LE NEVIERE DEGLI IBLEI

L’antenato del gelato è la granita. Le neviere (nivere in dialetto) nella regione iblea servivano per lo smercio della neve che veniva conservata entro apposite grotte naturali o costruite adeguatamente dall’uomo. Si trovano, per la maggior parte, sui colli detti dell’Alloro, i più alti della regione iblea sul Monte Lauro a m 987 sul l.m.

L’inventiva popolare che sfruttava commercialmente la neve abbondante nei monti in inverno, rendeva bene agli abitanti degli iblei. La maggior parte delle nivere rimaste resistono la dove proliferavano a centinaia, nelle zone limitrofe di Buccheri, una ridente cittadina nel comprensorio montano ibleo. I buccheresi li chiamano “grotte”, appunto perchè erano nella maggior parte nelle grotte scavate nel masso lavico che in quei luoghi abbonda poiché il Monte Lauro è un vulcano spento. La Grotta o la Nivera completamente interrata ha il vantaggio sugli altri tipi di essere in ogni parte riparata dal vento, preminente ed impetuoso in queste zone, che è la prima ragione del “calo” della neve conservata.

Notizie certe riguardo al gelato come “impresa” si hanno su Francesco Procopio dei Coltelli, un cuoco siciliano, che nel 1686 riuscì a preparare la miscela che tutti noi conosciamo oggi. Nasce in Sicilia, tuttavia le fonti discordano sulla sua città natìa: se infatti da una lunga tradizione lo vuole originario di Aci Trezza (CT), una più recente ipotesi lo pone nativo di Palermo, basandosi su un attestato di battesimo rinvenuto presso l’archivio parrocchiale della Chiesa di Sant’Ippolito situata nel quartiere Capo del capoluogo. In tale atto il battesimo fu celebrato il 10 febbraio 1651, giorno seguente alla sua nascita. Dal certificato di battesimo emerge il cognome greco, “Cutò”, relativamente diffuso in Sicilia, e non “Coltelli”. Un simile malinteso è facilmente spiegabile se si considera che in francese la parola “coltelli” si legge proprio “cutò”. Una terza ipotesi, anch’essa verosimile, propende per la nascita a Palermo ed un periodo vissuto a Trezza, dove proprio grazie al commercio della neve dell’Etna (attività storicamente rilevante) Procopio avrebbe ideato il gelato.

Un notevole passo in avanti avvenne, alla fine del IX secolo, quando gli Arabi occuparono la Sicilia nell’anno 827 e l’Andalusia. Usando la neve dell’Etna e il succo dei frutti che la terra donava, gustosi e abbondanti, perfezionarono ulteriormente i loro sorbetti, ponendo le basi per dare vita alla rinomata tradizione gelatiera artigianale dell’isola. La fantasia orientale, nella Sicilia ricca di frutta e di neve si esaltò e fece scuola. I mastri gelatieri della Sicilia con la loro creatività, impararono dai Musulmani tutte le nuove tecniche per la preparazione di un gelato più raffinato e più leggero, grazie all’uso di nuovi succhi di frutta e all’aggiunta dello zucchero di canna elementi indispensabili per la realizzazione di questo “sorbetto” la neve in abbondanza sull’Etna, sulle Madonie, sui monti Iblei, il sale marino a profusione lungo le coste dell’isola (indispensabile per ottenere temperature ideali), zucchero di canna coltivata sul posto e limoni verdelli dagli stessi Arabi introdotti in Sicilia e così nacque l’odierna “Granita di Limone”. La neve collocata in ceste, rivestite all’interno di paglia e sale marino, a dorso di mulo e di notte si trasportava in città, qui era deposta in profonde cantine, dove si conservava per diversi mesi. Da questa regione del sud Italia ben presto il gustoso dessert cominciò ad espandersi verso nord, a Napoli, poi Firenze, Milano, Venezia. Poi sempre più su, in Francia, Germania, Inghilterra mentre in Spagna il “sorbetto” si diffondeva tramite i rapporti commerciali del Portogallo con i popoli delle Indie. Anche i Crociati, ritornando dalla guerra Santa, portarono preziose ricette, e il “gelato” cominciò ad apparire come nuova scoperta sulle tavole dei ricchi d’Europa con raffinatissime ricette di sorbetti a base di agrumi, gelsi e gelsomini.

Marzia Paladino

 

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