LE AMARE RIFLESSIONI DI UNA STUDENTESSA DI LINGUE

Ho compiuto diciotto anni a gennaio e, si sa, al compimento della maggiore età si viene travolti da una serie di importanti impegni : devi prendere la patente, prepararti per gli esami di maturità, scegliere la facoltà universitaria e studiare per essere ammessa e infine abituarti all’idea che adesso sei adulta e andrai a votare. Dal momento che patente di guida e maturità sono andate lisce come l’olio non mi aspettavo certo che l‘università potesse darmi così tanti problemi. Ma partiamo dall’inizio : vivo a Ragusa e ho deciso, non per ragioni economiche e logistiche, ma per pura passione di restare nella mia città e studiare lingue, lingue orientali. Finisco gli esami di maturità, comincio a informarmi, pare ci siano dei problemi, ma, a detta dei gentili impiegati della segreteria, entro il 20 luglio tutto dovrebbe risolversi. Il 20 luglio diventa il 30, poi il 31, poi primi di agosto, poi “è questione di giorni, di ore lascia il numero ti chiamiamo noi …………..” e sto ancora aspettando che qualcuno mi telefoni. E non ditemi, per favore, che ci sono tante altre facoltà : io volevo e voglio ancora studiare il cinese in un’università pubblica. Non ho avuto difficoltà a capire che nessuno mi telefonerà ma ho grossissime difficoltà a comprendere perché a me e a tutti gli altri ragazzi, che come me aspettano la fatidica telefonata, viene negato il diritto allo studio. Se devo credere alle notizie degli ultimi giorni io e i miei circa 200 potenziali compagni di studi, chissà forse saremmo anche diventati amici, ci vediamo negare un diritto tanto importante perché i dirigenti del Comune, della Provincia e non so chi altro e il Rettore dell’Università di Catania, pur essendo d’accordo sul fatto che c’è un problema serio, si rifiutano di stare seduti attorno allo stesso tavolo a cercare di risolvere un problema tanto importante che coinvolge e, sconvolge, la vita e i progetti di tanti ragazzi e delle loro famiglie. E dire che per diciotto anni genitori, maestri e professori erano riusciti a convincermi dell’esistenza dell’educazione, del rispetto, di varie forme di dialogo e dell’esigenza di usarli in ogni occasione. Puoi ancora credere a quello che ti hanno insegnato a casa e a scuola se pochi mesi dopo essere diventato maggiorenne e due mesi dopo aver lasciato il tuo banco di scuola vedi persone da tutti considerate importanti, persone scelte per amministrare province, comuni e università, affrontare i tuoi problemi, i problemi della tua città a colpi di citazioni, diffide, ammonizioni, minacce e, sempre più spesso, insulti? E perché nessuno fa quello che ovunque è considerato normale e cioè far cessare il litigio e riportare la pace perché la discussione possa riprendere serenamente? Visto che nessuno interviene, l’unica soluzione è, sempre che i tuoi genitori possano permettersi l’alternativa, riprogettare cinque anni della tua vita e andar via. E mentre vorresti piangere perché hai dovuto rinunciare a fare qualcosa che veramente ti piaceva e per farlo hai dovuto imporre sacrifici ai tuoi genitori, i muri si riempiono di manifesti elettorali che promettono rivoluzioni e cambiamenti e alla televisione senti che molto presto tutto cambierà, che i giovani troveranno lavoro perché sparirà la corruzione e che per installare un pannello fotovoltaico non saranno più necessarie cinque autorizzazioni ma ne basteranno due. Per quanto mi riguarda, vorrei, quando sarà il momento, che un lavoro mi venisse dato perché ho studiato, sono preparata e lo merito. Sui pannelli fotovoltaici non mi esprimo dal momento che non ne ho e non so se mai ne avrò uno da installare. Di diritto allo studio e di buon senso nessuno parla : resta il fatto, però, che il primo ci è stato negato del secondo non ci sono notizie.
Lettera firmata
   

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