L’AVARO DI MOLIERE

Scritto nel 1668 da Moliere, ispirato alla “Aulularia” di
Plauto e tradotto da Cesare Garboli; si tratta di una moderna
rilettura di uno dei capolavori della storia del teatro.
Arturo Cirillo – regista -, uno dei più promettenti sulla
scena nazionale, decide di portare alla luce con la compagnia
del “Teatro Stabile di Napoli” e del “Teatro Stabile delle
Marche”, il lato noir della commedia Moleriana.
Pareti spoglie di un corridoio profondo, indefinito, che
assorbe luce, che assorbe vita. Il Vecchio, vecchissimo e
avaro, Arpagone, nero come il corridoio, curvo su se stesso a
proteggere l’unica cosa a cui da e non prende, bianca e
candida, sua figlia, la cassetta. Come il nero assorbe la
linfa vitale dei figli, Cleante ed Elisa. Ma qualcosa sta per
cambiare perché l’amore ha aperto anche i loro cuori.
Mariana con i suoi modi gentili ha conquistato il cuore di
Cleante e fatto breccia in quello di Arpagone, che organizza
un matrimonio con la giovane paesana e, pensando alla dote,
decide di far sposare il figlio con una ricca vedova e la
figlia con un vecchio signore. A sua volta però, Elisa è
innamorata di Valerio, che le ha salvato la vita e decide di
diventare valletto di Arpagone per entrare nelle sue grazie.
Prospettive distorte. Figure maschili interpretate da attrici.
Storie che s’intrecciano e passati che riaffiorano. Un furto.
Il corridoio si sfalda.
L’Arpagone del ‘600 riesce ancora oggi a toccare le emozioni
di chi lo guarda, in lui riconosciamo tutta l’attualità del
vizio.
Con questo spettacolo Cirillo ha fatto il “suo Moliere”, con
costumi futuristici, mimica, recitazione, coreografia e
soluzioni sceniche originali e un finale di grande effetto.

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