L’ARCHITETTURA E NON SOLO L’URBANISTICA PER FARE LA NUOVA RAGUSA

Come che sia, Dipasquale andrà a fare il deputato all’Assemblea Regionale Siciliana (primo ragusano dopo parecchi lustri, finalmente!), e a sostituirlo a Palazzo dell’Aquila dovrà andare un uomo coraggioso, per dare al futuro di questa collettività una precisa collocazione, un profilo, una via.

Il celebre slogan di Nello Dipasquale prima maniera, ovvero candidato sindaco di Forza Italia, era il tante volte utilizzato “Ragusa grande di nuovo”. All’epoca non potevamo immaginare che per “grande” il sindaco intendesse il termine nella accezione letterale, ovvie il contrario di piccolo, e sempre nell’ambito delle dimensioni. Noi, noi che lo abbiamo votato oppure no ma lo abbiamo comunque riconosciuto come nostro primo cittadino, immaginavamo invece grande nel senso di importante, di ammirata, di riconosciuta (non solo dall’Unesco), di rispettata città moderna e civile (com’è quasi sempre stata la nostra Ragusa, scrivo “quasi” a vantaggio di chi, conoscendo la storia moderna, e ascoltato o letto Uccio Barone sa bene che alla fine del ‘700 la bella Ragusa fu una delle città più violente e criminali di Sicilia). Insomma: il nuovo Juventus Stadium è piccolo ma bellissimo, il vecchio “Delle Alpi” tanto grande quanto brutto.

Secondo me, che però sono quello che denuncia la scritta a favore della droga a Marina senza intervenire ma limitandomi a scriverne, secondo me, dicevo, si potrebbe cominciare da una citazione. Che è la famosa frase scritta da Elio Vittorini nel suo “Le Città del Mondo”, datato 1969 e rivolta a Scicli: “forse è la più bella di tutte le città del mondo. E la gente è contenta nelle città che sono belle…”.

Non si può non essere d’accordo col grande scrittore siracusano: una cosa è vivere a Palermo, un’altra a Stoccarda (città scelte non a caso, ma per mettere in difficoltà chi legge).

Ma la città non nasce bella, e non lo diventa se non con l’intervento (ed in alcuni casi deve necessariamente essere massiccio e radicale) dei propri cittadini. E siccome ci sono geometri bravi e geometri scadenti, come tanti ottimi ingegneri ed altrettanti modesti, e ovviamente anche gli architetti: tanti io ne conosco e sono di livello (in alcuni casi di livello nazionale), quanti sono da fuggire.

Mi affido perciò ai giovani architetti, tanti ne abbiamo licenziato dalle nostre migliori università. E di questi molti, davvero la gran parte, hanno idee innovative, moderne, anche quando trattano immobili e volumi antichi, a volte storici. Ho visto tanti progetti, tanti rendering, bei disegni che se realizzati, anche solo in parte residuale, potrebbero cambiare il volto della nostra città, si intende in meglio. Nel centro storico c’è solo da andarci a vivere (ma non entro nella questione che tanti dibattiti ha suscitato anche su queste colonne), e nella periferia c’è invece da lavorare. E mentre penso tutto questo, mi imbatto nelle ultimissime costruzioni realizzate a Marina di Ragusa: come in quasi tutti i villaggi più o meno grandi costruiti in questi ultimi dieci anni. Case tutte uguali, scatole di cemento in bianco e azzurro. Mai una idea grande, un volo, un sogno. Case uguali, per gente omologata anche quando possiede cervelli e capacità di serie A. Ma perché siamo diventati così i ragusani? Eppure siamo i figli di quelli che solo trecento e passa anni fa decisero che la città nuova, sul Patro, andava costruita con criteri moderni sul piano urbanistico e con canoni barocchi (all’epoca modernissimi) perché belli sul piano architettonico. Una vera scommessa, che oggi possiamo dire certamente vinta! Adesso prevengo il solito commento: non c’è l’ho con Nello Dipasquale. Non lo reputo il responsabile, e comunque non l’unico, della progressiva deriva antiestetica della nostra Ragusa.

Ma l’appello ai costruttori e agli architetti rimane valido: proponete i vostri progetti, azzardate, rendete viva – e si spera anche bella  – la nostra città. L’occasione del prossimo aprile è di quelle da non perdere.

 

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