LA POLITICA DEVE RILANCIARE L’AGRICOLTURA MEDITERRANEA

 

L’agricoltura è una delle grandi risorse economiche della regione Sicilia e Vittoria, “Città delle primizie” per eccellenza, si contraddistingue come pietra miliare in tal settore. Proprio perché conscio di ciò, Enzo Cilia, per il Sel ipparino, vuole far sentire la sua voce e, così, la alza di tono, denunciando una politica poco attiva e sensibile sull’argomento:«sembra che oltre a spingere (cosa pur giusta e utile in questo momento di enorme difficoltà, anche se finora abbiamo ascoltato solo chiacchiere su danni e truffe) per i soliti provvedimenti assistenziali i nostri concittadini ‘onorari e non’ impegnati in ruoli di governo e di rappresentanza parlamentare alla Regione e di rappresentanza parlamentare in Europa non riescono ad andare. Dobbiamo dire che la politica, in generale, e trasversalmente non comprende e non ritiene rilevante la questione agricola e, in modo particolare, la serricoltura e in una parte maggioritaria della classe dirigente del nostro Paese prevale la concezione dell’agroalimentare come fenomeno residuale del passato, una cosa poco moderna e tutt’al più folkloristica, dimenticando molto spesso che per importanza è il secondo comparto del paese».

L’ex Vicesindaco, invece, la promuove a base del futuro economico della nostra regione, ed auspica che tale settore possa essere rilanciato in modi opportuni; a questo proposito afferma:«per noi di Sel al contrario, come molte volte ribadito da Vendola, l’Agricoltura non solo è un patrimonio prezioso da difendere e valorizzare, ma è strategica per costruire il progetto per la Sicilia e l’Italia del futuro. E le scelte sulla riforma della politica agricola comune che si fanno a Bruxelles passando per Palermo e Roma sono decisive per le prospettive dell’agricoltura italiana»

«La riforma della politica agricola comune» – continua SEL-« è stata avviata in un momento indubbiamente cruciale per il futuro dell’Unione europea. Il predominio dell’economia finanziaria sui mercati internazionali ha messo in discussione in questi giorni non solo la moneta comune, ma l’idea stessa di un destino condiviso fra i popoli del continente che dovrebbe essere alle radici del processo unitario. Eppure proprio dalla PAC, che è stata la prima ed è tutt’ora la più importante politica condivisa, si dovrebbe prendere spunto per rilanciare, con più lungimiranza, la prospettiva di un Europa autorevole e solidale, nella convinzione che la qualità del territorio e la sicurezza alimentare debbano essere parte integrante di ogni prospettiva di futuro sostenibile. La riforma della PAC della Commissione Europea contiene poche luci e molte ombre e sconta in primo luogo un periodo, di mancanza di credibilità del nostro paese, che ha visto sedere al tavolo delle trattative in successione ben tre ministri all’agricoltura, uno meno presentabile dell’altro. Dal punto di vista finanziario ha penalizzato fortemente l’Italia con una riduzione di più 1 mld e 400 mln di euro. Insomma premia la rendita e penalizza il lavoro, i veri agricoltori ,la qualità delle agricolture ad alto valore aggiunto e soprattutto le misure proposte, anche quelle ambientali, penalizzano la nostra agricoltura mediterranea e anche quella biologica».

E , così, conclude: «la riforma richiede, pertanto, modifiche sostanziali e una forte mobilitazione che vada oltre gli addetti ai lavori e coinvolga l’opinione pubblica, perché la Pac ci riguarda e riguarda il nostro futuro.»

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