La natura madre e madrigna dei mortali

Commento di Fipipponeri Biazzo al mio articolo “Tirannia o complessità?”

Al solito, bellissimo articolo in cui l’eruduzione non è fine a se stessa, ma serve a dare più forza alle idee (mi hai fatto pensare a Foscolo che poteva chiudere il commento sull’editto di Saint Cloud con i primi 50 versi de “I sepolcri” e invece ne ha scritti più di 200 dando così molta più efficacia al suo pensiero). Ti chiedi e ci chiedi quando l’uomo riuscirà a rendere più umana la complessità dell’animo umano; la mia risposta è:”mai perché purtroppo così è la natura”. Noi abbiamo una bella idea della natura (se la vediamo con occhi superficiali), ma se riflettiamo che la vita degli uomini è possibile solo perchè basata sulla morte delle piante o degli animali, allora dobbiamo convenire che la natura è impostata male e che purtroppo è “naturale” anche il sopruso o l’ignavia. La nostra mente elabora idee, ideali “non naturali” che in quanto in contrasto con la natura dell’uomo non possono prevalere. Forse non sono riuscito in poche righe a chiarire a te e agli altri lettori il mio pensiero. C’è qualcuno che vuole prendere parte alla discussione? grazie 

 Carissimo Filippo, concordo pienamente con il tuo commento al mio  articolo.

 È vero, come dice Giacomo Leopardi ne La Ginestra, la natura è, dei mortali, madre di parto e di voler matrigna e che la sofferenza fa parte della vita. Però, dico io, in accordo col grande poeta, questa verità non ci obbliga a schierarci gli uni contro gli altri, aggiungendo, così, sofferenze alle sofferenze invece di cercare insieme di ridurle. La mia domanda è: “quando l’uomo riuscirà a rendere più umana la complessità dell’animo umano”. Attenzione dico solamente “più” se vuoi aggiungo “un tantino più” e non dico totalmente. Ovvero mi accontento di poco. In gergo politico, sono un riformista.

Ti riporto la parafrasi dei versi (dal 97 al 159) de La ginestra di Giacomo Leopardi.

 

Uomo di povero stato e di membra inferme che sia però di anima generosa, nobile e fiera, non si vanta né si illude d’essere ricco d’oro né gagliardo, e non fa ridicola mostra di splendida vita o di prestante persona; ma, senza vergognarsene, non nasconde di esser povero di forza e di ricchezze, e tale si dichiara apertamente, valutando secondo verità la propria condizione.

Io non giudico essere generoso ma stolto colui che pur essendo nato per morire, nutrito nelle pene, dice che è fatto per godere, e riempie pagine di fetido, disonesto orgoglio, annunciando in terra magnifiche sorti e nuove felicità, quali non solo questo pianeta ma l’universo intero non conobbe mai, a popoli che un maremoto, una pestilenza, un terremoto possono distruggere al punto da lasciare appena il ricordo.

Nobile natura è invece quella che trova il coraggio di guardare in faccia il comune destino umano, e che con sincero parlare, senza nulla sottrarre alla verità, confessa il male che ci fu dato in sorte, e il basso e fragile stato; (nobile natura è) quella che, pur nella sofferenza, mostra sé grande e forte, non accresce i suoi mali con gli odi e le ire verso gli altri uomini fratelli (in quanto, soggetti al medesimo destino di morte e di sofferenze) incolpandoli del suo dolore, ma dà la colpa alla vera responsabile, la natura, che è madre dei mortali in quanto li genera ma è matrigna nella volontà.

(L’uomo di animo nobile) chiama costei nemica; e convinto, come è vero, che l’umanità sia, fin dalle origini (in pria), congiunta e schierata contro questa, stima tutti gli uomini alleati, abbraccia tutti con amore vero e attivo, porgendo e aspettandosi valido e pronto aiuto negli alterni pericoli e nelle angosce della guerra comune (contro la natura ostile). Ed armarsi contro le offese degli altri uomini, e danneggiarli con insidie (laccio) ed ostacoli (inciampo), stima cosa tanto stolta quanto sarebbe, in un campo circondato dall’esercito nemico (oste contraria), sotto l’infuriare degli assalti intraprendere contro i propri amici, dimenticando i nemici, dure ostilità nonché sparger fuga e fulminare con la spada i propri guerrieri.

Questo modo di pensare quando sarà, come fu, diffuso a tutto il volgo, e quando quel terrore (dei fenomeni naturali) che all’origine portò gli uomini primitivi a stringersi in società contro l’empia natura, sarà ripristinato in misura giusta da un sapere conquistato con la ragione (cioè spurgato dal suo complesso di superstizioni infantili), allora l’onestà e la rettitudine nei rapporti sociali, e il senso della giustizia e la pietà verso gli altri, avranno ben altro fondamento che non fantasie inconsistenti e superbe, fondandosi sulle quali la civiltà (probità del volgo) suole poggiare instabilmente, come tutto ciò che si basa sull’errore.

Ragusa, 15 giugno 2017

                                                                                 Ciccio Schembari

 

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