L’inizio della scuola: le parole geniali del nostro vescovo (un po’ psicologo) 

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

Scrivo il giovedì. Se il tema è il primo giorno di scuola nella mia città, non posso dire che oggi è il primo giorno di scuola nella mia città. In verità, difatti, alcuni hanno già inaugurato, altri lo fanno oggi, altri forse lunedì prossimo. Ergo, non posso neanche dire che questa settimana è il primo giorno di scuola. A meno che non risolva di essere più chirurgico, indicando il singolo quartiere. Insufflando forse qualche ansia nelle famiglie di un territorio talora indefinito.
Esiste l’orologio interno. Ed esiste anche il calendario interno. Personale. Rispettoso del ritmo biologico di ogni Istituto. Sulla carta, il rientro a scuola in Sicilia è previsto per il 19 settembre, ma ogni Istituto fa un po’ come gli ispira il cuore. Può decidere in autonomia. Poco male. Quando il Caos è creativo, la fantasia colora i giorni e gli animi. È il bello della libertà.

L’anno scolastico, prima o poi, è iniziato e sta per iniziare. Sta per iniziato, insomma. Neanche abbiamo messo piede a scuola che già pregustiamo ponti imprevedibili e festività velocissime (come cantava Franco Battiato, e si rifiutava invece Laura Pausini).
Le mascherine non saranno obbligatorie tra i banchi, tranne che per i fragili, e saranno necessarie sanificazioni e ricambi d’aria frequenti. Sui termosifoni non intendo esprimermi. Non ho certezze. Per niente.
E tuttavia, in un paesaggio così frammentato, pulviscolare e ovvio, una alchimia magica ha voluto che, mentre cercavo le parole giuste per chiosare l’esordio di quest’anno scolastico, mi imbattessi nel messaggio coeso e formidabile che il vescovo di Ragusa, Monsignor Giuseppe La Placa, ha inviato a tutti gli studenti, genitori, docenti e dirigenti per l’occasione.
Un discorso non di amorosa circostanza, tutt’altro che retorico e scontato, per niente paludato o asetticamente istituzionale e, a tratti, soavemente, tra le righe, “politicamente scorretto” (alle orecchie di uno psicologo urticante come me). Ne ripropongo alcuni stralci per me significativi, accennando impliciti commenti e scusandomi umilmente sin d’ora con l’Autore, se nelle interpolazioni e letture ho travisato (confido nella Sua misericordia e nel perdono).

Sottile e meravigliosa la sollecitazione ai genitori: “La scuola non appartiene solo a studenti e insegnanti. Voi genitori, quali primi educatori dei vostri figli, siete parte integrante e partecipativa della comunità scolastica; siate presenti nell’ascolto dei vostri figli e nel costante confronto con gli insegnanti …”
Questa “provocazione” punge al cuore uno dei drammi del sistema circolare scuola/famiglia di oggi.
Non meno acuta e preziosa mi è sembrata l’esortazione psico-pedagogica rivolta ai docenti nel perseguire ancora gli obiettivi più alti per il tramite delle strategie più illuminate e moderne: “… continuate ad essere educatori appassionati, capaci di suscitare nei vostri alunni il gusto di conoscere, di interrogarsi e di cercare risposte che conducano alla capacità di pensare con la propria testa, così da costruire fin dalle fondamenta, una sana società del futuro. Ogni insegnante è educatore non solo se offre conoscenze, pur necessarie, ma se sceglie di esserci nella crescita dell’altro, per sostenere lo sbocciare e il fiorire lento, delicato e prezioso della vita dell’alunno.”
La passione, il gusto di conoscere, di interrogarsi, il pensare con la propria testa, non solo nozioni, la vita dell’alunno.
Splendida infine la sollecitazione, per certi versi rock (risuona una citazione in tal senso), rivolta agli alunni: “… tirate fuori la vostra originalità e sviluppate la curiosità nella ricerca del vero e del bello, valori che vi aiutano a non “trascinare la vita” ma a soddisfare il vostro irreprimibile desiderio di felicità e pienezza di senso.”
La scuola come giardino della felicità. Dell’originalità. Della curiosità. Della ricerca della bellezza.
Per intenderci, esasperando in caricatura, non dice: “Impegnatevi, studiate, siate seri e obbedienti, ripetete cosa vi dicono gli insegnanti di imparare, portate bei voti a casa e i vostri sacrifici faranno di voi degli adulti responsabili.”
Dice: “A scuola non si va soltanto per imparare nozioni – cosa importantissima e fondamentale – ma anche fare esperienza della bellezza delle relazioni. La scuola è un tempo e uno spazio che ci aiuta ad avere grandi ideali e a sviluppare il desiderio di compiere grandi cose.”
In un certo senso, la prospettiva nidace tra le righe eufoniche e però “dissonanti” di questo discorso, per me ha un che di rivoluzionario. Giacché suona miracolosamente “eversivo” da parte di un Istituzione voler vedere nella scuola innanzitutto e prima di tutto la Casa della Felicità dei bambini e dei ragazzi.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it