L’AVARO DI MOLIERE

Lorenzo Masala

Liceo  Scientifico  “A. Pacinotti”_Cagliari_                                                                      

classe  1^B                                                                           

Arturo  Cirillo  ha  saputo  rivisitare  l’opera , mettendo in evidenza i risvolti comici, ma facendo anche riflettere  su  alcuni  problemi  ancora presenti nella nostra  società  attuale.

Nella  rappresentazione assume risalto non  solo  l’inevitabile  lato  teatrale,  ma  anche  quello  artistico,  come  si  può  notare  dalla  scenografia  e  dai  costumi:  la  prima,  ideata  da  Dario  Gessati,  suscita  sensazioni  di  stupore,  ma  anche  di  mistero,  infatti  ognuno  può  interpretarla  a  modo  suo:  …un  corridoio  senza  fine,  infinito  come  l’avarizia  di  Arpagone;  oppure  può  sembrar  ispirata  a  famosi  quadri  di  celebri  pittori.

I  costumi,   questi  ideati  da  Gianluca  Falaschi ,  tutti  sfarzosi,  come  quelli  di  Cleante  ed  Elisa,  figli  di  Arpagone,  sono  ispirati  alla  tecnica  del  bicolore  di   Rothko;  sono  colorati  in  una  tonalità  più  scura  nella  parte  più  bassa,  come  per  donare pesantezza  ai  personaggi  stessi.  L’unico  a  non  possedere  un  costume  prezioso  è  il  protagonista,  sempre  vestito  con  abiti  scuri.  I  personaggi  sono  tanti,  tutti  diversi  tra  loro,  ma  allo stesso  tempo tutti tesi verso un oggetto  del  desiderio:  chi  desidera  la  donna  dei  propri  sogni,  come  Cleante  e  Valerio  (interpretati  da  Michelangelo  Dalisi  e  Giulio  Sattarelli),  che  desiderano  aver  la  mano  di  Mariana  ed  Elisa,  sorella  di  Cleante.  Altri  vogliono  solo  denaro,  oppure  lo  custodiscono   in  segreto,  come  Arpagone.

 

L’Avaro di Molière 

E’ nero. Assorbe colori, amore, giovinezza. E’ un amore troppo grande che lo isola, lo rende vivo, gli impedisce di amare qualcun altro. Un amore frivolo, inquietante al tempo stesso. I sentimenti non hanno più nessun valore. Il possedere e l’avere, non l’essere. Il denaro è ciò che lo rende vivo. E’ il suo figlio prediletto.
Arpagone è vecchio, vecchissimo. Troppo vecchio per poter capire che quel morbo che lo allontana dai suoi affetti, dalla sua famiglia è l’avarizia. L’avarizia, il sentimento che rappresenta il tema dominante nell’opera. 
” L’ Avaro ” di Molière, messo in scena dal regista Arturo Cirillo al Teatro Massimo di Cagliari, rappresenta pienamente questo concetto. Il ”vecchio avaro”, Arpagone, è disposto a tutto pur di colmare il suo irrefrenabile amore per il denaro e per la sua cassetta. Una cassetta per la quale sottrae e rapina la giovinezza ai suoi figli, Elisa (interpretata da Antonella Romano) e Cleante (interpretato da Michelangelo Dalisi). La scenografia rispecchia l’animo dell’avaro. Cinque quadri la rappresentano, come per dare l’idea di un lungo corridoio di cui è impossibile vedere la fine. I costumi, ispirati al pittore contemporaneo Rothko, danno ai personaggi una maggiore pesantezza. Il loro colore è sfumato, come se il nero dell’animo di Arpagone avesse assorbito pure questo. Dispute, amori intrecciati, tradimenti ed ingiurie. L’unico amore autentico è quello fra l’avaro e la sua cassetta. Il regista, nonché interprete di Arpagone, definisce la commedia ”contemporanea perché dà più valore all’avere che all’essere. Si brama al potere e al denaro”. Chiaro è il riferimento a noi e all’epoca in cui viviamo. Perché in fondo ciascuno di noi ha un po’ di Arpagone nel proprio animo.

 

Liceo Scientifico A. Pacinotti – II B

Carolina Congia

 

 

“L’AVARO”

Lucia Porcedda – 1B Liceo scientifico Pacinotti

Un carillon malinconico.
Una amore curvo e malato per una cassetta.
Arpagone, l’avaro interpretato da Arturo Cirillo nelle vesti anche di regista, torna in scena dopo secoli dalla sua prima apparizione. Ruba la giovinezza e la spensieratezza a chi lo circonda come il nero dei suoi abiti ruba la luce.
Il Teatro Stabile di Napoli e delle Marche porta con successo sul palcoscenico un classico che non è mai stato cosi contemporaneo, accompagnato dalle dissonanze delle musiche di Francesco de Melis.
Una commedia esilarante ma anche amara, con una cupezza di base onnipresente.
Intrighi, alleanze, inganni e finzioni prendono vita grazie al desiderio di libertà di Cleante (Michelangelo Dalisi) e Elisa (Monica Piseddu) che, nonostante il geloso padre, credono ancora nell’amore:
puro quello di Mariana (Antonella Romano), incondizionato quello di Valerio(Luciano Saltarelli).
E nel caos, nello sgretolamento dell’equilibrio della casa, è un attimo il bacio tra Cleante e Mariana.

 

 

 

Recensione di Marco Magno

l’Avaro” di Moliere

Si deve ad Arturo Cirillo la moderna rilettura di uno dei capolavori della storia del teatro, L’Avaro che, scritto nel 1668 da Molière, si ispira alla “Aulularia” di Plauto.

Arturo Cirillo – regista -, uno dei più promettenti sulla

scena nazionale, decide di portare alla luce con la compagnia

del “Teatro Stabile di Napoli” e del “Teatro Stabile delle

Marche”, e grazie alla traduzione di Cesare Garboli, il lato noir della commedia molieriana

Pareti spoglie di un corridoio profondo, indefinito, che

assorbe luce, che assorbe vita. Il Vecchio, vecchissimo e

avaro, Arpagone, nero come il corridoio, curvo su se stesso a

proteggere l’unica cosa a cui dà e da cui non prende, bianca e

candida, sua figlia, la cassetta. Come il nero assorbe la

linfa vitale dei figli, Cleante ed Elisa. Ma qualcosa sta per

cambiare perché l’amore ha aperto anche i loro cuori.

Mariana con i suoi modi gentili ha conquistato il cuore di

Cleante e fatto breccia in quello di Arpagone, che organizza

un matrimonio con la giovane paesana e, pensando alla dote,

decide di far sposare il figlio con una ricca vedova e la

figlia con un vecchio signore. A sua volta però Elisa è

innamorata di Valerio, che le ha salvato la vita e che decide di

diventare valletto di Arpagone per entrare nelle sue grazie.

Prospettive distorte. Figure maschili interpretate da attrici.

Storie che s’intrecciano e passati che riaffiorano. Un furto.

Il corridoio si sfalda.

L’Arpagone del ‘600 riesce ancora oggi a toccare le emozioni

di chi lo guarda, in lui riconosciamo tutta l’attualità del

vizio.

In questo spettacolo Cirillo ha fatto il “suo Molière”, caratterizzandolo con costumi futuristici, mimica, recitazione, coreografia, soluzioni sceniche originali e un finale di grande effetto.

 

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