LA MIA ESPERIENZA DIETRO LE SBARRE

Descrivere la vita in carcere non è una cosa semplice, nel senso che certe cose per poterle capire veramente, le si dovrebbero vivere in prima persona. Ovviamente il mio non vuole essere un invito a provare questo tipo di esperienza, ma sicuramente in un carcere ci sono delle realtà che dall’esterno non si conoscono. E’ da circa un anno che mi trovo in carcere e ricordo benissimo il primo giorno in cui sono arrivato. Dopo le solite formalità di rito, come le impronte, la perquisizione ecc…, mi hanno condotto nella sezione insieme agli altri detenuti. Quella che qui chiamano sezione è praticamente una struttura interna composta da due piani più il piano terra; mi assegnarono in una cella del secondo piano, insieme ad altre persone di nazionalità rumena. Devo dire, che pur essendo l’unico italiano della cella, mi hanno trattato davvero bene, facendomi sentire la loro ospitalità che non pensavo avessero. Per non parlare dell’orario in cui sono arrivato… le 4.30 del mattino, tutto sporco, perché al momento del mio arresto, ero appena tornato da lavoro. Quindi, gli altri, al momento del mio arrivo, alla domanda “hai mangiato?”, non ho saputo dire altro, che era dal giorno prima che non toccavo cibo. Allora, senza nessuna esitazione, si sono alzati e mi hanno subito preparato una spaghettata. Questo mi ha fatto capire quanta solidarietà ci sia in un posto come il carcere, come gli altri detenuti cerchino di aiutare i nuovi arrivati, anche con quel poco che hanno a disposizione. E così ho trascorso la mia prima notte. Credo che i primi giorni passati lì, siano quelli che ti rimangono più impressi, perché ti vedi sconvolgere la vita che avevi condotto fino a quel momento. A differenza dei giorni che vengono in seguito, dove hai più tempo per pensare come sei finito proprio tu in un posto così, tu che hai sempre rigato dritto e che hai sempre pensato che in carcere ci finisce chi le cose se le va a cercare. Mi capita spesso di essere nella mia cella, a vivere in una condizione di ozio forzato e quindi mi sdraio sul letto e comincio a pensare che la vita sia come un sentiero così stretto, che per andare avanti bisogna avanzare un passo alla volta e senza mai perdere l’equilibrio, perché sia a destra che a sinistra del sentiero c’è solamente il vuoto che si perde a vista d’occhio. Poi, qualcuno dei miei compagni di cella mi scuote; quindi, scendo dal letto per farmi una partita a carte o quattro chiacchiere. Da quando sono qui, ho scoperto la passione per la lettura. Per me leggere è un modo per evadere con la mente, immergendomi in contesti diversi e che l’autore descrive. Il vero peso che trasmettono le quattro mura è, ribadisco, l’ozio forzato. Infatti, per vari motivi, non è sempre possibile realizzare attività per tutti i detenuti, sebbene ne esistano diverse, sia scolastiche, sia professionali, sia ricreativo- culturali. Da questa esperienza che sto vivendo, ho tratto comunque anche dei lati positivi. Ho presentato adesso un’istanza di affidamento al lavoro, che spero mi venga concessa, per potermi rimettere in discussione e dimostrare la nuova persona che c’è in me.

F. R. (ex detenuto presso la Casa circondariale di Ragusa)

 

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