È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
INVITO A LEGGERE MEGLIO LA PROPOSTA DI LEGGE
27 Mag 2013 10:47
Gentile Direttore, ho letto la conclusione del suo editoriale di ieri che fa riferimento a una mia proposta di legge. Le scrivo per confermarle che tra le quattro affermazioni ivi contenute due effettivamente trovano riscontro nella realtà. Per le altre invece devo segnalarle che un grave errore di valutazione e di analisi l’ha indotta a fornire due notizie sbagliate in due righe. Partiamo da ciò che è correttamente riportato nell’articolo. È vero che ho presentato una proposta di legge per rivedere il sistema di indennità dei parlamentari nazionali. È altresì vero che propongo di farlo convergere verso il sistema in uso presso il Parlamento Europeo. Sbagliate – quando si parla di cifre occorre talvolta usare parole chiare – sono al contrario le conclusioni cui lei giunge dicendo “che l’indennità netta passerebbe da 5.000 a 6.200 euro netti”, così come sbagliate sono le previsioni per cui, a suo dire, “anche i gettoni di presenza si adeguerebbero a parametri più elevati”. Vediamo perché è così. La proposta, come riporta il testo di presentazione anch’esso depositato alla Camera, “si pone l’obiettivo di perseguire una politica di razionalizzazione del meccanismo indennitario vigente, inducendo un generale ripensamento del complessivo sistema di indennità, rimborsi spese e diarie di cui godono
attualmente i parlamentari italiani. Tale sistema, mai come oggi, appare bisognevole di un cambiamento ragionato, soprattutto in considerazione della complessa situazione economica e finanziaria italiana”. Prima di entrare nel merito, mi consenta una considerazione di buon senso. Ma le pare che, a partire da questa premessa, avrei potuto poi proseguire elaborando una norma che aumentava le indennità? Ovviamente no. Ed ecco cosa ho scritto nell’articolo sulle indennità: “L’indennità spettante, a norma dell’articolo 69 della Costituzione, ai membri del Parlamento per garantire il libero svolgimento del mandato è regolata dalla presente legge ed è di importo pari all’indennità spettante ai membri del Parlamento europeo, aggiornata in base al relativo meccanismo di indicizzazione. Dunque, l’indennità del Parlamentare Europeo è di 7.956,87 euro. Quella del parlamentare italiano è di 10.435 euro. Ne deriva che se l’indennità passa da 10.435 a 7.965,87 diminuisce e non aumenta. Aggiunga poi che mentre sul lordo europeo gravano imposte ridotte per statuto comunitario, su quella italiana l’imposizione resterebbe, naturalmente, quella del nostro Stato sovrano. Conclusione? L’indennità netta che oggi è di circa 5.000 euro scenderebbe a circa 3.900 euro. Non è azzardato a questo punto affermare che la proposta conduce a una diminuzione significativa della indennità attualmente vigente. Ma perché lei così attento ha commentato dando numeri sbagliati? Per almeno due motivi: – forse non ha letto la premessa alla mia proposta di legge; – forse non ha letto con l’ausilio di un esperto l’articolo 1 che parla dell’indennità (chiunque le avrebbe rapidamente segnalato che il rinvio da norma a norma non poteva che riferirsi al lordo percepito dai parlamentari europei).
Può capitare. Ovviamente, caduto il capo d’accusa principale, cade anche la sua seconda affermazione “di conseguenza anche i gettoni di presenza si adeguerebbero a parametri più elevati”. Non è così perché l’attuale diaria di 3.503,11 euro nella mia proposta sarebbe sostituita da una diaria di 304 euro per giornata di lavoro in Parlamento. Ciò implicherebbe che, nell’ipotesi di quattro giorni di lavoro di aula e commissione, al netto dei periodi di ferie e di stop elettorale (ipotesi per di più mai realizzata e non ulteriormente espansibile visti gli impegni nei collegi), si andrebbe a compensare solo parzialmente il taglio fatto sulle indennità peraltro a tutto vantaggio della produttività senza aggravio di costo per la spesa pubblica. Una sola cosa della mia proposta farebbe spendere in più allo Stato. Mi riferisco alle risorse destinate a favore del personale e dei collaboratori che nella previsione europea godono di ampie garanzie economiche e tutele piene, mentre, purtroppo, in Italia sono vittime di un rapporto non sempre chiaro per via di una normativa assolutamente datata. Dai mie calcoli questo aumento di costo, peraltro comprimibile, sarebbe comunque inferiore alla somma dei tagli che la mia proposta suggerisce, incidendo difatti su tante altre voci e rimborsi che in Europa non sono riconosciuti. Ma di questo si è occupato (con una tabella in cui le somme sono esatte ma i numeri sono sbagliati) sempre sulle pagine di Libero Franco Bechis al quale va un affettuoso invito a leggere meglio le proposte di legge e a sviluppare un’attenta valutazione dei concetti di lordo e di netto in relazione a differenti sistemi fiscali. Ma queste son cose che possono capire al volo solo i dottori commercialisti. Categoria alla quale, mio malgrado, io appartengo e Bechis no. Cordialmente,
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