IN RICORDO DELLE FOIBE A RAGUSA

RAGUSA – Già lo scorso gennaio avevamo fatto notare che la città, con in testa le autorità, aveva dimenticato ricorrenze e anniversari importanti, dal terremoto del 1693 alla giornata della memoria (anche se poi per fortuna il prefetto ha organizzato un appuntamento), al decennale Unesco che toccava da vicino la provincia iblea. Avevamo anche detto che il 10 febbraio ci sarebbe stato anche l’anniversario delle Foibe. C’eravamo chiesti se anche questa ricorrenza fosse passata sotto silenzio. Tanto tuonò, che piovve, si potrebbe dire. Perché è andata proprio come avevamo immaginato. Nessuna iniziativa pubblica. Per questa ragione come Youpolis abbiamo deciso di organizzare una nostra iniziativa che è naturalmente aperta a tutta la cittadinanza. Domani pomeriggio, 10 febbraio ore 15, ci ritroveremo dinnanzi la lapide dedicata alle Foibe, situata sul prospetto esterno del Comune, in corso Italia, per svolgere una semplice cerimonia. Metteremo dei fiori, apporremo uno striscione, e poi alcuni momenti di riflessione oltre alla lettura di una nota storica che ricostruire la vicenda, di una poesia. Ci sarà qualche intervento. Una cerimonia semplice tesa a non dimenticare anche questa ricorrenza istituita dal Parlamento italiano nel 2005 come “la Giornata del ricordo delle vittime dei massacri delle foibe e dell’esodo dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia. Le Foibe sono cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo. E’ in quelle voragini dell’Istria che fra il 1943 e il 1947 furono gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani. Una vicenda che, insieme all’olocausto, rappresenta una delle pagine più nere della nostra storia e che rischiava di essere dimenticata perché non vi è quasi nessuna traccia di questa tragedia sui libri di storia. Il nostro vuole essere un ulteriore  momento di riflessione per non dimenticare le violenze perpetrate per motivi etnici e politici ai danni di migliaia di italiani e le oltre 350 mila persone costrette ad abbandonare le proprie case e le proprie terre all’indomani della fine della seconda guerra mondiale solo perché cittadini italiani.

 

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