LA BUONA SCUOLA E LA PRETESA DELLA POLITICA

Il dibattito culturale e politico in corso sulla Grande Riforma della Scuola Pubblica statale è finito in un labirinto cieco sia per i reciproci veti e  pregiudizi che per effetto di un grande equivoco e di una confusa presupposizione culturale di partenza. Si tratta della pretesa insistente della Politica, nella sua espressione molteplice di governo e di opposizione, sociale,sindacale e professionale, a volersi intestare non solo le condizioni di un processo materiale,finanziario e infrastrutturale di sfondo della Scuola Pubblica statale, ma anche di volerne normativizzare il processo  della educazione e della formazione professionale e civile a colpi di decreti delegati.Continua inoltre a calare una nebbia fitta sul significato di buona scuola e sullo scopo a partire dai requisiti costituzionale della libertà di insegnamento e dai doveri dello Stato democratico per il diritto allo studio e il diritto al lavoro e per la promozione della ricerca scientifica a finalità di bene comune. La buona scuola pubblica statale non nasce bene ne cammina nell’autonomia di merito e servizio se continua la spaccatura verticale e orizzontale delle forze responsabili e competenti.La buona scuola non cammina bene se è imbrigliata e soffocata da un burocratismo etero diretto.D’altronde la buona scuola ci rimanda alla buona paideia che nel nostro caso non può venire dall’alto del Ministero ma dall’autonomia spirituale e democratica delle comunità scolastiche di base e dal loro protagonismo culturale,pedagogico,metodologico e didattico. Non mira piattamente ad obiettivi aziendalistici ma a processi di socializzazione lavorativa e professionale  di abilità e competenze polivalenti e di continuo aggiornamento e qualificazione specie in questo tempo di tumultuose trasformazioni e di rapida obsolescenza della cultura di azienda e di lavoro.Bisogna interrompere finalmente la dipendenza e la colonizzazione delle scuole dal Superiore Ministero e avviare finalmente la costruzione di una rete virtuosa di impegno,sperimentazione e innovazione. Non porta lontano l’autoritarismo camuffato e strisciante del riformismo dall’alto dei governi di tutti i colori politici e delle varie culture  di riferimento e  di parte che pretendono di dirigere e cambiare la Scuola con l’imperio del Potere e la coazione della legge specifica. E’ con una funzione efficacemente democratica che si può attuare un processo riformatore nella fedeltà al dettato costituzionale. Non nasce né cresce né porta ad uno obiettivo significativo se omette o mortifica la lettera e lo spirito degli articoli 33,34  riguardante la caratteristica della libertà dell’insegnamento,della cultura e della ricerca come  anche del diritto allo studio e al lavoro. Così non nasce ne’ progredisce in qualità di istruzione,formazione e capacità educante se continua il vizietto della delegittimazione della scuola pubblica statale e non statale che si continua a demonizzare bollandola di finalità private. Non si può non apprezzare lo sforzo del Governo Renzi di investire somme così cospicue nel servizio pubblico della formazione e dell’istruzione nella scuola statale poi, superando la stanca,annosa e anacronistica contrapposizione tra due strutture di servizio pubblico scolastico precise a livello identitario e differenziate a livello teleologico. La buona scuola è in atto una speranza,un nodo paradigmatico da sciogliere democraticamente. Non certo una azienda da rendere più efficiente e alienante come un parcheggio a pagamento in termini di costi e benefici di servizio,magari con un Dirigente scolastico sostanzialmente autoritario e prevaricatore come un panopticon. Il nome del Capo di Istituto compreensivo forse era meno imperativo quello di una volta,il caro Preside,che agiva come un buon Padre di famiglia e garantiva la qualità e la finalità istituzionale con una capacità di indirizzo,di guida e di sostegno. Egli assicurava la disciplina,la regolarita’ del funzionamento e lo stimolo alla funzione educativa e docente dei suoi professori.(cf.Elogio del Superpreside di Paola Mastrocola in Sole/24 ore,31 maggio 2015-p.40).Forse sulla qualità meritocratica minimale della Riforma del Governo Renzi sono significative e pertinenti tra le tante dei diversi quotidiani e settimanali le interessanti considerazioni sulla politica di gestione del rapporto tra merito e scuola.(cf.Se l’inclusione produce esclusione di Luca Ricolfi in Il Sole/24 ore del 24 maggio 2015 p.1).Scrive Ricolfi che l’opposizione dura e forte al progetto di Buona Scuola è di tipo burocratico assistenziale e riguarda la politica del precariato docente e l’intenzione di voler innalzare istruzione e qualità con un nuovo sistema di valutazione secondo il metodo Invalsi.La politica della sistemazione dei precari è indicata dal Governo in una direzione di gradualità di spesa e di ricorsi ai concorsi regolari e periodici.I sindacati vorrebbero maggiori stanziamenti con soluzioni totali e definitive. E’ in gioco il peso politico ed il ruolo determinante della forza di condizionamento e di partecipazione del Sindacato alla decisione finale del progetto di governo.E’ uno scontro di metodo e di merito fra opposte visioni e concezioni. Il dialogo potrebbe fare avvicinare le distanze.L’altro aspetto della contesa riguarda l’insistenza sia nei governi precedenti che nell’attuale di procedere all’innalzamento della qualità e della produzione del sistema scolastico pubblico di indirizzo statale con un costoso ed elefantiaco apparato di cosiddetta autovalutazione che privilegia la complessa analisi ed entra a tre gambe sulla attività docente e ne delegittima di fatto il ruolo e l’identità professionale e sociale come un riedito tribunale di inquisizione laica,per così dire.E’ chiaro che una scuola senza soldi,senza docenti pagati dignitosamente,almeno come i loro colleghi d’oltre alpi e senza strutture didattiche e di ricerche adeguate non può dirsi buona e valida. La buona scuola è come è noto un mito antico di cultura e di tentativi riformatori. Basti indicare nel campo cattolico “Lettera ad una professorezza” della Scuola di Barbiana di Don Lorenzo Milani e nel campo laico “Scritti Corsari” di Pier Paolo Pasolini con i contributi nella prassi di governo dei Ministri Berlinguer e     

E’ evidente che questa utopia del merito di tutti e di ciascuno  parte dall’uguaglianza delle opportunità di società e si sviluppa attraverso programmi scolastici e sociali di decondizionamento e di offerte formative adeguate allo specifico bisogno nell’ottica della valutazione ottimale di possibilità e di riuscita dell’alunno. Bisogna chiarire che la rivoluzione culturale della parola e dell’istruzione nasce in un clima motivato ed educativo e non dalla mortalità scolastica sancita da giudizi sommari e pregiudizi sugli alunni e la loro provenienza sociale. Per la storia particolare del nostro Paese dalla fondazione della Repubblica democratica ad oggi si deve precisare che la Scuola pubblica non è un non luogo,un campo di lotta e di scontro senza fine tra opposte culture ed opposti estremismi di finalità e di metodo,tra il furore del laicismo e la prevaricazione confessionale del clericalismo e dell’integrismo,ma è un luogo di coeducazione e di convivenza democratica,di dialogo serio e di impegno culturale e didattico nel quale la materia fondamentale è la proposta educativa forte del valore insostituibile e prospettico della laicità della Scuola e dell’insegnamento nel servizio pubblico di istruzione e di formazione culturale e civile.La buona scuola lievita maturità di persone libere,coscienti e dialogiche sulla traiettoria della civilizzazione mediante un nuovo umanesimo fraterno e solidale come patrimonio di libertà e dignità degli uomini a livello globale e locale. La buona scuola forma alla qualità di merito sino all’eccellenza per quanto riguarda la culturaE la qualità professionale,competente e rigorosa anche con stages e seminari ma non trascura di mirare alla virtu’ dell’onesta’ dell’essere.del fare e del vivere specie in un Paese dalla corruzione selvaggia e pervasiva,nella terra per giunta delle mille mafie e della guerra per bande armate tra opposte tribù.

La buona scuola è immersa nella storia con il progetto di lavorare per la civiltà della scienza,della tecnica e della Fede e della ricerca scientifica per il bene comune della vita sociale,della salute e della economia di sviluppo e di progresso,spirituale,sociale e politico in condizioni di Pace e di non violenza. Forse la proposta più utile e costruttiva per superare l’impasse del labirinto cieco è quella di aprire gli occhi ,la mente ed il cuore all’interesse generale dell’Italia e delle nostre città ritrovando il sentiero della convergenza e dell’incontro di merito e di scopo. Si tratta di scommettere tutti sulla libertà dell’insegnamento,sulla comunità scolastica educante secondo i decreti delegati e su un sistema non costoso di vera di vera autovalutazione stimolata .In questo caso è più utile e serio dare in appalto a diversi centri di ricerca qualificati la indagine sulla qualità della scuola di livello,ricercando punti di forza e di debolezza da offrire come materiale di riflessione e di dialogo ai docenti,alle famiglie,ai capi di istituto e alla collettività civile. Il miglioramento del servizio scolastico pubblico statale e non sarebbe affidato alla mobilitazione interiore e culturale dei docenti e degli organi collegiali. Infine è saggio ripetere che la Scuola non  la fanno i Ministri ma i Maestri,cioè gli educatori dello spirito e del cuore  della nuova classe dirigente del Paese. Dalla fretta e dalla guerra di trincea non può nascere una vera buona scuola e un clima educativa e sociale di costruzione.La sfida che il nostro Paese e la nostra scuola pubblica si trova ad affrontare in questo passaggio di secolo è l’umanesimo nuovo per attraversare l’indifferenza dell’individualismo e la morte dei valori primari del sistema democratico in quanto tale.

Luciano Nicastro – filosofo e sociologo

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