LA CRISI STA DIVORANDO IL TESSUTO DELLE PMI DI VITTORIA

La crisi sta divorando il tessuto delle Pmi di Vittoria. Dall’inizio dell’anno sono state presentate oltre 100 domande di cancellazione alla Camera di commercio di Ragusa (tra Registro imprese e Albo artigiani). La disoccupazione è cresciuta. L’Istat certifica che, nel 2012, in provincia di Ragusa, il tasso di disoccupazione (riferito a lavoratori di età compresa fra i 15 e i 64 anni) è salito al 40,9%. Vittoria è in linea con questo dato. E’ quanto denuncia la Cna territoriale per bocca del presidente, Giuseppe Santocono, e del responsabile organizzativo, Giorgio Stracquadanio. “I dati del centro ascolto Caritas di Vittoria – aggiungono i due – ci dicono di una accelerazione dei processi che portano alla povertà con un’area del disagio che va dai 20 ai 60 anni. La capacità imprenditoriale, il mercato, l’economia, di questo territorio stanno perdendo spinta, non riescono più a creare sviluppo, siamo schiacciati sempre più in basso. Ad aumentare ansie e preoccupazioni tra le imprese che resistono contribuiscono anche le future scadenze fiscali del prossimo giugno/luglio a partire dalle imposte comunali, Imu, Tarsu/Tares. Cessare l’attività per continuarla in nero sta diventando la norma, è l’unico modo per avere un poco di reddito, liquidità (fino a quando?). All’aridità economica si sta associando la desertificazione demografica”.

Santocono e Stracquadanio continuano: “A Vittoria è ricomparso lo spettro dell’emigrazione. Diversi titolari di piccole imprese, dopo aver chiuso l’attività e messo in vendita gli immobili per pagare i debiti, si preparano a trovare “fortuna” da qualche altra parte. Il lavoro e gli interessi di chi lo crea non sono più un valore. A parole si invoca ottimismo e fiducia ma nei fatti queste parole servono solo come contorno, hanno il sapore di una fastidiosissima pacca sulla spalla. I primi a tradire questi concetti sono le banche, le quali chiedono sempre più garanzie anche per un prestito di poche migliaia di euro. Gli istituti di credito, nei fatti, hanno legato un masso al collo alle  imprese e alle famiglie, gli unici soggetti che cercano di nuotare nel mare in tempesta della crisi. Il vortice che rischia di travolgerci sta tutto qui: il lavoro c’è, però mancano i soldi, le banche non erogano prestiti, l’economia peggiora, le tasse aumentano e la ripresa si allontana. Bisogna uscire da queste sabbie mobili. Il vedersi sbattere la porta in faccia dalle istituzioni o dalla banca, la disperazione di non poter incassare il dovuto, l’impoverimento repentino rischiano di avviare processi non facilmente controllabili. Le banche devono ritornare a fare il loro lavoro: non possono più temporeggiare. Questa lunga esitazione ha creato prima ansia da ripresa, poi disperazione. Adesso tutto rischia di diventare rabbia”.

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