“La sera di Natale”: Lorenzo Vizzini si racconta nel giorno in cui i cd di Renato Zero, di cui ha scritto 8 brani, hanno vinto il disco d’oro. VIDEO E AUDIO

Sforna canzoni di continuo, passa da un genere all’altro. Per sé e per gli altri. Lorenzo Vizzini non si ferma nemmeno sotto le feste di un anno che, almeno per lui, è stato molto soddisfacente. A 27 anni è uno dei più ricercati autori della musica italiana contemporanea, capace di passare con naturalezza da Renato Zero a Mr. Rain, tanto per fare due nomi con le sue firme più recenti. Ora è appena uscita “La sera di natale”, terzo singolo che segue a ruota “Zeman”, uscito a fine agosto, e “+ Niente” di ottobre. I brani sono disponibili su tutte le piattaforme digitali e presto faranno parte del suo terzo album, in programma nei prossimi mesi. Ragusaoggi lo ha raggiunto al telefono nel giorno in cui, tra l’altro, i tre ultimi dischi di Renato Zero, di cui Lorenzo ha scritto ben 8 brani, hanno vinto ciascuno il “disco d’oro”

“La sera di Natale” è il bilancio che un giovane fa nei giorni di festa?
“Sì, lo è in parte sicuramente. È un pezzo peraltro che ho scritto più di 4 anni fa. Probabilmente volevo raccontare quel momento in cui da fuori vieni ancora percepito come un ragazzino, ma a poco a poco ti accorgi che le cose intorno a te cominciano a cambiare e l’incanto si trasforma in disincanto. E quello per me rappresentava un segnale un po’ triste del fatto che stessi crescendo. Quindi sì, quando l’ho scritta pensavo più a fare una fotografia anche amaramente ironica di quel periodo. Poi come sempre le canzoni son di chi le ascolta, quindi ogni interpretazione è lecita.”

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In “+ Niente” sembra che tu ricordi poco della tua adolescenza a Ragusa.
“Sì, in realtà la ricordo abbastanza bene. Il gioco è quello: dico di non ricordare nulla, ma alla fine tutta la canzone è un campionario di ricordi. Quello che invece non ricordo più è la persona che ero. Ero io, ovviamente, ma le sensazioni dei 15 anni, le insicurezze, le gioie e le ansie di quegli anni col tempo si perdono. A un certo punto mi sono svegliato e mi sono ritrovato a fare un’altra vita. Quindi a volte quando ripenso a quegli anni mi sembra di pensare ad un’altra persona, come se non li avessi vissuti davvero io.”

Come fai a passare da un genere all’altro? Le canzoni che scrivi per te sono molto diverse da quelle per Renato Zero, per esempio. È questione di tecnica?
“Certo, è vero, la tecnica ha una sua influenza. Forse però c’è anche un’altra ragione. A me piace spulciare tanta musica diversa, senza un filo logico preciso e soprattutto nella scrittura amo molto riconoscere i linguaggi differenti tra un genere e l’altro, ma anche solamente tra un autore e l’altro. In base alla musica, all’artista, a quello che si vuole dire, amo sperimentare ogni volta uno stile diverso, con un vocabolario differente a seconda del brano. Sinceramente mi auguro che la mia scrittura più che essere riconoscibile, sappia mimetizzarsi a seconda dell’artista e sia in grado di avvicinarsi il più possibile alla sua pelle, come fosse un abito. Quindi se i brani risultano molto diversi fra di loro, ho raggiunto il mio intento.”

A proposito di Renato Zero: hai firmato e co-firmato con lui ben otto dei quaranta brani della trilogia per il suo 70.mo compleanno. Hai ricevuto complimenti da tutti, primi fra tutti da Zero. In un’intervista firmata da Walter Veltroni sul magazine 7 del Corriere della Sera, ti ha paragonato a Sergio Endrigo e Umberto Bindi. Come ti senti?
“Immensamente onorato, si tratta di giganti. L’eleganza di Endrigo e la classe melodica di Bindi per me sono inarrivabili, a maggior ragione un accostamento del genere fatto da Renato per me ha un valore inestimabile. Spero di meritare nel tempo anche solo la generosità delle sue parole, gliene sono profondamente grato.”

Stiamo parlando di uno dei big della musica italiana contemporanea, capace di arrivare in testa alle classifiche in sei decenni diversi. Com’è avvenuto l’incontro fra di voi?
“È avvenuto grazie a Mario Lavezzi, che gli mandò due brani che avevo scritto e che pensavo adatti a lui, “Quanto ti amo” che ha poi inciso nel 2019 e “Gli anni della trasparenza”, incisa nell’ultimo uscito, “ZeroSettanta – Volume Uno”. Gli sono piaciuti e qualche mese dopo ci siamo conosciuti. Uno tra gli incontri più belli che io abbia mai avuto.”

Sei sotto contratto editoriale con la Bmg. Avere il sostegno di una casa discografica è un vantaggio, oppure essere “indipendenti” come Renato Zero è lo stesso, perché si è più liberi di realizzare cosa si desidera?
“È molto soggettiva come questione e sicuramente la prospettiva è diversa, sia da autore che da interprete. È un vantaggio nella misura in cui ci si trova bene e si lavora con armonia e con sinergia, cose che ho trovato sin dal primo giorno nelle realtà in cui lavoro. Io ho sempre preferito l’indipendenza, nel lavoro e nella vita, ma ci sono dei casi in cui realizzare quello che si desidera e lavorare in una dimensione felice sono due cose che possono combaciare, fortunatamente a me è capitato.”

Come esce fuori una canzone? All’improvviso, sotto la doccia, o meditando?
“Magari lo sapessi. Sicuramente alcune canzoni sotto la doccia sono nate, a memoria ne ricordo due adesso. A parte questo, però, dipende molto dalla canzone: a volte ci vogliono anni di revisioni, altre volte si ha una fiammata improvvisa e bastano 10 minuti. In generale quello che penso è che vivere aiuti a scrivere, ma anche che scrivere aiuti a scrivere. La penna è sempre meglio tenerla calda.”

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Quindi ricorderai come hai composto “L’amore sublime” e “C’è”.
“Certo. L’Amore Sublime l’ho scritta a casa, ad ottobre dell’anno passato. È ispirata ad una storia d’amore profonda e viscerale. Mi sono arrivati dei messaggi, alcuni particolarmente forti, di persone che nelle parole hanno rivisto la propria storia di figli o di genitori. Probabilmente, anche involontariamente, intendevo un amore al di là delle sue declinazioni prettamente erotiche e questa cosa si è percepita. “C’è” invece è nata in una mattina torrida di questo luglio, in Spagna, a Granada. La prima parte di quest’anno è stata molto difficile per me, come per molte altre persone. Dopo tutta la salita dell’Alhambra ho visto il sole trionfare in quel paesaggio deserto per me inedito e ho iniziato a scriverla, quasi catarticamente. L’ho mandata a Renato più di un mese dopo, senza pensare fosse per il suo disco, anzi onestamente credevo fosse già terminato. Invece per l’ennesima volta mi ha sorpreso e ha deciso di cantarla. Per me è stato un bellissimo regalo.”

Vivi a Milano. È importante per il tuo lavoro, o si potrebbe fare anche in riva al mare nella nostra Sicilia?
“Io tornerei subito, se fosse possibile e ci ho provato, più di una volta. Però mentirei se dicessi che è la stessa cosa. La Sicilia è una terra meravigliosa e mi dispiace cadere nel classico cliché dell’assenza di prospettive lavorative. In generale però, soprattutto nel mio campo, è complicato stare così distanti. Non che non sia possibile, ma onestamente è faticoso. In una mia canzone, “L’aria di casa”, dicevo prima o poi si torna sempre qua, quindi anche se non immagino di ritornare, non riesco a dire con certezza che non succederà.”

C’è un cantante per il quale ti piacerebbe scrivere e ancora non se n’è presentata l’occasione?
“Io do sempre una risposta che può sembrare paracula, ma giuro che non lo è. A me piacerebbe lavorare con tutti. E con tutti intendo quelli che vivono o provano a vivere di questo seriamente, con rispetto, con amore e ovviamente con una buona dose di divertimento e di coraggio, che altrimenti è una noia mortale. A me piace passare da un genere all’altro, se dovessi ripetere sempre la stessa formula e la stessa canzone probabilmente mi annoierei dopo poco tempo. Quindi sì, ce ne sono ancora molti di artisti per cui vorrei scrivere.”

Scrivi anche in spagnolo. Come mai?
“Ho imparato lo spagnolo da autodidatta, principalmente viaggiando in America Latina e poi grazie ad alcuni cari amici conosciuti lì che con grande pazienza mi hanno aiutato. E’ una lingua che amo, per certi versi la sento più naturale dell’italiano. Fra l’altro proprio ieri ho scritto un brano in spagnolo. Non succede frequentemente come con le canzoni in italiano, ma mi piace molto. Anche il portoghese comunque è un’altra lingua che amo per scrivere canzoni. La musica brasiliana ha degli autori straordinari.”

È appena uscita la griglia del prossimo festival di Sanremo. Due anni fa eri presente come autore di Arisa e Anna Tatangelo. Scrivere un brano per l’evento musicale dell’anno è diverso o no?
“È vero, la discografia si paralizza per quel periodo, ma a me personalmente non fa alcuna differenza. Vivo il lavoro di scrittura con la stessa sacralità, sia che si tratti di un brano che va a Sanremo che di un singolo per un esordiente. Forse quello che cambia è la percezione all’esterno, magari si legge il tuo nome sotto al titolo della canzone e ti arrivano il quadruplo dei messaggi, ma a parte questo il mio legame nei confronti di una canzone è sempre lo stesso. Come diceva Pino Daniele: ogni scarrafone è bello a mamma soje.”

foto di Marco Carlos Cordaro

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