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La strada non è un duello: giù i diti medi, alziamo i pollici
26 Ott 2024 09:11
In un articolo pubblicato il 16 ottobre su Repubblica, Massimo Recalcati riprende uno dei precetti del Vangelo più difficili da attuare: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Lo psicoanalista spiega che nella predicazione di Gesù il significato, già presente nella Torah (la prima parte della Bibbia ebraica), viene spostato: “Lo straniero che risiede con voi sia per voi come chi è nato tra voi. Lo amerai come te stesso, perché voi foste stranieri in terra d’Egitto” (19,34).
‘Lo straniero’ non è soltanto qualcuno che è nato altrove e si stabilisce nella nostra terra d’origine, ma anche lo sconosciuto che incontriamo per caso. “Colui che in me è uno straniero”, spiega Recalcati.
Conclude: “L’atto d’amore è sempre a fondo perduto. Non si realizza nell’essere ricambiato ma nel suo spendersi senza misura, illimitatamente, senza interessi. Ecco perché la vera gloria non è mai dell’amato ma dell’amante.”
In tempi in cui il verbo amare è più speranza che certezza, con il numero dei matrimoni che diminuisce e quello di separazioni e divorzi in aumento, appare quasi ovvio che il disprezzo per chi non conosciamo abbia raggiunto vette ineguagliabili.
Nei commenti sui social spesso si fa la gara a chi insulta di più fra profili in cui si esprimono idee diverse, a prescindere. La deviazione è: tanto, cosa mi importa di te? E soprattutto: chi sei, chi ti conosce?
La bruttura si trasferisce dalla rete ottica posata sottoterra all’evidenza delle strade soprastanti. Un incrocio, un bivio o una rotatoria possono riservare, a qualunque ora, liti per precedenze non date o manovre distratte. Ormai la ‘mano a coppino’ è il minimo sindacale. Non è raro, infatti, imbattersi in esibizioni di diti medi, articolazioni temporo-mandibolari di conducenti con sillabazione di offese scandite in modo tale da essere recepite anche da ipoudenti. “L’altro”, sempre a prescindere, viene visto come uno “straniero”: uno al quale dare la colpa in tutto e per tutto.
L’altro giorno ho visto un ragazzo inseguire in moto una signora per centinaia di metri, perché quest’ultima gli aveva suonato il clacson al semaforo verde. E quando l’ha affiancata, ha rischiato di finire sotto un camion proveniente dal senso opposto.
La cronaca di questa settimana racconta il gesto di un pensionato ragusano di 68 anni che prima ha tamponato un’auto, poi è sceso dalla propria macchina e ha sferrato pugni al volto del malcapitato appena incidentato. La vittima, oltre a un comprensibile spavento, ha riportato danni alla colonna vertebrale. A Ragusa, non in una delle città schedate come ‘pericolose’.
Secondo i dati dell’Osservatorio Asaps (Associazione sostenitori amici della polizia stradale), in Italia lo scorso anno sono state registrate 177 aggressioni stradali gravi fra conducenti per motivi di viabilità. Incredibile a dirsi, sono morte 6 persone e 224 sono rimaste ferite, 60 delle quali hanno riportato lesioni molto gravi. La regione che ha fatto segnare il maggior numero di episodi è la Lombardia con 35 eventi, segue la Campania con 32, la Sicilia con 19.
Sulle strade, dunque, il pericolo non è più rappresentato soltanto da eventuali incidenti, ma dalle liti che scaturiscono anche quando gli urti sono per fortuna evitati.
Sull’argomento, l’Asaps dà consigli agli automobilisti: “Non ingaggiate mai una lite; non fermatevi a discutere; se vi trovate bloccati, non avvicinatevi mai a meno di due metri dell’esagitato. Non sappiamo mai chi c’è nell’altra vettura: un ubriaco, un drogato, una persona che ha assunto farmaci particolari o semplicemente un soggetto di indole violenta. C’è sempre da rimetterci e i rischi sono veramente notevoli.”
Aggiungiamo: sfiorato l’incidente, alziamo i pollici per trasmettere calma al nostro anonimo interlocutore e dire a noi stessi che va tutto bene.
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