LA LEGGE DEL BAVAGLIO COLPISCE ANCORA

Potremmo ricordare, ad esempio, Giovanni Spampinato, giornalista de “L’Ora” e de “L’Unità” che, ad appena ventidue anni, è stato ucciso il 27 ottobre 1972 mentre era impegnato a far conoscere con le sue inchieste l’intreccio di affari, trame neofasciste e malavita nella città di Ragusa. Ancora Beppe Alfano, corrispondente del quotidiano ”La Sicilia”, ucciso perché ebbe il coraggio di pubblicare i lati oscuri dei grandi appalti pubblico-mafiosi dell’asse Messina– Palermo. Giuseppe Fava, assassinato il 5 gennaio 1984 a Catania, che aveva fondato “I Siciliani”, un giornale aggressivo che attaccava senza mezzi termini i gestori degli appalti catanesi in odor di mafia. E ancora Giancarlo Siani, ucciso a soli 26 anni, il quale aveva denunciato alcuni traffici loschi a Torre Annunziata.

E oggi? L’articolo 21 della Costituzione Italiana recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure …”. Malgrado ciò si contano 78 giornalisti italiani e 24 redazioni giornalistiche con il coinvolgimento di 400 giornalisti minacciati. Questi dati sono stati raccolti dall’osservatorio della FNSI e dell’Ordine dei Giornalisti “Ossigeno per l’informazione”, che in questi giorni ha presentato il Rapporto 2010 sui cronisti minacciati in Italia. Aggressioni, intimidazioni, denunce, minacce, botte. E poi auto bruciate, lettere con proiettili, intrusioni in casa o nel computer. E’ sempre più a rischio la sicurezza dei giornalisti, soprattutto se si occupano di mafia o di criminalità organizzata. la maglia nera va alla Calabria, dove vive un quarto dei cronisti minacciati. A denunciare l’emergenza che attribuisce al Belpaese il triste primato in Europa per numero di giornalisti minacciati, e’ il Rapporto 2010 di ‘Ossigeno per l’informazione’, l’associazione fondata due anni fa dalla Federazione nazionale della stampa e dall’Ordine Nazionale dei giornalisti con il sostegno di Libera Informazione, Articolo 21 e Unione nazionale cronisti italiani. Si tratta di una situazione ormai conclamata a livello internazionale. Oggi peggiora, tanto che dai 52 casi di intimidazioni denunciati nel Rapporto 2009 si e’ passati ai 78 del 2010, 54 individuali e 24 collettive, con il coinvolgimento stimato di 400 giornalisti. Cinque le regioni più colpite: la Calabria innanzitutto, ma anche Lazio, Sicilia, Campania e Lombardia. Nel rapporto 2010 vengono documentate nuove intimidazioni a Roberto Saviano e a Lirio Abbate dell’Espresso, alla giornalista del Mattino Rosaria Capacchione, all’ex direttore di Libero Maurizio Belpietro, alla cronista di La7 Silvia Resta. Ma anche tanti episodi ai danni di giornalisti meno conosciuti.

E’ da sottolineare, infatti, la situazione che vive Pino Maniaci che dopo le ultime minacce ricevute di recente dichiara: “Ormai ci ho fatto il callo, ci sono abituato”. Telejato, l’emittente televisiva di Partinico (Palermo), di cui Maniaci è direttore, si configura come una vera e propria tv antimafia. Maniaci è stato più volte minacciato, querelato e condannato dai boss di Partinico per la sua attività di denuncia del potere mafioso. Numerose le intimidazioni subite nel corso degli anni, fino all’aggressione fisica subita da Maniaci nel gennaio 2008, per opera del figlio minorenne di un boss locale.

Anche il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha manifestato viva preoccupazione per le minacce della criminalità organizzata a ‘Telejato, invitando le autorità a proteggere il direttore e i suoi collaboratori che sono diventati, con il loro operato, un punto di riferimento per le persone “oneste”. Maniaci è considerato “come punto di riferimento di tanti cronisti italiani”, secondo le parole di Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21. (Elisa Montagno)

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