INCONTRO DIBATTITO A POZZALLO TRA I RAPPRESENTANTI DEL MOVIMENTO DEI FORCONI ED I CINQUE CANDIDATI ALLA CARICA DI SINDACO

I candidati alla carica di sindaco da una parte. Cioè la politica locale. Infarcita di buoni propositi. In qualche caso inutilmente autoreferenziale. Certamente disarmata rispetto alle problematiche sollevate. I Forconi dall’altra. Cioè la protesta sacrosanta e disperata, arrabbiata, provocatrice, ma anche lucida e razionale. Con qualche spruzzatina di inevitabile populismo. Difficile in una situazione di questo tipo trovare dialogo e punti di incontro. Protagonisti del dibattito, organizzato nello Spazio Cultura “Meno Assenza”, i sindaci in pectore Emanuele Pediliggieri, Roberto Ammatuna, Luigi Ammatuna, Giovanni Manenti, Raffaele Monte ed i rappresentanti dei Forconi Mariano Ferro, leader del Movimento ed Aldo Bertolone, coordinatore provinciale. In sala il pubblico delle grandi occasioni.

Moderatore il collega Michelangelo Barbagallo. Di poteri forti, disfacimento della organizzazione sociale, progetti dei candidati che cozzano con un sistema di governo alla deriva, ha parlato nel suo intervento introduttivo Aldo Bertolone. Che ha concluso con l’invito rivolto ai presenti  di recarsi alle urne in occasione delle elezioni amministrative del 6 e 7 maggio e di rendere nulla la scheda per ricordare alla politica e alle istituzioni il disagio di intere categorie di lavoratori e di migliaia di padri di famiglia in rovina. Di parere contrario, ovviamente, i candidati in corsa per la poltrona di sindaco. Pur condividendo, con sfumature e motivazioni diverse, i contenuti della protesta, hanno preso le distanze dal non voto. O meglio dal voto usato come messaggio di rottura con la democrazia. Che si realizza, non potevano non ribadire, con il mandato rappresentativo.  A parte qualche divagazione di troppo, le risposte degli aspiranti alla poltrona di sindaco ( in un paio di occasioni il pubblico in sala ha dissentito platealmente) sono apparse evasive e deboli. Difficile, in verità,  raccogliere la provocazione di Bertolone. A questo punto Mariano Ferro, voce e gestualità di capopopolo lucido e convinto, ha rilanciato con vigore.

“Tasse e balzelli vari – ha detto – ci hanno messo in ginocchio. E lo Stato continua imperterrito a contare i morti per suicidio. Morti di Stato? Già li chiamano così. Di fronte a questa tragedia non possiamo accettare la risposta che i Comuni non possono fare niente e che l’imposta sulla casa va comunque pagata, diversamente il sindaco della città finisce in guai giudiziari. Rispondere in questo modo significa non avere capito che siamo arrivati ad un punto di rottura insanabile, per cui occorre uscire da comode posizioni ordinarie ed assumere iniziative alternative, coraggiose, rivoluzionarie. Un vero primo cittadino deve scendere in trincea con noi. Deve interpretare i bisogni della gente, imboccando, se necessario, la strada della disobbedienza civile, rischiando quello che c’è da rischiare. Un sindaco che sta a guardare mentre noi stiamo perdendo aziende, lavoro e casa, é complice delle malefatte di  Stato”.

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