LA CITTADINANZA ITALIANA

Qualche giorno fa il capo dello stato Giorgio Napolitano ha auspicato che la cittadinanza italiana venga presto riconosciuta a tutti i minori nati in Italia, quindi anche ai figli degli extracomunitari che nascono in Italia. La proposta ha ricevuto il consenso della maggioranza delle forze politiche, tranne la Lega che ha protestato, tra gli altri, con la voce del senatore Sandro Mazzatorta (che è anche sindaco di Chiari) «Oggi gli extracomunitari residenti nel nostro paese godono di tutti i diritti civili riconosciuti al cittadino italiano – afferma o Mazzatorta – per effetto anche di una serie di pronunce della giurisprudenza amministrativa e della Corte Costituzionale che hanno ampliato a dismisura la sfera dei diritti da riconoscere ad ospiti temporanei nel nostro paese, quali sono tecnicamente gli extracomunitari dotati di un permesso di soggiorno». Mazzatorta ricorda come la Lega «si è sempre opposta, quando era in maggioranza, a qualsiasi iniziativa legislativa che modificasse le regole di attribuzione dello status di cittadino; a maggior ragione ci opporremo, oggi, che siamo unica forza di opposizione in questo governo anomalo a qualsiasi proposta tendente a semplificare o modificare i criteri di attribuzione della cittadinanza».
Ma cos’è la cittadinanza? La cittadinanza italiana è la condizione della persona fisica (detta cittadino italiano) alla quale l’ordinamento giuridico dell’Italia riconosce la pienezza dei diritti civili e politici.
I principi teorici in base a cui si può ottenere la cittadinanza sono lo jus sanguinis (diritto di sangue), in base a cui acquistano la cittadinanza i figli di chi è cittadino, e lo jus soli (diritto in base al territorio), per cui acquistano la cittadinanza tutti coloro che nascono nel territorio dello stato. Non tutti gli stati adottano lo stesso principio per cui può accadere anche che ci siano bambini che, nascendo, non acquistano cittadinanza (gli apolidi); è , per esempio, il caso di un bambino, figlio di cittadini di uno stato per cui la cittadinanza si acquista in base allo jus soli, che nasce all’estero in uno stato in cui al cittadinanza si acquista in base allo jus sanguinis.
La cittadinanza italiana è attualmente basata principalmente sullo jus sanguinis.
Infatti la cittadinanza italiana si può acquisire:
1) automaticamente, secondo lo ius sanguinis (per nascita, riconoscimento o adozione, da anche un solo genitore cittadino italiano), oppure secondo lo ius soli (solo nati in Italia da genitori apolidi);
2) su domanda, secondo lo ius sanguinis (vedi sotto) o per aver prestato servizio militare di leva o servizio civile;
3) su domanda, per esser nati in Italia (da genitori non cittadini italiani) e avervi risieduto ininterrottamente fino al compimento della maggiore età (ius soli);
4) per naturalizzazione, dopo dieci anni di residenza legale in Italia, a condizione di assenza di precedenti penali e di adeguate risorse economiche; il termine è più breve per ex-cittadini Italiani e loro immediati discendenti (ius sanguinis), stranieri nati in Italia (ius soli), cittadini di altri paesi dell’Unione europea, rifugiati e apolidi;
5) per matrimonio con un cittadino italiano, dopo due anni di residenza legale in Italia o dopo tre anni di matrimonio se residenti all’estero (termini ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi), a condizione di assenza di precedenti penali. Le cittadine straniere che hanno contratto matrimonio con un cittadino italiano prima del 27 aprile 1983 acquisivano automaticamente la cittadinanza italiana.
La legge più recente che regola la cittadinanza italiana è la legge n. 91 approvata il giorno 5 febbraio 1992, che stabilisce che è cittadino per nascita:
a) Il figlio di padre o di madre cittadini;
b) chi è nato nel territorio della Repubblica se ambo i genitori sono ignoti o apolidi, o se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori, secondo la legge dello Stato di questi (art. 1, comma 1).
Per il comma 2º, è cittadino per nascita il figlio d’ignoti trovato in Italia, se non si prova il possesso di un’altra cittadinanza. È importante l’art. 3, che riproduce, parzialmente, il testo dell’art. 5 de la legge n. 123 del 1983, in quanto considera cittadino il figlio adottivo, anche straniero, di cittadino o cittadina italiani, anche se nato prima della sanzione della legge. Cioè ha stabilito, espressamente, la retroattività per questa situazione.
Leggi successive al 1992 hanno modificato l’accesso alla cittadinanza estendendolo ad alcune categorie di cittadini che, per ragioni storiche e collegate agli eventi bellici, ne erano rimaste escluse.
Si è anche spesso discusso su una riforma della legge sulla cittadinanza in senso più favorevole per gli immigrati extracomunitari, che attualmente possono richiederla solo dopo aver trascorso 10 anni nel territorio della Repubblica. In questi giorni il presidente Napolitano ha riaperto la questione che, certamente, affronta un grande problema di civiltà.
   
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