LA COMPASSIONE DEL DELFINO E LA FEROCIA DELL’UOMO

La strage dei delfini che quotidianamente si perpetra in tutte le latitudini del mondo dimostra che il pensiero occidentale dell’uomo nato dallo stesso mare mediterraneo che ci nutre entrambi e che ha creato la cultura e la civiltà moderna è in forte regresso ed il suo declino è il fattore principale della distruzione inarrestabile del nostro pianeta. I pescatori peruviani ne uccidono illegalmente migliaia ogni anno allo scopo di farne esche per gli squali e i giapponesi li massacrano nella tranquilla e placida baia di Tajin; qui, da Aprile a Settembre, i pescatori nipponici sospingono i delfini per poi scannarli o tenerli in vita e rivenderli a cifre da capogiro al mercato dei parchi acquatici e degli acquari ed altrettanto fanno i danesi nelle isole Farhoer. Vari studi hanno ormai indicato l’insolitamente grande intelligenza dei delfini; essi dunque “dovrebbero essere visti come persone non umane”. Così scriveva, a maggio, il Governo indiano vietando i delfini in cattività in tutto il territorio nazionale. I delfini furono oggetto di culto soprattutto per le antiche civiltà mediterranee che hanno generato le nostre attuali società e la cui mitologia costituisce una parte importante del patrimonio culturale. Gli antichi greci avevano i delfini in così grande stima che ucciderli equivaleva uccidere un uomo ed entrambi i crimini erano puniti con la morte. Plutarco li descriveva come amanti della musica. Afrodite nata dal mare aveva sacro il delfino, allegro accompagnatore dei naviganti. Lo scudo di Ulisse aveva un delfino come emblema per ricordare che quando Telemaco era piccolo era scivolato in mare e sarebbe annegato se un gruppo di delfini non lo avesse salvato riportandolo in superficie. E così è stato da allora ad oggi, innumerevoli sono gli episodi di umani salvati dai delfini in tutti i mari e in tutte le circostanze: questo è un comportamento voluto e non casuale che ci obbliga a riconoscere che i delfini sono dotati di compassione, una compassione ingiustificata verso gli umani, che pure non si fanno troppi problemi ad ucciderli e perfino a mangiarseli. Perché lo fanno? Cosa spinge i delfini ad essere compassionevoli nei nostri confronti se non la loro onestà e superiorità etica? La compassione presuppone che chi la possiede sia un essere dotato di ragione e di pensiero alto, essa è il sentimento di partecipazione personale alla sofferenza altrui e,  è una delle emozioni più pure, che Maestri spirituali come Buddha, Pitagora e Cristo hanno insegnato tanti secoli fa, anche se, a vedere il mondo d’oggi, si direbbe inutilmente. Emblematica è la storia, riferita da Plinio il Vecchio, del delfino del lago Lucrino (una laguna nei pressi degli attuali Campi Flegrei). Un bimbo del luogo fece amicizia con un delfino ed i due divennero inseparabili. Il delfino accompagnava ogni giorno il suo piccolo amico a scuola trasportandolo sul dorso, e si affezionò a tal punto al bambino che, quando questi morì per malattia, anche il delfino si lasciò morire per il dispiacere. Definirli animali intelligenti è troppo poco: I delfini sono molto più simili agli essere umani di quanto comunemente si pensi. Una serie di studi sul loro comportamento effettuati nelle università di tutti i Continenti hanno evidenziato come il loro modo di comunicare sia simile a quello degli esseri umani e che sono più brillanti degli scimpanzé ritenuti fin oggi forse a torto più intelligenti. Una serie di teorie sostenute da ricerche anatomiche dimostrano che il cervello dei delfini è più grande di quello dell’uomo, è particolarmente dotato e possiede molte caratteristiche chiave associate con l’intelligenza sviluppata. Oltre a saper imitare il linguaggio umano, a differenza nostra che non sappiamo imitare il suo, il delfino è l’unico animale capace di formare una proposizione. Per questo è moralmente inaccettabile tenere questi animali intelligenti nei parchi di divertimento o uccidere gli animali per nutrirsi o durante la pesca. E a tale proposito preannuncio una petizione al Sindaco di Ragusa perché vieti gli spettacoli sul nostro territorio ai circhi che utilizzano animali appartenenti a specie selvatiche ed esotiche. Voglio concludere con un “fratello di mare” del delfino, il pesce spada, e con le parole che il grande Ernest Hemingway  fa dire ne “ Il Vecchio e il Mare” al’anziano pescatore che tiene legato alla barca il grosso marlin che ha appena pescato: “Non ho mai visto e non ho mai sentito parlare di un pesce simile. Ma devo ucciderlo. Sono contento che non dobbiamo cercar di uccidere le stelle. Pensa se ogni giorno un uomo dovesse cercare di uccidere la luna, pensò. La luna scappa. Ma pensa se ogni giorno uno dovesse cercare di uccidere il sole. Siamo nati fortunati, pensò. Poi gli dispiacque che il grosso pesce non avesse nulla da mangiare e il dispiacere non indebolì mai la decisione di ucciderlo. A quanta gente farà da cibo, pensò. Ma sono degni di mangiarlo? No, no di certo. Non c’è nessuno degno di mangiarlo, con questo suo nobile contegno e questa sua grande dignità. Non capisco queste cose, pensò. Ma è una fortuna che non dobbiamo cercar di uccidere il sole o la luna o le stelle. Già ci basta vivere sul mare e uccidere i nostri veri fratelli.”                                                                                                      Alleggerisco l’argomento con questa citazione di Douglas Adams, (1952 – 2001), scrittore, sceneggiatore ed umorista britannico: “E’ diffusa e importante opinione che le cose non siano sempre come sembrano. Per esempio, sul pianeta terra l’uomo aveva sempre affermato di essere più intelligente dei delfini perché aveva conseguito tanti risultati: la ruota, New York, le guerre e altro ancora, mentre i delfini non avevano concluso gran che nel loro elemento, l’acqua, se non divertirsi. Per contro i delfini avevano sempre creduto di essere molto più intelligenti dell’uomo, proprio per le stesse ragioni”.

N.B.

Le 2 foto sono emblematiche dell’involuzione, a mio parere, del genere umano. 

La prima riproduce una moneta d’argento coniata a Siracusa nel 480 A. C. in onore della sposa del tiranno Gelone, su un lato è riprodotta la testa di Aretusa cinta da una corona di lauro e circondata da 4 delfini.La seconda ci mostra un pescatore cileno in posa per la foto con il delfino che ha ucciso.

 

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