La crisi delle sale cinematografiche

Sin dagli esordi il cinema si presentava come un evento sociale, un’occasione di condivisione di un spettacolo, oltre che di un individuale accrescimento culturale. Il cinematografo, che nacque come  una rappresentazione itinerante simile al circo, ben presto si stabilì in sedi fisse che, come la storia dell’urbanistica ci insegna, divennero uno degli elementi propulsori della trasformazione urbana delle grandi capitali europee. Data la grande affluenza di pubblico, in poco tempo alle sale cinematografiche si diedero delle precise connotazioni architettoniche e tecniche che permisero di esportare la tipologia edilizia dalle grandi capitali ai piccoli borghi. Questo forte legame tra  le sale cinematografiche e i centri storici è una delle componenti della grave crisi dei piccoli esercenti del settore dell’audiovisivo.

Coerentemente al destino di molte tipologie di esercizi commerciali, i multisala, come i grandi ipermercati, spostano il flusso dei consumatori fuori città catturando l’attenzione della gente con la proposta di una grande varietà di prodotto. Ma, anche per i film, ad una maggiore quantità dell’offerta si registra una minore della qualità del prodotto, oltre che una perdita del rito sociale della visione cinematografica.

La crisi delle vecchie sale non ha risparmiato Ragusa. La chiusura dei due cinema in centro ha radicalmente cambiato il rapporto che i ragusani hanno col cinema, con conseguenze che troppo poco ci si ferma ad analizzare e denunciare.

Se da una parte il multisala ci offre orari sempre più accessibili e sale all’avanguardia, attrezzate anche per il 3D, d’altro canto ci toglie il privilegio di vivere la visione cinematografica come un fatto legato alla città e alla condivisione sociale. Ci toglie il contatto con l’esercente, che un tempo si occupava di decidere la programmazione, e ci toglie il contatto con il tessuto urbano, ormai avulso da un simile evento culturale. Da un tale cambiamento della fruizione del film scaturisce il sempre minor dialogo e il mancato dibattito che un tempo seguiva alla visione cinematografica.  I capannelli che si formavano nei pressi dei cinema (quelli che si dovevano aggirare per non captare la fine del film, se si aveva il biglietto della seconda visione) sono solo un vago ricordo. Questo perché i multisala non solo si trovano sempre in periferia inoltrata, ma sono strutture in cui molta attenzione viene dedicata alla progettazione della fase precedente la visione del film, mentre la fase successiva è curata poco o niente. Come sappiamo bene a Ragusa, gli spettatori alla fine della proiezione vengono indirizzati fuori, direttamente al posteggio, per cui lo spazio per la conversazione e la condivisione dell’esperienza appena compiuta non è proprio previsto. In più, nell’immediato intorno, non vi è nulla che possa accogliere la gente. Inevitabilmente ci si divide, ognuno nelle proprie automobili, ostacolando l’aggregazione che un tempo nasceva spontaneamente. Questo ad evidenziare come la conformazione urbana influisca in modo determinante sulla società e come allo snaturamento dell’ambiente corrisponda un inevitabile impoverimento dell’attività che vi si svolge.

Un altro problema scaturito dalla chiusura dei piccoli cinema sta nella tipologia di programmazione. In un multisala si ragiona esclusivamente in termini di grandi numeri, per cui le pellicole più commerciali sono sempre le più presenti, spesso programmate in più sale contemporaneamente. In questo modo i ragusani vengono privati di molti film spesso appartenenti al circuito del cinema indipendente e di qualità. Ciò comporta l’appiattimento della cultura cinematografica di una cittadinanza intera. In centro abbiamo l’ultimo baluardo, che strenuamente s’impegna in un’opera culturale, offrendo spesso una diversa programmazione e la possibilità di un cineforum, elementi essenziali per la competenza di un cinefilo. Per combattere la crisi delle piccole sale cinematografiche si sono sviluppate numerose strategie a livello nazionale. La creazione di circuiti d’essai, che ottengono sovvenzioni dal Mibac, i  movimenti culturali come quello dell’Associazione 100Autori che invocano di ripensare la tipologia di distribuzione ed esercizio dei film. Ovviamente le vecchie sale, anche a Ragusa, necessitano di una ristrutturazione, sfruttando le opportunità offerte dal digitale fino alla futura trasmissione del file via satellite. La soluzione potrebbe essere quella di un circuito alternativo che garantisca l’accesso a più film e a film migliori. E, per non lasciare questo settore agli investimenti e alla gestione delle Major, si rende indispensabile aderire ad un network di esercenti, liberi distributori, università, associazioni, festival, produttori e autori che rilanci quel cinema indipendente che oggi soffre di una programmazione troppo standardizzata. Ciò permetterebbe di  allargare l’offerta di film, creare nuovo pubblico, incentivare la riapertura o l’apertura di nuove sale, non certo sostituire i canali già operanti. E per scongiurare quei meccanismi distributivi che potrebbero nuovamente penalizzare il cinema di qualità, occorrerebbe dare maggior credito e risalto al ruolo degli esercenti, che conoscono il pubblico e orientano la programmazione sulla base della propria sensibilità.

Ma ciò potrebbe non bastare, a Ragusa più che mai. La condizione del centro storico è sempre più compromessa e, senza una serie mirata di interventi, in breve si raggiungeranno condizioni di abbandono e conseguentemente di degrado. È necessaria una gestione politica più sensibile alla cultura urbana. L’amministrazione locale dovrebbe ripensare a opere di riqualificazione del centro storico perché chiaramente ad una maggiore densità abitative dei quartieri centrali corrisponderebbero maggiori investimenti imprenditoriali, compreso l’onere di riaprire e rimodernare una sala in centro. Senza dubbio una parte dei cittadini preferirebbe recarsi a piedi al cinema, in luoghi progettati a misura d’uomo, piuttosto che affrontare la strada provinciale e frequentare l’inospitale zona industriale. Occorre una maggiore consapevolezza della fruibilità dei centri storici e della vivibilità che ne consegue. Grazie all’ambiente urbano attorno alla sala cinematografica, dotato magari di una piazza o di un bar, un ristorante,  riemergerebbe l’aggregazione sociale che era insita nel cinema delle origini e che è fondamentale per rendere la visione di un film nuovamente un’occasione di confronto, il garante della crescita culturale collettiva.

 

Laura Curella

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it