Un incarico di alto profilo scientifico e istituzionale che porta la sanità della provincia di Ragusa al centro del panorama medico nazionale e internazionale. Gaetano Cabibbo, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Medicina Interna dell’ospedale “Maggiore-Baglieri” di Modica, è stato nominato membro del Direttivo nazionale della FADOI, la Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti, e […]
La storia di J., 16 anni, del Camerun: da oltre 90 giorni “chiuso” all’hot spot
30 Dic 2023 08:57
Manutenzioni in tutti i centri hot spot della provincia di Ragusa, chiuso il centro di Cifali che aveva necessità di interventi massicci, gli altri – Pozzallo e Modica – che hanno invece bisogno di interventi minori, restano operativi. Si ripropone, ma non è purtroppo un tema nuovo, la problematica dei minori non accompagnati costretti a stare in hot spot per lunghissimi periodi perché mancano strutture di “seconda accoglienza”. L’ultima visita istituzionale che aveva interessato le strutture, era stata quella dell’onorevole Laura Boldrini, presidente del Comitato permanente della Camera sui Diritti umani nel mondo, lo scorso 9 ottobre. Uscita dall’hot spot di Pozzallo aveva detto: “Una ragazzina somala mi ha fatto vedere il suo corpo. E’ tutta piena di piaghe è stata brutalizzata e torturata in Libia, mi ha fatto vedere che ha piaghe ovunque, nel corpo. E’partita dalla Somalia che aveva 13 anni, ora ne ha 17 ma se non attenzioniamo casi come questi, cosa dovremmo attenzionare?”. All’hot spot di Pozzallo, c’erano quel giorno oltre 400 persone in promiscuità, minori con adulti, giovani donne, e bambini piccolissimi. Boldrini chiedeva assistenza dignitosa, “manca qualunque tipo di privacy, non c’è una presenza medica h24, e sono limitazioni che hanno un impatto forte sulla qualità dei servizi. I minori in una struttura così non dovrebbero starci”. E il 9 ottobre a Cifali i minori erano 117; dovrebbero stare 72 ore nella struttura prima di essere trasferiti ad un centro idoneo di seconda accoglienza ma “invece, la permanenza media è di 30-35 giorni, perché, anche in questo caso, mancano i posti di destinazione”. Aveva detto Boldrini. Ed è nelle strutture di seconda accoglienza che i minori iniziano percorsi di integrazione, studio l’italiano, svolgono delle attività, cosa non prevista per gli hot spot. E allora arriva la segnalazione dal team MEDU, (“che opera quotidianamente presso gli Hotspot della Sicilia orientale, portando supporto psicologico e orientamento legale”). Che racconta di J, 16 anni, minore non accompagnato di origini camerunensi
La storia di J.
“Ottantuno giorni dopo il suo arrivo, in data 5 dicembre, J. viene trasferito insieme a tutti gli altri 88 ospiti dell’Hotspot di Cifali – temporaneamente chiuso per ristrutturazione – presso l’Hotspot di Pozzallo. Il giorno dopo, dodici fuggono dal centro per il timore, secondo quanto riferito dai compagni, di essere rimpatriati o trasferiti in Albania. Per J. le giornate nell’Hotspot di Cifali, scorrono lente senza certezze su quando arriverà il giorno del trasferimento. La struttura versa in condizioni a dir poco precarie, senza riscaldamento e con una sola doccia con acqua calda per una media di 100 ospiti. Un non-luogo in aperta campagna, circondato da alte sbarre, dal quale non è consentito uscire e sorvegliato costantemente da un cospicuo contingente di forze dell’ordine e dell’esercito. Il rimando al recente trascorso, fatto per molti degli ospiti di centri di detenzione, carceri informali, abusi e torture subite lungo le rotte migratorie e nelle carceri libiche è immediato, con il conseguente emergere o acutizzarsi di disturbi post traumatici, come confermato dagli psicoterapeuti del team. Ottantuno giorni dopo il suo arrivo, in data 5 dicembre, J. viene trasferito insieme a tutti gli altri 88 ospiti dell’Hotspot di Cifali – temporaneamente chiuso per ristrutturazione – presso l’Hotspot di Pozzallo. Il giorno dopo, dodici fuggono dal centro per il timore, secondo quanto riferito dai compagni, di essere rimpatriati o trasferiti in Albania”.
Il team Medu racconta di “timore, paura e rabbia” manifestati dai ragazzi nei giorni successivi. Il dato nazionale.
Al 31 ottobre 2023 riferisce Medu “si registravano in Italia 23.798 minori stranieri non accompagnati e un totale di 6.006 posti disponibili in strutture SAI (Servizi Accoglienza Integrata)oltre a poche centinaia di posti in strutture FAMI(Fondo Asilo Migrazione e Integrazione)”. Quindi, stando ai numeri, “solo il 25% dei minori stranieri non accompagnati trova posto nei SAI o nelle strutture FAMI, il restante 75% in parte verrà accolto in famiglie (quasi tutti minori di nazionalità ucraina) o in strutture autorizzate di responsabilità regionale o comunale. I più sfortunati, come J., attenderanno in un limbo per più di 3 mesi, senza possibilità di spostarsi, in camerate enormi e prive di riscaldamento e con davanti un futuro incerto”. Per lo stato italiano però “un emendamento alla legge di bilancio ha stabilito che i minori tra i 16 e i 18 anni saranno equiparati, in termini di tutele, ai migranti maggiorenni” e J. 16 anni, “aspetta dal 16 settembre, di sapere quale sarà il suo destino in Italia, il Paese che ha raggiunto dopo aver attraversato deserti, prigioni e la roulette russa del Mediterraneo, scampando alla sorte di accrescere il drammatico bilancio dei morti e dispersi nel Mediterraneo: 2.200, circa 8 ogni giorno nel 2023”
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