LA GIUSTIZIA E LA LIBERTÀ

“Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà”. Così diceva Sandro Pertini, uno dei più amati presidenti della Repubblica.

         Arrivare ad una affermazione del genere, ormai in linea di principio ampiamente condivisa, non è stato facile. Fino a prima della seconda guerra mondiale predominavano le ideologie liberali e marxista che privilegiavano, rispettivamente, la prevalenza dell’uno sull’altro dei valori. In Italia, la resistenza, che vide l’impegno comune di forze democratiche di entrambi i campi politici, portò ad una fusione della visione culturale di molti dei partecipanti che sfociò in una adozione comune della fede nella libertà e nella giustizia sociale come opzione irrinunciabile.

         Il risultato di tale evoluzione fu trasfuso nella Costituzione repubblicana, che risultò una tra le più democratiche e avanzate tuttora esistenti nel mondo occidentale. Nella Costituzione tutti i diritti di libertà (e i diritti civili in genere) sono ampiamente tutelati. Il titolo III, sui rapporti economici, tutela sotto tutti gli aspetti il lavoro, la libertà economica, ma sottolinea l’utilità sociale cui deve essere impostata l’iniziativa economica e il dovere dello Stato di indirizzare l’iniziativa economica pubblica e privata a fini sociali.

         Dopo il crollo dei regimi collettivistici, nei quali democrazia e giustizia sociale erano state realizzate a scapito delle libertà civili, si auspicava un maggior equilibrio tra queste e la giustizia sociale. Ma con il ritorno del neo-individualismo sembra, però, che il pendolo della storia tenda al lato opposto delle esperienze collettivistiche: all’interno di vari Paesi e nel mondo in genere, la libertà viene prevalentemente coniugata in modo da vanificare la giustizia sociale.

         Ma la democrazia non può, però, fare a meno né dell’una né dell’altra. Libertà e giustizia sociale sono chiamate ad armonizzarsi tra loro, in una reciproca sinergia. Perché nel mondo sia offerta a tutti gli uomini la possibilità di crescere più liberi e responsabili, occorre superare le ingiuste disparità nell’accesso ai beni fondamentali (vita, cibo, acqua, salute, istruzione, lavoro, certezza dei diritti), nella distribuzione dei ruoli, delle cariche, dei meriti, del reddito e della ricchezza.

         Occorre che tutti siano messi nella condizione migliore per poter contribuire, tramite solidarietà, alla realizzazione del bene comune nazionale e mondiale. Parimenti, la giustizia sociale non può essere globalizzata in maniera conforme alla dignità dei cittadini, singoli o associati, se questi sono privati della libertà di iniziativa e di espressione, resi passivi e deresponsabilizzati rispetto alla gestione della cosa pubblica. Da questo punto di vista si verificano consistenti fenomeni di populismo, con forme di apparente democrazia in cui sono rispettate le forme ma, al lato pratico, le decisioni che contano sono prese soltanto da gruppi oligarchici sia della finanza che della tecnica e dei mass media.

         A fronte dei grandi problemi che coinvolgono l’umanità, specie quella più povera, e dell’urgenza di estendere la democrazia e la giustizia sociale, si vede che la democrazia oggi è appiattita sulle pur necessarie regole procedurali. La giustizia sociale, svuotata dal riferimento irrinunciabile al bene comune, bene di tutti, è piegata al servizio di pochi. In una parola, sta venendo meno l’esigenza morale che dovrebbe sorreggerle e nutrirle come linfa vitale.

         Una democrazia che è attuata come giusto sistema istituzionale e di vita, contribuisce a rinforzare la virtuosità dei cittadini, favorisce la crescita di cittadini giusti. I cittadini che vivono la virtù della giustizia sono, a loro volta, soggetti capaci di riformare le istituzioni democratiche, rendendole più rispondenti ai bisogni delle persone e dei popoli, in un circolo incessante.

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