L’ANNO SCORSO SI SONO PERSI SEDICIMILA POSTI DI LAVORO

Ciò che emerge dalla pubblicazione dei dati Istat sulla disoccupazione non può certo sorprendere. Tutti i comparti produttivi lamentano da tempo una crisi dalle vaste proporzioni ed ogni tipo di indicatore converte su una situazione d’emergenza. Inoltre è ovvio che, dove il mercato del lavoro presentava già dei gravi problemi strutturali, la situazione appaia ancora più allarmante. Eppure la lettura delle cifre lascia ugualmente un senso di amaro sconforto. Sono ben 16 mila i posti di lavoro persi nel 2009 in Sicilia, regione che si conferma quella con il tasso di disoccupazione, pari al 13,9%, più alto d’Italia, superiore anche alla media del Mezzogiorno (12,5%).

La situazione nazionale è in linea con la tendenza generale. Più dettagliatamente, nella media del 2009, l’occupazione nazionale si riduce su base annua del 1,6% (-380 mila unità). Alla flessione particolarmente robusta dell’occupazione maschile (-2% pari a 274 mila unità in meno rispetto alla media 2008) si associa quella meno accentuata dell’occupazione femminile (-1,1% pari a 105 mila unità). Il calo dell’occupazione si concentra al sud (-3% pari a 194 mila unità in meno) ma è alto anche nel nord (-1,3% pari a 161 mila unità in meno) mentre resta contenuto al centro (-0,5% pari a 25 mila unità in meno). Nel complesso nel 2009 lavorano poco più di 23 milioni di italiani, per un tasso di occupazione complessivo del 57,5% (-1,2 punti percentuali sulla media 2008). 

Ci si potrebbe immaginare che per non ricadere nella sfera dei disoccupati sia sufficiente studiare  e specializzarsi. Ed invece basta leggere il XII rapporto del consorzio interuniversitario ‘Almalaurea’ sulla situazione occupazionale dei laureati del 2008 per provare una ennesima delusione.

A un anno dal conseguimento della laurea infatti, il tasso di occupazione  tra i dottori di primo livello è pari al 62%, scendendo di quasi 7 punti percentuali rispetto alla rilevazione dell’anno precedente, mentre per quelli di secondo livello è pari al 45,5% (oltre 7 punti percentuali in meno) e si attesta invece al 37% per i laureati a ciclo unico, con una flessione di oltre 5 punti percentuali. Secondo il rapporto, inoltre, la disoccupazione è lievitata sensibilmente passando dal 16,5 al 22%, e non solo tra i laureati triennali. Per i laureati magistrali, la disoccupazione è passata dal 14 al 21% così come per i laureati a ciclo unico (medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza): dal 9 al 15%. Una tendenza, questa, che si registra indipendentemente dal corso di studio e dalla sede degli studi e che si estende anche ai laureati a tre e a cinque anni dal conseguimento del titolo.

In cifre questa è la drammatica situazione che ogni giorno coinvolge i cittadini di ogni categoria sociale. Eppure analizzando le azioni di governo e le sempre più pressanti campagne elettorali non si scorge nessun referente politico che provi a farsi carico dell’emergenza lavoro. Le tematiche sono sempre più lontane dagli urgenti bisogni degli operai che hanno dedicato la propria professionalità ad un’impresa e si ritrovano improvvisamente inutili, dei giovani che hanno sacrificato anni di studio per conseguire una laurea e delle famiglie che hanno sostenuto con immensi sacrifici le spese universitarie. A seguire i principali mezzi d’informazione sembra che le maggiori esigenze della nazione siano la riforma dei processi giudiziari, le intercettazioni telefoniche, le escort nei palazzi della politica. Certamente tutti temi interessanti eppure, considerazione molto banale, ad assillare ogni giorni giovani e meno giovani è l’immediato futuro che, senza un lavoro, è una incognita a cui fa male pensare.

 

Laura Curella

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