i voti ai politici, solo in cambio di denaro. ma nessun mafioso si fa pagare i voti in denaro contante prima delle elezioni, se li fanno semmai pagare dopo le elezioni con favori, appalti, protezioni e assunzioni. Quindi la legge aveva un buco grosso, ci passavano dentro tutti e non veniva punito nessuno.

Adesso, per fortuna, lo scambio politico-mafioso è punito, non solo per lo scambio di soldi, ma anche altre utilità, e questo è il passo avanti che colma il buco. Però, al Senato, i 5Stelle e il PD avevano aggiunto due cose molto utili:

la prima, pene alte, da un minimo di 7 anni a un massimo di 12, così i colpevoli finivano sicuro in galera, e soprattutto, punibilità per il politico che offre disponibilità a soddisfare le esigenze dell’associazione mafiosa, anche se poi questa non vota per lui.  Poi, però, Berlusconi è salito al Quirinale, Verdini è entrato a Palazzo  Chigi da Renzi e alla Camera le pene si sono abbassate come per incanto, da un minimo di 4 anni a un massimo di 10, cioè praticamente, niente galera per i colpevoli, perché? Perché con le attenuanti generiche, che non si negano a nessuno, tanto meno a un incensurato, e i politici sono sempre incensurati perché hanno una prescrizione dopo l’altra, che cosa succede, succede  che si va sotto i 4 anni di pena e come insegna il caso Berlusconi, sotto i 4 anni la pena non si sconta, si sconta per finta, ai servizi sociali. Non solo, il politico che si mette a disposizione della mafia è punibile solo se poi gli arrivano i voti per davvero e solo se si riesce a dimostrare che lui lo sapeva. E come si fa a dimostrarlo? Basta che lui dica che lo hanno votato a sua insaputa e la farà franca. È vero che c’è la prova che ti sei messo a disposizione del mafioso, ma con questa legge come l’hanno riscritta non basta più: il politico che promette a un boss di darsi da fare per lui, è un delinquente solo se il boss lo fa votare. Se, invece, il boss lo schifa, o fa votare per qualcuno che è ancora più mafioso di lui, oppure lo vota e non glielo dice, allora il politico è un galantuomo. La sua onorabilità non dipende da lui, ma dipende da come si comporta il mafioso.

Ha scritto bene Bruno Tinti su Il Fatto Quotidiano: “che con la stessa logica si potrebbe dire che se un uomo sposato entra in un locale per scambisti, è un pervertito solo se la donna di un altro gliela da. Se invece va in bianco è un ottimo padre di famiglia. È un po’ come dire che una donna che batte i marciapiedi è una puttana solo se trova dei clienti, se invece tutti la rifiutano, non è più una puttana, è Maria Goretti ed è pronta per il Parlamento”.

Ma, se il rinnovamento, il cambiare verso, la rottamazione, è questa roba qua, ma allora ridateci Andreotti e Dell’Utri, almeno quelli ci rispiarmiavano l’ipocrisia. Andreotti lo disse chiaro “Ambrosoli si è fatto ammazzare perché se l’è cercata” e Dell’Utri disse “Vittorio Mangano è un eroe perché non ha parlato”.

Evviva la faccia!

L’ipocrisia, diceva La Rochefoucauld, è la tassa che il vizio paga alla virtù e, oggi, l’unica tassa che non si evade è proprio quella, l’ipocrisia. 

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