LA RIFONDAZIONE COMUNITARIA DELLA NUOVA RAGUSA

L’IDEA MADRE,L’idea guida di questa rifondazione comunitaria all’insegna di una speranza umana e civile collettiva dovrebbe essere la convinzione progettuale che “VIVERE MEGLIO E’POSSIBILE “ a patto e condizione che si realizzi una riscrittura della città secondo un paradigma di convivenza armoniosa e LAICA di religioni e filosofie, di fede e di ragione,di culture e di ideali plurali che si alimentano di una forte e comune spiritualità e  di una  antropologia di fraternità e di corresponsabilità. Noi non siamo marginali ma nel nostro Meridione viviamo in condizioni oggettive di marginalità e in un complesso di effettivo condizionamento strutturale  che crea diseguaglianze forti a livello economico-sociale e culturale e limita fortemente la base  di partenza e l’espressione piena delle doti di personalità e di maturità civile della nostra gente ed in particolare della capacità di futuro dei nostri giovani. Questa impresa collettiva è necessaria e doverosa dopo un bilancio in rosso di qualità e di possibilità che sono state consumate  e dilapidate con la logica della prepotenza e del saccheggio sistematico di risorse materiali e spirituali nell’arco degli ultimi 50 anni. Possiamo ancora contare sulla bontà d’animo del nostro popolo e sulla sua più profonda religiosità cristiana,che ha trasmesso specie nella famiglia,nella Scuola e nella Impresa una forza di coesione e uno spirito di progresso e di condivisione,una capacità umana concreta,visibile e credibile di onestà delle relazioni e delle intraprese economiche,una convinzione diffusa, come imprinting collettivo del costume societario, che possiamo osare ed agire bene se superiamo l’atavico fatalismo e il cieco individualismo che disgrega,disarma e demotiva ogni speranza civile e ogni tentativo di fecondo dialogo intergenerazionale. Basta mantenere una visione alta e fiduciosa di progettualità e di costruzione intelligente e paziente come fecero i seminatori e i cittadini  che costruirono la prima rifondazione dopo il terremoto del 1693. Dopo la seconda guerra mondiale e la grande Catastrofe di valori e di mondi vitali tutti gli uomini lavorarono per vivere meglio,per ricostruire a misura del valore primario della persona umana, progettando insieme e collaborando. Così rinacque la forza di vivere e di edificando il futuro preferibile di un nuovo mondo di pace e di diritti universali  come Comunità di popoli liberi  e società aperte e democratiche ,di Stati e federazioni continentali, di Paesi fratelli  e di  Nazioni amiche .Sono le cellule vive di uno STATO IDEALE  che tutela e difende la Comunità dei popoli liberi,solidali e democratici   che si incarna a livello universale nella vita dell’ONU e delle sue istituzioni  in una grande umanità di mondi vitali (famiglia,convivenze,gruppi dei pari,pluralismo associativo, Scuola e comunicazione,Arte e  della nostra terracreatività,architettura e beni culturali,biblioteche e musei….etc) e di strutture dinamiche di economia,tecnica e politica sinergiche secondo lo spirito della Pacem in terris di Papa Giovanni e  della Populorum Progressio di Papa Paolo VI°. Le città vivono e parlano quindi anche a livello universale e planetario con la dialettica migratoria delle immigrazioni e delle periodiche migrazioni,mentre al loro interno nutrono e difendono le vie umane dei  loro piccoli sentieri e delle virtù proprie dei loro raggruppamenti sociali ,dei luoghi dell’abitare e convivere,delle relazioni virtuose e  di connessione fisica e digitale,della volontà di integrazione e di processo e di cammino : quartieri e le strade,le vie e le piazze della geografia urbana e le antenne della comunicazione telematica e digitale di  chi ha e di chi non ha “occhi per vedere e cuore per sentire ed amare,capacità di discernimento e di giudizio, sereno ed oggettivo e moto spirituale di progresso e di sviluppo. Anche i mali e i malanni sono veicolati dalla dinamica fisica della patologia sociale e dalla vocazione ad una salubre ecologia umana.  Non sembri un ragionamento astratto e retorico questo andamento a spirale. In fondo è più concreto di quanto non appaia immediatamente. Guardiamo il caso della città di Ragusa che nella analisi e nei sentimenti di quel grande innamorato di Ragusa che fu Mimì Arezzo,ahimè prematuramente scomparso.(cf. “Amare Ragusa! – Mimì Arezzo editore).  Quando si verificano momenti di  crisi di identità nascono divisioni e muri di ostilità ma anche una forte spinta progettuale verso il miglioramento con la nostalgia del futuro preferibile. In questo caso si opera una vera e propria rifondazione della politica a partire dalle Città e dal suo umanesimo integrale che si misura con la dialettica degli stereotipi e dei pregiudizi, con una nuova  dinamica sociale che tende a sostituire il dominio  delle caste precedenti  delegittimato e contestato dai nuovi ceti produttivi e dalla nuova classe dirigente che sale e vuole spazio e riconoscimento sociale e democratico. Il tessuto della nuova società si erge sulla volontà popolare di prima ma il suo sistema socio-culturale viene messo in discussione,viene riconsiderato, ristrutturato e ,in alcuni casi,rifondato  rinvigorendo l’anima identitaria spirituale e politica del corpo civile che ormai è cresciuto ma non adeguatamente sviluppato. Per questo è arrivato il momento di e si devono porre in essere  più forti e solide fondamenta per una più alta, coesa ed  armonica comunità di futuro destino comune. Ogni città,quindi, non solo si guarda allo specchio ma fa un esame a tutto tondo del cammino fatto e delle negatività e carenze riscontrate,delle positività emerse e delle speranze civili e religiose a partire da un proprio sguardo su Dio e dal bisogno trascendente di far ritornare laicamente ma fermamente  Dio sulla vita collettiva ed individuale dei cittadini nell’ambito di una libertà religiosa affermata e garantita. Nessuna guerra di religione né nella società cittadina,né nella scuola o nella cultura di respiro comune. La nuova laicità non è la laicitè alla francese invasiva e nichilista ma la laicità collaborativa, che è essenzialmente rispettosa e tollerante,laica nel senso di una presenza pubblica sobria e non invasiva,caratterizzata dal dialogo civile e democratico che rifugge dal  confronto salottiero e borghese, ideologico o di parte. Aperta alla trascendenza,rispetta le tradizioni religiose e le motivazioni spirituali,la cultura della città è in sintesi  la comune e strutturale solidarietà militante. La luce delle città è chiara e solare e splende sempre per tutti perché la fonte e la foce umanissima è costituzione chiara ed evidente del bene comune nella sua qualità morale e religiosa che “arcobaleno”,madre e radice di ogni evento e di ogni progetto. Sono tutelati i diritti e incentivati i doveri,sono valorizzati i portatori di proposte di bene e di arricchimento della vita collettiva e le loro scuole di qualunque indirizzo siano. Nella città tutto viene messo  in rete senza pregiudizio come in  un moderno panopticon  per mantenere intenzionalità globale e universale di visione e di respiro spirituale e democratico. E’ bandita ogni forma di  nazionalismo e di  razzismo. E’ promossa e premiata la cultura antropologica ed etica,la deontologia  delle professioni e la creatività della ricerca scientifica e di quella sociale. La città idealtipica è essenzialmente “educativa” e la sua Rocca d’altura è un Faro di Fede e di Ragione,di speranza,poesia,ed arte; promotrice delle arti e dei mestieri ha un mercato biologico connesso con le caratteristiche produttive tipiche del territorio che vengono controllate e garantite. In una parola ogni città è in piccolo un mondo vitale di bene fecondo,  una  grande oasi di vita economica e spirituale, sociale e culturale, morale e politica,cioè scende come dono dall’alto.E’ per così dire “ Il cielo in una città”,una nomadelfia  esemplare  e paradigmatica. In essa vengono prodotti e riprodotti ,ricreati e rivitalizzati i luoghi e i sentieri delle relazioni;in essa nascono e crescono personalità” cittadine” che in rete formano una “amicizia politica”e una “fraternità sociale” propria e appropriata ad una  “città – villaggio”,una utopica prossimità particolare,bella e buona, dove non si fa differenza di classe e di razza,di cultura e di religione e dove si formano e si rinforzano i comportamenti virtuosi che creano cittadinanza sostanziale di corresponsabilità e di  comunione. Non sempre vige questo ideale,spesso la realtà è fatta di divisioni e contrasti,di violenza e malaffare e la politica cittadina diventa una quotidiana “guerra per bande” che mira ad imporre la logica ferrea del proprio particolare secondo gli interessi e le intenzioni delle varie “tribù”  che “mettono le mani” sulla città e si impadroniscono del potere municipale. In ogni alleanza di potere si tende a disarmare gli avversari e gli antagonisti e a creare un sistema che nelle sue forze e intenzioni non è immediatamente visibile ma all’occorrenza esprime una potenza di fuoco e una capacità di governo oltre la durata della Amministrazione. L’eredità civile e politica che viene lasciata ai successori è per lo più la prospettiva del rinvio sistematico della grande politica e dei sacrifici necessari. In sostanza la poesia si annuncia,la prosa si scrive. E l’ architettura spirituale e integrale della vera politica democratica langue ed è “parlata” ma la Città continua ad aspettare i seminatori di bene comune e i realizzatori delle condizioni di felicità comunitaria. Quando spunterà l’alba della  civiltà comunale in questa nostra città non è dato sapere. Come è evidente una città-comunità nasce, rinasce e si sviluppa da una volontà generale,da una verità di scopo e soprattutto dal cuore e dalla libertà di uomini forti e generosi per ragioni endogene e motivazioni di fondo.

Come ha scritto Papa Francesco:< Lo sguardo della fede scopre e crea la città >. L’analisi unidimensionale ci può consentire una foto che registra e guarda all’apparenza ma non vede con occhi più capaci e lungimiranti  la noumenicità,invisibile ma reale, che nella sua invisibile presenza interagisce e postula un nuovo cammino,una ristrutturazione in vista di una vera e propria saggia rifondazione comunitaria di ripresa. Dice Papa Bergoglio:< Abitare in una grande città al giorno di oggi è una cosa molto complessa,dal momento che i legami di razza,storia e cultura non sono omogenei e gli stessi diritti civili non sono condivisi in egual misura da tutti i residenti. Sono moltissimi,in città,i “non cittadini”,i “cittadini a metà”e i “cittadini di serie B”,vuoi perché non godono di pieni diritti(gli esclusi,gli stranieri, i”sans –papiers”,i bambini senza scolarizzazione,gli anziani e i malati senza copertura sociale),vuoi perché non sono in regola con i propri doveri.(Papa Francesco,Dio nella Città,san paolo ed. Milano 2013 pp.5-7 e pp.52-53:< Le città sono luoghi di libertà e di opportunità…. Nelle città è possibile sperimentare vincoli di fraternità,solidarietà e universalità. In esse l’essere umano è chiamato a camminare sempre più incontro a l’altro,a convivere con il diverso,ad accettarlo e ad essere accettato da lui…..il progetto di Dio è <la Città Santa,la nuova Gerusalemme che scende dal cielo,da Dio…>.(ibidem a pp.54-59 si trovano le linee di una rinnovata pastorale della Chiesa nei confronti del “mondo della sofferenza urbana”:<si prenda cura di coloro che sono ai margini delle strade e negli ospedali,dei carcerati,degli esclusi,dei dograti,degli abitanti delle nuove periferie,dei nuovi centri residenziali,delle famiglie che,disintegrantesi,convivono di fatto…>. Questa è una pastorale ricca di misericordia e di promozione umana e sociale in quanto, incarnando il Vangelo della vita nella città, si favorisce una  esperienza maggiore e migliore di fraternità ed accoglienza tra quelli che “vengono in città e quelli che già vivono in essa”.Questa è la rivoluzione silenziosa ma profonda della “carità dei cristiani”oggi attraverso piccole comunità di fraternità missionaria nei confronti di coloro che vivono ai margini,sono diventati “marginali” e si sentono e sono lontani ed esclusi. La buona notizia che il Signore è ritornato,è entrato e vive anche  nella nostra città <ci spinge ad uscire e ad andare per le strade> non per trionfalismo e integrismo di maniera né per uno spirito apologetico di crociata e di potere, ma per  vedere e ringraziare il nostro Redentore Gesù Cristo e la sua Chiesa perché ci ha insegnato a camminare per la via,la verità e la vita “dell’Amore più grande”. E non c’è amore più grande di quello di colui che dà  la vita per i suoi amici. Ma per vedere Gesù sulla strada di Emmaus o sulla via di Damasco bisogna camminare come missionari  umili e disarmati. Pronti ad annunziare il Vangelo della speranza,della misericordia e della Salvezza per tutti i popoli e per tutti gli uomini  in tutti i paesi e le nazioni, senza preferenze sociali,culturali,etniche o religiose. Come Zaccheo, che per essere capace di vedere bene ha avuto bisogno di salire sul Sicomoro della strada,bisogna salire in alto e  vedere tutto dall’alto,abbandonando i piccoli tornaconti individuali e di ceto,bisogna trascendere le nostre soggettività e uscire dalle nostre “prigioni”. Ritorniamo a vedere il Sole,la Luna e le stelle. E scriveremo una pagina nuova di una grande Storia dell’anima di questa Città comune:la storia del suo volto visibile e la storia della faccia nascosta e invisibile e pur presente.

Luciano Nicastro – filosofo e sociologo ragusano

 

 

 

 

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