LA SICILIANITA’ ED IL SUO ASPETTO PEGGIORE: LA MAFIA

Al festival del cinema di Frontiera di Marzamemi  un incontro con uno dei maggiori esponenti del giornalismo italiano impegnato contro i soprusi della mafia: Lirio Abbate (nella foto). A presentarlo basta per tutti l’elogio di Enzo Biagi che scrisse: “Ho voluto sapere il nome del cronista che per primo ha dato la notizia della cattura, (ndr: si riferiva alla cattura di Bernardo Provenzano), per la cronaca lo scoop mondiale l’ha fatto un giornalista dell’ANSA di Palermo, Lirio Abbate, con il quale credo che noi della categoria dobbiamo complimentarci“. Mangia un fico raccolto dall’albero, si lecca le dita noncurante delle regole ma mira al centro come è solito fare nella vita di tutti i giorni. Si aggira Lirio Abbate, osserva, scruta è il suo modo di guardare alla vita. Alle “Chiacchiere sotto il fico” la sezione guidata dalla sua collega e amica Sabina Minardi, giornalista de L’Espresso, un argomento scottante per tutti: la sicilianità e il suo aspetto peggiore, la mafia. E viene affrontato con uno dei giornalisti più premiati d’Italia. La prima delle domande che lo hanno bombardato era una curiosità che  in molti condividiamo: perché proprio della mafia ti dovevi occupare? “ perche quando fai cronaca di un territorio come la Sicilia e Palermo, la Mafia è la cronaca di tutti i giorni. A me è capitato di fare giornalismo entrando in una redazione di un giornale siciliano e da lì cominciai ad occuparmi di mafia.” Ne parla Lirio Abbate con naturalezza, come lo fanno le personalità impegnate veramente nella guerra contro la mafia. Ne parla con la consapevolezza di chi sa che ciò di cui parla è una faccenda delicata sì, ma che non per questo va taciuta. Un’altra domanda piomba sul giornalista: In Sicilia dopo il 23 maggio 1992 con l’uccisione di Giovanni Falcone  e dopo il 19 luglio con l’uccisione di Paolo Borsellino segue una stagione di rivalsa come te la ricordi? “Ogni volta che ci penso sento ancora quella puzza di carne bruciata. È una sensazione che non puoi dimenticare. Via D’Amelio come Beirut, mezzo quartiere dilaniato. Pezzi di carne dovunque. Così come non puoi dimenticare la puzza di esplosivo e mezza autostrada divelta. Due magistrati uccisi  e poi la scorta…non dimenticherò mai il braccio penzolante di una poliziotta della scorta. Parlarne è difficile perchè subito dopo i fatti la coscienza dei palermitani è stata rivoltata ma è stato uno sconvolgimento a tempo determinato: quella stagione contro il vomito che è la mafia è durata due o tre anni. Oggi si è tornati a tacere. Politica e mafia vanno di nuovo a braccetto e nessuno si indigna. La gente è abituata, si è come assopita su questi che sono fatti gravissimi.. la mafia è riuscita a dettare le sue leggi evitando ogni delitto così da annullare i rigurgiti della gente e la gente dimentica e la mafia si riorganizza”. Ma la mafia è ancora un fatto regionale?. “ I confini della mafia sono debordati ormai da parecchi anni: ogni volta che si denuncia la presenza della mafia, al nord si indignano tutti, ma gli imprenditori in odore di mafia che sono stati denunciati hanno veri imperi al nord e questo dimostra che l’immunità di quel territorio è finita”. Ma la domanda che tutti si aspettano è un’altra: parlaci dell’arresto di Bernardo Provenzano. (Ricordiamo che Lirio Abbate fu l’unico cronista sulla scena.) “L’arresto del capo dei capi è qualcosa di unico. Dentro una piccola casetta delle campagne siciliane una telecamera ha scoperto un via vai di buste, una corrispondenza fitta tra questa casetta e la casa del boss a Corleone. Hanno irrotto in quella casa e hanno trovato un vecchietto: Bernardo Provenzano in persona, il capo di cosa nostra. Gli uomini della Polizia di Stato lo hanno preso insieme con la sua incredulità, non sapete cosa state facendo, ha esclamato fra i denti! quella è stata una giornata importante perché lo stato aveva vinto. Non dimentichiamolo, quell’arresto è stato possibile grazie al lavoro di poliziotti che hanno sacrificato tutto per la causa. Del capo di cosa nostra hanno racconto di tutto dipingendolo come un vecchietto con al dentiera, coi pannoloni perché operato di prostata, nessuno ha raccontato del furore dei suoi occhi e della forza in Sicilia che aveva fino a quel momento”. Nel tuo ultimo libro I Complici-Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento parli di un vero e proprio esercito al soldo della mafia “Bernardo Provenzano ha un vero e proprio esercito di uomini che si può documentare eppure non si condanna, possiamo testimoniare ma non condannare. Noi le abbiamo dette queste cose perché la gente sappia”. Ma ci sono isole di resistenza? “si che ci sono e voglio ricordare una Associazione nata a Palermo “Addio Pizzo” sorta per disgusto contro lo strapotere dell’azione taglieggiante della mafia. Questo ti fa capire che c’è voglia di reazione.” Dal pubblico poi una domanda una su tutte però ci interessa più da vicino: La provincia di Ragusa è ritenuta la provincia “babba”. “tanto “babba” non direi: è un territorio che deve la sua tranquillità ad una volontà precisa che è quella di mantenerne la calma perché non ci sia controllo. È un territorio difficile da raggiungere perché non sia facile da ispezionare”. A chi chiede come è la vita sotto scorta Lirio Abbate risponde con la testa bassa con rabbia ma con determinazione. “non amo parlarne perché non amo ostentare questo fatto. Dico che questi sono cazzi miei” . Ma non si salva nessuno?. “si, direi che ci sono sacche di resistenza ma sono voci isolate una minoranza che non può vincere contro l’indifferenza e l’indolenza che nutre l’atteggiamento mafioso. Ricordiamo che Rosario Crocetta , sindaco di Gela più volte ha gridato contro la mafia e spesso inascoltato. In Calabria ci sono sindaci di destra e di sinistra che ogni giorno rischiano la vita per affermare il loro diritto alla legalità. E lo stato è vicino a chi denuncia. mai come oggi l’istituzione è vicina alla gente”. L’ultima delle domande lascia tutti in silenzio perché la risposta suona come monito a tutti: per chi metti a repentaglio la tua vita?. “Credo nei siciliani e nella legalità, credo nei ragazzi di oggi. Credo nei giovani lontani anni luce dalla mafia”.  (Marcella Burderi)

 

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