IMPRONTA ECOLOGICA E DECLINO DELLA BIODIVERSITÀ

 

Il WWF ha pubblicato per il 2014, il dossier biennale Living Planet Report.

In esso sono descritti i dati relativi all’enorme aumento dell’impronta ecologica (quell’insieme di parametri che misurano quanta Natura letteralmente “consuma” l’uomo) e alla crescente perdita della biodiversità che sta investendo tutti gli ecosistemi del nostro pianeta.

 

Donatella Bianchi, Presidente WWF Italia: «La nostra è una chiamata urgente all’azione, non possiamo più aspettare. La biodiversità è una parte cruciale del sistema che sostiene la vita sulla Terra oltre che il barometro di quello che stiamo facendo alla Terra, la nostra unica casa. Abbiamo la necessità urgente di agire in tutti i settori della società per costruire un futuro più sostenibile».

 

Gli ecosistemi sono seriamente minacciati e danneggiati dalla inarrestabile perdita di biodiversità e dalla ormai insostenibile impronta ecologica;  questi parametri, grazie a nuovi metodi di indagine, di contro però ci permettono di trovare nuove strategie per invertire tali tendenze e ci danno la possibilità di formulare nuove soluzioni a questi problemi.

 

Nel Rapporto leggiamo che dal 1970 ad oggi le popolazioni di Vertebrati (Mammiferi, Uccelli, Rettili, Anfibi e Pesci) sono diminuite più della metà (il 52%). Gli squilibri degli ecosistemi hanno avuto maggiori ripercussioni sulle specie d’acqua dolce (soprattutto delle zone tropicali) che hanno subito perdite incredibili del 72%.

 

L’instabilità degli ecosistemi introdotta da diversi fattori quali inquinamento ed inoltre pesca di frodo, caccia, bracconaggio sommati agli effetti dei cambiamenti climatici repentini, hanno portato e stanno portando all’estinzione molte specie. La perdita di biodiversità presenta livelli di criticità ormai a livello di ogni habitat.

Nel Report si dimostra il ruolo chiave delle riserve nelle quali la biodiversità viene efficacemente  salvaguardata; infatti il declino delle popolazioni di fauna selvatica in tali aree è inferiore alla metà rispetto alle aree non protette.

 

Gianfranco Bologna, Direttore scientifico del WWF: «E’ allarmante il livello raggiunto dalla perdita di biodiversità e i danni provocati agli ecosistemi essenziali per la nostra stessa esistenza. Questi danni non sono inevitabili ma costituiscono una conseguenza del modo che abbiamo scelto di vivere. Sebbene il rapporto mostri come la situazione sia critica vi sono ancora spazi per la speranza, ma è necessario non perdere altro tempo. Per proteggere la natura è necessaria un’azione incentrata sulla conservazione attiva, la volontà politica e un chiaro e significativo supporto da parte delle imprese».

 

Stiamo letteralmente “divorando” il Pianeta. Viviamo consumando più del doppio delle capacità rigenerative naturali dello stesso; in una parola viviamo in modo «insostenibile», come se avessimo due pianeti Terra da sfruttare.

 

«L’ Overshoot (il “sorpasso”) ecologico è la sfida che definisce il XXI secolo. Quasi tre quarti della popolazione mondiale vive in paesi in serie difficoltà, con un deficit ecologico unito a un basso reddito. La crescita di domanda di risorse naturali chiede che ci concentriamo su come migliorare il benessere umano attraverso meccanismi diversi da quelli mirati alla continua crescita» spiega la d.ssa Bianchi.

 

Magra consolazione campanilista, almeno per una volta l’Italia non figura ai primi posti in una  “classifica negativa”; i Paesi con più alta impronta ecologica sono Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Danimarca, Belgio, Trinidad e Tobago, Singapore, Stati Uniti d’America, Bahrein e Svezia … alcuni proprio insospettabili come i virtuosissimi scandinavi.

 

“Peccato” che il problema sia globale e non conosce netti ed arginabili confini nazionalistici. Finché i Paesi del mondo non decideranno seriamente di invertire la rotta, fino ad allora purtroppo la strada verso il punto di non ritorno sarà (forse) irrimediabilmente tracciata.

 

Il Rapporto ci dice che i cambiamenti climatici e la cattiva gestione del suolo contribuiscono ad aumentare le carenze alimentari.

Quindi è di fondamentale importanza che alla Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici che si svolgerà a Parigi nel 2015 i Paesi raggiungano un accordo su una riduzione significativa delle emissioni di CO2. La speranza è che tutto non finisca come le volte precedenti: molte promesse (non mantenute), rinvii, defezioni e i soliti favori alle lobbies.

 

«I risultati del rapporto 2014 mostrano in modo chiaro, come non si è mai verificato prima d’ora, che non possiamo permetterci più di perdere tempo. E’ essenziale cogliere l’opportunità, finché siamo in grado di farlo, di sviluppare soluzioni sostenibili e creare un futuro dove potremo vivere e prosperare in armonia con la natura» conclude la d.ssa Bianchi.

 

 

                                                                                

 

 

 

 

 

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