LA POPOLAZIONE INVECCHIA SEMPRE PIU’ E LE RISORSE PER LA CURA E L’ASSISTENZA DIMINUISCONO

La riorganizzazione del welfare non è una scelta ma una necessità. Parola di Gianluca Budano, responsabile welfare delle Acli nazionali che ha partecipato ieri a Ragusa al sesto seminario per dirigenti. Il tradizionale appuntamento promosso dalle Acli della provincia iblea è servito per focalizzare l’attenzione su temi di scottante attualità. “Ci confrontiamo – ha chiarito Budano – con la doppia dinamica dei bisogni crescenti e delle risorse calanti. A fronte di una popolazione che invecchiando ha sempre maggiori esigenze di cura e assistenza, si registra una continua riduzione delle risorse. Non tutto potrà essere garantito dal sistema pubblico, ci saranno molti bisogni (nuovi) che non troveranno una copertura adeguata: bisogni a cui si dovrà rispondere con soluzioni innovative, non standard”. Ecco perché Budano ha lanciato l’idea della realizzazione di un sistema di benessere trasversale. “In cui – ha spiegato – tutte le tessere dello stesso puzzle possano effettivamente trovare la giusta posizione concorrendo alla realizzazione di un unico disegno. Le politiche sociali, sanitarie, ambientali, educative e dell’occupazione non possono essere slegate tra loro ma dovranno sempre più essere integrate in un’unica cornice. Purtroppo, da noi, in Italia, le cose sembrano andare diversamente”. Francesco Raniolo, docente di Scienza politica all’Università degli studi della Calabria, parlando della crisi del welfare ha chiarito che “è sia crisi fiscale dello Stato che crisi di razionalità amministrativa, ma a ben guardare è anche crisi di un certo modello di vita, di “buona vita” – in realtà un vero e proprio modello di civilizzazione – che oggi pone sempre più problemi di sostenibilità e di scelte strategiche; scelte che comportano slittamenti di potere (economico e politico) tra gruppi e categorie sociali che incidono drasticamente sulle chance di vita degli uomini e donne in carne ed ossa). In sostanza, ciò che caratterizza un “modello sociale” ha a che fare con la distribuzione e il farsi carico del rischio sociale, vale a dire del rischio che copre l’insicurezza esistenziale degli esseri umani”. I lavori, a cui ha partecipato anche il vescovo della diocesi di Ragusa, mons. Paolo Urso, erano stati aperti dal vicepresidente provinciale delle Acli, Simona Licitra, che ha sottolineato come “le Acli e l’associazionismo non possono rimanere spettatori passivi dinanzi ad un processo di riforma del welfare, per il ruolo di tutela e promozione dei diritti del cittadino che, nell’ambito della società civile svolge e in virtù del lavoro che quotidianamente svolgiamo tra e con la gente comune che più è stata toccata dalle politiche messe in campo da questo Governo”. Il presidente provinciale delle Acli di Ragusa, Rosario Cavallo, ha toccato, poi, il nervo scoperto delle scelte che l’organizzazione sarà chiamata a fare da qui ai prossimi mesi. “Anche perché il nostro presidente nazionale, Andrea Olivero – ha sostenuto Cavallo – ha deciso di scendere nell’agone politico. E gli abbiamo chiesto, con determinazione, di non coinvolgere le Acli in questo processo. Prima si dimetta e poi potrà fare tutte le scelte che vuole”. Altra annotazione polemica sulla questione della formazione. “Chi ha delle responsabilità – ha detto Cavallo – se le assuma. Non è possibile che nel giro di dieci anni il numero degli enti di formazione si sia addirittura quadruplicato, per non parlare dei dipendenti. Qualcosa non ha funzionato”. Una posizione appoggiata anche dal presidente regionale Acli Sicilia, Santino Scirè, che, concludendo i lavori, ha sottolineato la “mancanza di concertazione con il Governo Crocetta. A distanza di quasi due mesi dall’elezione – ha chiarito Scirè – il presidente non ha ancora sentito l’esigenza di confrontarsi con le parti sociali per capire quale dovrà essere lo scenario da disegnare per il futuro. Ma che cosa sta aspettando?  A noi non piace urlare, lamentarci. Siamo pronti ad agire. E lo faremo facendo tesoro del nostro patrimonio culturale e della nostra tradizione”.

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