LA FILOSOFIA E LA SUA DISMISSIONE

Le recenti notizie, circolanti nella rete e nei social network, sul destino gramo della filosofia nella scuola italiana, autorizzano una riflessione sul grado profondo di imbarbarimento ormai raggiunto in questo paese di marionette, di sottocultura, di pupari e di veline.

La drastica riduzione dell’insegnamento di quella disciplina nei licei e in alcuni corsi di laurea la dice lunga sulla portata di un’offensiva senza precedenti portata nel cuore del pensiero critico, là dove la filosofia assolve il ruolo di palestra dell’autonomia di giudizio e della creatività, cui neanche la scienza può provvedere, abitata com’è quest’ultima da una strutturale tendenza a declinarsi in senso tecnologico e dunque pratico e dunque – come direbbero gli psicologi cognitivisti – convergente.

Tempo fa, da questa rubrica lanciammo una provocazione sull’eccesso di peso che ancora si da al latino nel liceo scientifico. Non era nostra intenzione affermare la necessità di una sua cancellazione dal percorso formativo di quell’istituto, ma solo aprire un dibattito sereno sull’opportunità di rivedere gli equilibri fra le cose e riconsiderare l’assenza di discipline come la logica formale fra le materie curriculari di un liceo che ancora oggi fa perno soprattutto sulla centralità della matematica.

Ma forse il punto sta proprio qui: la matematica che si insegna a scuola è già fortemente virata alla strumentalità, al suo utilizzo tecnico, e questo ci può stare. Ciò che a mio parere non ci sta è l’assoluta mancanza di un ambito di riflessione sulla matematica, una sezione sulla storia del suo pensiero, che fornisca – oltre agli strumenti tecnici – anche una sensibilità filosofica al suo studio.

Indubbiamente, intere parti della matematica contemporanea sono sacrificate a tale impostazione: la metamatematica, la teoria della ricorsività, la teoria degli automi, l’intelligenza artificiale, la stessa logica matematica, sono consegnate alla discrezione, alla buona volontà e alla vastità di orizzonti del singolo insegnante, che deve destreggiarsi fra limiti orari e vincoli curriculari.

E qui chiudiamo il cerchio: la filosofia, considerata da sempre l’ancella delle scienze, si è ridotta alla considerazione di scarto delle scienze, peraltro con la curiosa giustificazione (almeno nei casi di alcuni corsi di laurea “umanistici”) della sua eccessiva specializzazione!

Mai come oggi, assediati come siamo da agguerrite forze in pieno assetto ideologico, si è resa necessaria la pratica di una costante, militante professione filosofica del pensiero.

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