È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
LA SANTANCHE’ E L’AUDIENCE
07 Giu 2013 19:47
E’ troppo facile ironizzare sul personaggio: uno dei più evidenti esempi di vacuità politica, dialettica, argomentativa nel panorama italico. Un’incredibile mix di camaleontismo linguistico (“sono d’accordo con lei” è l’espressione più frequente usata dalla nostra simpatica amica) e di ottusità prospettica (esiste un solo modo di considerare le cose: quello che fa il comodo del suo boss….).
L’abbiamo vista nei contesti più disparati e – dobbiamo proprio dirlo – quando la fanno cimentare con personaggi del calibro di Travaglio o di Scanzi un dolore al petto ci assale, presi da un sentimento di umana pietà. Preferiremmo essere al suo posto, che vederla ciarlare, cinguettare, sproloquiare come spesso fa, all’inseguimento forsennato dell’avversario.
La sua cifra stilistica peculiare è quella del parlare sopra, modalità comunicativa che caratterizza gli ansiosi o quelli in palese vizio di buona fede: alza il tono, moltiplica le parole e l’obiettivo è raggiunto.
Ma è facile. Troppo.
Preferiamo invece affrontare un altro tema: perché la invitano in TV?
La domanda è seria, non è pleonastica. Abbiamo davvero bisogno di capire quale può essere la motivazione che spinge i direttori di telegiornali o di format ad averla fra gli ospiti, in quella categoria di presenze fisse che animano le serate televisive degli italiani.
Riusciamo a trovare una sola seria, sensata, plausibile motivazione: fa audience!
La televisione è quella che è, non ce lo possiamo negare. Se persino Santoro, che era noto per la sua rocciosa etica di denuncia, organizza i siparietti con Berlusconi e Travaglio o invita Sgarbi a portare i suoi soliloqui (peraltro infarciti di luoghi comuni e inesattezze), ciò vuol dire solo una cosa: l’audience è infinitamente più importante della qualità. Che bisogno avrebbe altrimenti la Gruber di mettere a confronto gradi così diversi di civiltà linguistica, ideologica, persino logica? Se non il bisogno di garantirsi “contatti”, che significa valorizzazione del format, che significa contratti pubblicitari, che significa soldi.
La tristezza diviene abissale quando si riflette sul fatto che non esiste oggi un vero contrappeso “pubblico” allo strapotere del privato televisivo: uno spazio cioè in cui la qualità ritorni ad essere preminente rispetto all’audience.
Unica voce fuori dal coro, in questi tempi grami, i giornalisti de “Il fatto quotidiano” richiamano costantemente all’attenzione di tutti la desolante realtà dell’informazione nel nostro paese, oltre il 60° posto nella graduatoria mondiale della cosiddetta libertà di stampa.
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