LA SCUOLA NON PUÒ CEDERE DIFRONTE ALL’OMERTÀ E ALLE DIFESE PER PARTITO PRESO

 

Due sconcertanti episodi  sono accaduti ultimamente nel mondo della scuola: il primo a Terni, il secondo molto più grave a Milano.

Li accomuna  la reazione del contesto in  cui sono avvenuti, il manzoniano “sopire…troncare”  “troncare…sopire”.

Il primo: una ragazza di dodici anni all’uscita della scuola , alla presenza della madre, viene picchiata  da un compagno senegalese inserito nella classe da pochi giorni.

La ragazza, che ha riportato una contusione toracica guaribile in venti giorni, ha dichiarato che questo compagno aveva tentato di strapparle il crocifisso che portava appeso alla catenina  e l’aveva insultata più volte per questo.

I carabinieri, chiamati dalla madre, hanno detto che il ragazzino non è punibile perché ha solo 12 anni, ma, stranamente, non risulta da nessun articolo, riportato dai vari giornali sull’argomento, che la scuola si sia mossa per infliggere una giusta punizione a chi ha sbagliato. Invece, tutti, a partire dal Vescovo di Terni, si sono precipitati a difendere il ragazzo e a minimizzare l’accaduto. Per dimostrare che non c’è l’ha con il crocifisso è stato fotografato all’Oratorio sotto una grande croce.

Il padre, poi, per difendere il figlio ha detto che è stato oggetto di insulti a sfondo razzistico  e che non conosce la lingua italiana.

Ammettiamo, ma bisognerebbe verificarlo, che il ragazzo non ce l’avesse con il crocifisso  e che la sua compagna ha capito male, ammettiamo che fosse stato oggetto di insulti razzistici, ma abbiamo solo la sua testimonianza e quella del padre. E oltretutto questo non giustificherebbe la reazione violenta. Il padre dice che il ragazzo aveva denunciato agli insegnanti gli insulti ma non l’avevano ascoltato. Ma se non conosce la lingua italiana, come l’ha detto agli insegnanti?

Perché il padre, che è in Italia da vent’anni ,e, quindi, conosce la nostra lingua, non è andato a denunciare il razzismo  di cui era oggetto il figlio  agli insegnanti?

Le botte alla ragazza sono avvenute alla presenza di diversi testimoni e con conseguenze verificabili.

Se a colpirla fosse stato un  ragazzo italiano la scuola non sarebbe intervenuta con una sanzione disciplinare? Magari in tal caso si sarebbe parlato di bullismo.

Accogliere  gli immigrati non significa dare loro l’impressione che qui sia tutto permesso, per paura che ci prendano per razzisti, che sia lecito regolare i conti in privato con la legge del taglione. A parte la storia del crocifisso che sarebbe da approfondire e che se è vera, è proprio allarmante.

A lungo andare questo buonismo alimenterà veramente il razzismo. Già basta vedere le reazioni sul Web!

Tra l’altro mi chiedo che senso ha inserire, quasi alla fine dell’anno scolastico, un ragazzo che non conosce l’Italiano in una classe. Gli si fa solo del male, questa è demagogia. Non si dovrebbe prima consentirgli di apprendere almeno l’essenziale della nostra lingua? Il solito pressappochismo italiano.

L’altro episodio , terrificante in se stesso e  per l’omertà da cui è avvolto, è quello del ragazzo di 19 anni precipitato a Milano dalla finestra di un albergo.

La verità è che i viaggi e le gite “d’istruzione” erano possibili solo sino agli anni sessanta quando gli studenti erano stati educati diversamente ed erano tenuti ad osservare una rigida disciplina, pena sanzioni gravissime.

In seguito sono diventati occasioni per tutte le possibili trasgressioni e gli insegnanti accompagnatori   si sono ritrovati nelle condizioni di non potere prevenire situazioni incresciose.

Già negli anni     Settanta ai ragazzi non importava più nulla delle città, dei monumenti, dei musei, delle fabbriche, il viaggio degli studenti di quinta serviva per andare nelle discoteche e nei pub.

I ragazzi ubriachi,  riportati di peso in albergo, cercando di non farsi vedere dal severo portiere, diventarono una consuetudine.

Ricordo che una volta i ragazzi in tutte le stanze dell’albergo tagliarono i fili dell’apparecchio telefonico.

Gli insegnanti accompagnatori, ammesso per assurdo che dovrebbero passare la notte svegli, potrebbero al massimo controllare i corridoi e non certamente entrare in ciascuna stanza per vedere quello che succede.

A rischio di fare un’affermazione del tutto impopolare  sostengo che parlare di viaggi e gite “d’istruzione” non ha senso e quindi sarebbe bene abolirli.

La scuola non si può fare carico di   episodi che fanno pensare al nonnismo di quando c’era la leva obbligatoria, di tante trasgressioni che possono concludersi tragicamente. Non si possono caricare gli insegnanti di responsabilità enormi, non essendo più possibile chiedere agli studenti il rispetto delle più elementari regole di convivenza civile.

A questo povero ragazzo i compagni di scuola, per paura,  non hanno reso nemmeno l’ omaggio che si deve ad un defunto. Solo in tre presenti alla veglia funebre   e non della sua classe.

La versione dei fatti si va modificando di giorno in giorno,  nel senso che alla fine la colpa di quello che è successo sarà solo sua. Tutti gli altri potranno starsene tranquilli tanto il rimorso ormai non si sa nemmeno cosa sia.

Laura Barone

 

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