KAMARINA A RAGUSA. OTTIMA INIZIATIVA DELL’ARCHEOLOGO DISTEFANO

La notizia è nota ai più: il sindaco di Ragusa Emanuele detto Nello Dipasquale ha concesso un locale del Palazzo INA di Piazza San Giovanni al Parco archeologico di Kamarina, rappresentato dall’archeologo professore Giovanni Di Stefano.

Appare evidente la grande valenza della iniziativa municipale. Per diversi aspetti, su tutti quello culturale che, dalle nostre parti, si traduce (o dovrebbe tradursi) anche in flusso turistico e quindi economico.

 

Ma anche altri motivi inducono a salutare e plaudire l’accordo tra i due enti. Tra gli altri motivi, quello che potremmo definire storico, ed un secondo, che potremmo definire antropologico e sociale. Il primo, quello storico: nell’area iblea l’archeologia è molto sviluppata, e per tre motivi: c’è tanta roba sottoterra; c’è stata e c’è una grande tradizione scientifica (Paolo Orsi, Nino Di Vita, Paolo Bernabò Brea, Paola Pelagatti e Giovanni Di Stefano); c’è stata e c’è una ampia compagine di “dilettanti” che sono ad alto livello scientifico (Pennavaria, Sortino Trono, Gurrieri, Bellina ed altri che mi scuseranno se non posso citarli). Il secondo motivo, quello antropologico: il maggiore è più conosciuto archeologo ibleo, Giovanni Di Stefano, è da tutti apprezzato (per la sua ormai trentennale attività scientifica e soprattutto di tutela del territorio) e da molti disprezzato (per il suo essere eccessivamente rigido e perché nei confronti di altri, più giovani archeologi, è sovente poco incline alla collaborazione, insomma, come si dice a Verona, “i mmazza nta naca”).

 

Giovanni Di Stefano proviene da una normalissima, diremmo popolare famiglia ragusana. Esattamente come il sindaco Di Pasquale che, per nulla colto e propenso alla cultura, è però oltremodo intelligente e soprattutto navigato, tanto da capire che concedere una stanzetta del Palazzo INA al Parco di Kamarina significa fare cosa intelligente sul piano politico, amministrativo, ed anche, cosa che non guasta mai, sul piano della “immagine”, nel senso di ottima pubblicità nei suoi confronti. Di Stefano e Dipasquale sono figli del popolo, tipici self-made man che hanno raggiunto i vertici nei loro rispettivi campi (ad essere onesti, Di Stefano dovrebbe, e prima o poi a Palermo dovranno convincersi, diventare Soprintendente, mentre Dipasquale diventare deputato).

 

Intanto, ci teniamo l’avamposto kamarinese sull’altopiano. Praticamente quello che fecero i siracusani quando fondarono Kamarina per circondare i siculi, indigeni dell’entroterra. E così sembra quella di Di Stefano, una manovra di accerchiamento dal mare ipparino verso l’altopiano, a “circondare” quella Soprintendenza di Piazza Libertà che sonoramente sonnecchia tra una lottizzazione e un ufficio al posto di un cinema storico.

                                                                                                                   

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