La Pandemia cambia: si è abbassata l’età media del contagio. Non più anziani, ma giovani fra i 20 e i 40 anni

Si abbassa l’età dei contagiati: se nei primi mesi della pandemia emergevano nella grande maggioranza i casi registrati in persone anziane, adesso le infezioni sono rilevate soprattutto nei giovani, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) rileva che a spingere la pandemia sono i contagi che avvengono fra chi ha da 20 a 40 anni. La guardia deve quindi restare alta, considerando i rischi per le fasce d’età più vulnerabili.

“L’epidemia sta cambiando e le persone di 20, 30, 40 anni stanno sempre di più pilotando la diffusione“, ha detto il direttore dell’ufficio del Pacifico Occidentale dell’Oms, Takeshi Kasai. “Molti non sanno di avere l’infezione – ha aggiunto – e ciò aumenta il rischio di contagio dei più vulnerabili”.

Una preoccupazione confermata in Italia dalla curva delle nuove diagnosi di infezione, che continua a salire nonostante le fisiologiche oscillazioni quotidiane.

I dati italiani confermano anche i timori dell’Oms relativi ai rischi legati all’aumento dei casi da asintomatici e fra i giovani.

I dati italiani indicano inoltre che l’età mediana dei casi confermati di infezione da Sars-CoV-2 è scesa dagli oltre 60 anni registrati nei primi due mesi dell’epidemia ai 35 anni di quest’ultimo periodo. Sempre nelle ultime settimane si è assistito a un incremento dei casi nella fascia di età compresa fra 0 e 18 anni. La stessa tendenza emerge dai dati Istat relativi ai primi risultati dei test sierologici condotti a campione sulla popolazione italiana e relativi a quasi 65.000 persone. Emerge infatti che oltre il 48% dei casi positivi ha meno di 50 anni e che fra questi il 13,1% ha meno di 17 anni, il 14,8% ha fra 18 e 34 anni e il 20,2% ha fra 35 e 49 anni.

La maggior parte dei casi riguarda ancora gli ultracinquantenni, con il 19,9% di casi positivi nella fascia d’età compresa fra 50 e 59 anni, il 13,3% fra 60 e 69 anni e il 18,7% fra chi ha più di 70 anni. “L’età media dei casi di infezione varia a seconda di chi è stato sottoposto a tampone: attualmente si fanno tamponi in prevalenza a persone che tornano dall’estero o a contatti di persone infettate, quindi in persone molte delle quali sono del tutto asintomatiche e spesso giovani”, ha osservato l’infettivologo Massimo Galli, dell’Università di Milano e primario dell’ospedale Sacco.

 

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