LA TESTA DI ANDRIAN YELEMESSOV IN CAMBIO DI ALMA SHALABAYEVA?

Eccoci giunti all’epilogo di questo caso kazako sul quale si è scritto di tutto e, obtorto collo, anche quasi il contrario di tutto. Prendiamo quale esempio, fra molti, il Corriere della Sera, domenica 2 giugno, a pagina 21 appariva una notizia a dir poco sconcertante: “Moglie di un dissidente espulsa in Kazakistan”. “Lì rischia la tortura”. “Un’espulsione a tempi record nelle mani di un regime dittatoriale, noto nel mondo per la disinvolta noncuranza con cui tratta i diritti umani”, annotava un altro articolo online[1].

Poi la campagna denigratoria e demonizzatrice ad oltranza è ricominciata un mese dopo, a tamburo battente, e sta tenendo ancora banco, catalizzando l’attenzione di tutte le testate giornalistiche oltre a notiziari e speciali.

Martedì 23 luglio, lo stesso Corriere che accusava il Paese centrasiatico di essere la peggior dittatura a memoria d’uomo, così, con la massima disinvoltura per non dire con il più bieco e becero trasformismo titola in prima pagina “Alma in Italia? Possibile”. Correggendo il tiro nel sottotitolo, dove insinua sempre il dubbio che alla fine quest’Ablyazov sia la brava persona descritta agli esordi: “La moglie del dissidente e le condizioni del governo kazako”.  

Se questa, della cosiddetta “Stampa libera”, non è un’informazione quantomeno faziosa? All’improvviso il cosiddetto “regime despotico” dalle cui viscere trasuda il sangue dei dissidenti politici, muta improvvisamente la sua pelle in un Paese che concede l’estradizione voluta da Letta? Possibile? Ma ci siamo già scordati di quanto fango gli è stato gettato addosso?

Insomma, a parte il fatto che Alma Shalabayeva dovrà anche decidere se ritornare, visto che – come avevamo precedentemente scritto – stando alle rispettive legislazioni, rischia meno in Kazakhstan che in Italia, almeno formalmente in Italia potrebbe anche ottenere qualche forma di riconoscimento honoris causa, come eroina dei diritti umani.

Peraltro come riporta una circolare informativa del Ministero degli Esteri Kazako: “Salvo l’obbligo di dimora, Alma Shalabayeva gode completamente di tutti gli altri diritti e libertà, incluso contatti o incontri con qualsiasi persona, scelta dei mezzi di comunicazione (compreso internet), comunicazione con i media, ecc.

All’inizio di luglio le hanno fatto visita i deputati del parlamento Polacco, M. Sventitskij, T. Takovskij, P. Chislinskij e A. Rybakovich ed anche il consigliere dell’Ambasciata Italiana in Kazakhstan V. Ferrara,  i quali hanno potuto accertare le condizioni del suo soggiorno”.

Tuttavia, si sta già pensando che questo non basti e il coro degli indignati radical chic chiede la testa dell’Ambasciatore Andrian Yelemessov, reo di essere stato troppo invasivo nelle sue attività diplomatiche. Prescindendo dal fatto che il Kazakhstan si era rivolto all’Interpol per identificare e arrestare Ablyazov e non qualcuno dei membri della sua famiglia.

Sempre la circolare informativa del Ministero degli Esteri Kazako afferma che : “I metodi impiegati dalla Repubblica del Kazakhstan riguardanti le ricerche ed estradizione di M. Ablyazov, sono consuetudinari a livello mondiale e conformi ai canoni internazionali in materia dell’osservanza dei diritti della persona”. Del resto la decisione di espellere la moglie è stata presa dalle stesse autorità italiane, la Repubblica del Kazakhstan giuridicamente non avrebbe avuto alcuna possibilità di influire su questa scelta.

Già, perché fin dal giorno in cui Alfano, molto asetticamente aveva presentato la sua relazione in Parlamento da cui traspariva la propria estraneità ai fatti, avallata dallo stesso Premier Enrico Letta, cominciavano a cadere teste, prima fra tutte quella di Procaccini, capo gabinetto del Ministro. Quindi il capo della Polizia Alessandro Pansa il quale rilasciò la seguente dichiarazione: “L’invasività” dei diplomatici kazaki che chiedevano la cattura di Mukhtar Ablyazov “non è stata ben gestita dai vertici del Dipartimento di pubblica sicurezza”[2].

Un’affermazione sconcertante anche questa. Si è parlato di “giallo kazako” di “intrigo”, mentre nelle ultime ore – come recita lo stesso Corriere della Sera a pg. 21 – sta addirittura emergendo la questione degli 8 Istituti italiani “truffati” dall’oligarca bancarottiere nella sua fuga all’estero con i 6 o 7 miliardi di dollari.

Una situazione assai complessa ed intricata.

Tuttavia, si vorrebbe far passare anche la notizia secondo cui in un Paese sovrano, quale noi dovremmo essere – dico “dovremmo” perché conosciamo benissimo, in passato, l’esito di alcune vicende, pensiamo solo al Cermis – dei diplomatici stranieri hanno avuto una tale libertà d’azione da costringere funzionari dello stato italiano ad agire secondo procedure non convenzionali. Francamente qualora questo corrispondesse alla realtà dei fatti, lo riterrei essere più grave dell’estradizione stessa della moglie del bancarottiere fraudolento. Possibile che dei diplomatici stranieri possano ordinare alla polizia o a funzionari di un Paese sovrano delle direttive d’azione?    

Un capro espiatorio ci dovrà anche essere, ma se per coprire il trasformismo opportunista e sensazionalista di una certa stampa italiana, che è la vera responsabile del rilievo che si è voluto dare ad una vicenda di normale amministrazione, a suo tempo avvallata anche dal Ministro Cancellieri, dobbiamo far saltare la testa di qualcuno, allora ci dovremmo accanire verso i direttori di certe testate giornalistiche.

Su un piatto della bilancia Andrian Yelemessov, un ambasciatore esemplare, che parla un ottimo italiano, conosce il territorio italiano, essendoci vissuto fin dagli anni ’90. Nelle sue relazioni a convegni o eventi ha sempre premesso di amare profondamente l’Italia. Nel suo ruolo, ha incontrato tutti: sindaci, rappresentanze territoriali di categoria, vertici locali e nazionali di Confindustria, imprenditori, politici[3]. Non mi permetto di aggiungere altro, non essendo questa un’intervista diretta, tuttavia voglio ricordare che nel suo Paese egli è anche stato un eroe.

Una cosa importante: Andrian Yelemessov, l’8 luglio, scorso ha presenziato la riapertura, nel cuore della città dell’Aquila, del Complesso Monumentale che comprende la Basilica di San Giuseppe Artigiano tornata alla sua completezza con la riapertura dell’Oratorio di San Giuseppe dei Minimi, dopo gli interventi di consolidamento e restauro finanziati dalla donazione della Repubblica del Kazakhstan[4]. Unico o uno dei pochi Paesi che hanno esaudito le promesse di sostegno finanziario alla ricostruzione fatte subito dopo il disastro.

Sull’altro piatto, Alma Shalabayeva, figura sfuggente ed omertosa, moglie di un bancarottiere, un boss malavitoso ricercato dalle autorità inquirenti russe ed ucraine[5] oggetto di inchieste da parte degli organi competenti di Cipro, Ungheria, Lettonia, Finlandia e Irlanda. Clandestina in Italia da quasi un anno, in possesso di documenti dichiarati falsi ed il cui cognato ha testimoniato di essere stato picchiato dalla polizia, salvo poi risultare tutto falso. Quale è la verità piuttosto che cos’è la verità? Un dilemma paragonabile a quello che liberò Barabba lasciando Gesù nelle mani dei suoi carnefici.  

Certo appare un ossimoro il fatto che questo Paese –  a detta di certi media – dittatoriale e sanguinario, sia altresì la patria del segretario generale delle Nazioni Unite a Ginevra, con delega per la tutela dei Diritti Umani, Kassim-Jomart Tokayev, e che stia per concedere ad Alma Shalabayeva quell’estradizione che sembrava avremmo dovuto ottenere chissà con quali mezzi. Mi pare che cada proprio tutta l’impalcatura faziosamente accusatoria che lo ha posto alla gogna mediatica delle ultime settimane.

La circolare informativa del Ministero degli Esteri Kazako evidenzia la distorsione della maniera in cui la stampa italiana abbia riportato il fatto, ricordando che la Shalabayeva aveva deliberatamente presentato alla polizia italiana un passaporto falso.  Considerato reato secondo l’articolo 497 del Codice Penale Italiano.

Quindi aggiunge che la Repubblica del Kazakhstan non ritiene che l’espulsione del proprio cittadino possa essere il motivo del peggioramento nelle relazioni bilaterali, bensì soltanto un piccolo episodio all’interno di un’infinità di relazioni dinamiche bilaterali, sicuri di poterlo superare.

Siamo certi, a questo punto di volere veramente la testa dell’Ambasciatore Yelemessov e non piuttosto quella di chi ha contribuito a generare questo caos mediatico?

 


[1] http://www.oggi.it/attualita/cronaca/2013/06/01/intrigo-internazionale-a-roma-sulle-tracce-del-dissidente-politico-mukhtar-ablyazov-la-cronaca-di-72-ore-da-film/.

[2] http://qn.quotidiano.net/politica/2013/07/17/921213-shalabayeva-ablyazov-caso-kazako-pansa.shtml.

[3] http://www.lettera43.it/cronaca/adrian-yelemessov-il-diplomatico-kazako-di-casa-al-viminale_43675102995.htm.

[4] http://www.abruzzo24ore.tv/news/Il-Kazakhstan-restituisce-a-L-Aquila-l-Oratorio-di-San-Giuseppe-dei-Minimi-inaugurazione-l-8-luglio/121395.htm.

[5] Informazione disponibile sul sito ufficiale dell’Interpol.

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