LA LENTA RIVINCITA DEL PERRICONE

Quando si pensa a un vino rosso siciliano, si pensa immediatamente al nero d’Avola. Ma la Sicilia possiede altri vitigni autoctoni rossi meno conosciuti, ma che potranno rivelare buone sorprese in un futuro immediato. Il vitigno perricone, un passato da vitigno spalla, è oggigiorno tuttora considerato una varietà secondaria, se non per la qualità, di certo per la sua presenza.

Sebbene non vi siano fonti scritte riguardanti questo vitigno, sappiamo che prima dell’avvento della fillossera era una varietà molto diffusa nella Sicilia occidentale. Veniva destinato alla produzione del Marsala in versione rossa, ossia ruby. Ma durante la ricostruzione postfillossera, il perricone non trovò grande interesse da parte dei coltivatori, che gli preferirono altre varietà, primo fra tutti il nero d’Avola, il quale presto avrebbe sostituito il perricone anche nella produzione del Marsala ruby.

Fortunatamente alcuni produttori continuarono a coltivare il perricone, ma la sua presenza oggi è praticamente circoscritta alla provincia di Trapani, poco a Palermo, in misura minore ad Agrigento e praticamente poco più di pochi ettari nel siracusano e nel messinese. Sembra, inoltre, che gli ettari vitati di perricone siano, di anno in anno, in continua diminuzione. Forse è presto parlare di rischio estinzione, ma certamente il futuro di questo vitigno al momento non sembra promettente, nonostante gli sforzi compiuti da alcune aziende per rilanciarlo.

A complicare ancora le cose ci hanno pensato i vari sinonimi con cui è conosciuto il perricone e che ancora oggi confonde molti consumatori. Pignatello, nel trapanese, e tuccarino altro non sono che sinonimi del perricone. Il nome pignatello sembra gli sia derivato dal tipo di terreno dove veniva coltivato. Si trattava di terre rosse alluminose, chiamate pignatidare nel trapanese, poiché erano utilizzate per la produzione delle pignatte da cucina.

Il motivo per cui questo vitigno ha perso oggigiorno terreno, è stato dettato dal fatto che questo vitigno non è particolarmente resistente alle avversità o, per meglio dire, non è altrettanto resistente come altri vitigni diffusi nell’isola. Il perricone, infatti, di per sé è un vitigno resistente, ma la necessità di ricostruire il vigneto europeo, dopo l’attacco della fillossera, ha portato alla scomparsa o quasi di tutti quei vitigni che non possedevano una produttività molto elevata e grande resistenza alle avversità. Ora sebbene il perricone non si può definire vitigno problematico, al suo posto vennero preferiti altri vitigni, come il nero d’Avola, indubbiamente più adattabile del perricone.

Il perricone, però, continuò a essere coltivato e lo si può trovare in unione ad altri vitigni come vitigno spalla, di solito al nero d’Avola. La sua vinificazione in purezza non è stata più tentata da molti anni, fino a quando, qualche anno fa, una cantina, seguita successivamente da poche altre, ha deciso di vinificare il perricone in purezza.

Non sono pochi quelli che intravedono nel rilancio dei vitigni spalla una mossa commerciale dettata dalla moda o dalla tendenza. Per quanto possa essere vero, va tenuto conto anche del fatto che l’unico modo per scoprire le piene potenzialità di un vitigno è quello di vinificarlo in purezza nell’arco di vari anni e possibilmente da vari produttori, in modo da capire il comportamento del vitigno nei diversi terroir.

È presto ancora per dare un giudizio definitivo su questo vitigno, ma certo si è constatato che esso presenta un buon grado zuccherino, tannino non molto accentuato, grande carica di antociani, ossia colore, e acidità ridotta. Uno studio condotto proprio sui benefici del perricone ha però evidenziato che questo vitigno possiede delle sostanze benefiche per la salute in percentuali maggiori rispetto ad altri vitigni a bacca rossa siciliani.

Ci si augura, in un futuro prossimo, di poter assistere a un numero maggiore di diverse versioni da uva perricone, magari non troppo addomesticate dal legno, in modo da poter definire meglio le caratteristiche di questo vitigno.

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