LE DONNE AI TEMPI DELLA CRISI

In questi giorni, con l’approssimarsi dell’8 marzo, le iniziative e le riflessioni sulla condizione femminile sono numerose e tutte sicuramente significative. E’ così ogni anno (e forse è giusto che sia così, se ancora se ne sente l’esigenza).

Oggi, però, la situazione è diversa, più complessa o, meglio, più complicata.

Il rapporto EURISPES 2013 conferma ancora una volta la fragilità dell’attuale condizione della donna, impegnata tra il moltiplicarsi dei ruoli che la società richiede e la necessità di districarsi all’interno di una complessità sociale sempre crescente, in un periodo storico nel quale le incertezze e i disagi sono enfatizzati dal rilevante gradiente di crisi che investe tutti gli aspetti dei sistemi vitali delle persone.

La crisi che l’intero Paese sta attraversando colpisce in maniera più profonda le donne.

Difficoltà economiche, famiglia e lavoro (quando c’è) rappresentano, più che nel passato, la sfida quotidiana delle donne, e l’impegno a conciliarli è  un ostacolo a volte impossibile da superare.

Questi sono problemi analizzati, approfonditi, dibattuti, ma che ….. restano pur sempre problemi non risolti.

Una prospettiva di analisi sicuramente più interessante è quella che scaturisce dalla misurazione fatta dall’ISTAT sul capitale umano degli italiani che consente di coniugare aspetti quantitativi con considerazioni qualitative: i dati evidenziano come, tenendo conto solo del potenziale di reddito, il capitale umano femminile (231 mila euro) vale praticamente la metà di quello degli uomini (453 mila euro); diversi sono i valori se si considerano le cosiddette ‘attività non di mercato’, che comprendono in buona dose il lavoro famigliare svolto a favore di tutti i membri della famiglia.

La sociologa Chiara Saraceno ha approfondito i risultati della misurazione ISTAT e le sue considerazioni sono totalmente condivisibili “Il basso valore di mercato del capitale umano femminile deriva da due fattori molto italiani, che contribuiscono a comprimere il potenziale complessivo del capitale umano italiano. Il primo è il più basso tasso di occupazione femminile, dovuto anche al carico di lavoro famigliare. Il secondo è la minore valorizzazione, a parità di competenze, delle donne che stanno nel mercato del lavoro. In altri termini, in Italia si spreca allegramente una grossa fetta del capitale umano teoricamente disponibile. Allo stesso tempo, le donne contribuiscono parecchio, a titolo gratuito, al benessere complessivo”.

A livello politico-amministrativo si dovrebbe riflettere su queste analisi e attivarsi per evitare che restino solo dei numeri nei Rapporti annuali delle diverse Agenzie.

Basterebbe, per cominciare, applicare le leggi attualmente in vigore, iniziando un percorso che non può che migliorare la qualità della vita della collettività, superando il gap tra il capitale umano femminile e maschile.

Questa  Consulta ha prodotto la seconda versione del Piano Triennale delle Azioni Positive (2013-2015), già approvato e, quindi, pronto per essere reso operativo; il Piano prevede aree ed azioni che si collocano in maniera significativa con l’approccio ai problemi prima esposti.

A tal fine è stato chiesto agli Amministratori un costruttivo confronto per concordare orientamenti e priorità e, conseguentemente, le strategie più adeguate a realizzare un concreto cambiamento.                                                                                                  

 

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