IL VIAGGIO NEL VIAGGIO

Chi meglio degli ambulanti del Tesino, in questo caso, sono stati per strada verso Paesi nuovi? E in tempi in cui i viaggi ricordavano che “partire è un po’morire”, tanto da fare testamento prima di ogni partenza? Il motto non valeva certo, inizialmente, per i piccoli venditori in giro per l’Europa!

Gli ambulanti del Tesino, come altri del Trentino, provenivano da situazioni di povertà, di quotidiana sopravvivenza. Appartenevano a una società di contadini, boscaioli e pastori che nell’area alpina seguiva le stagioni e il loro scorrere. Imparavano i mestieri che erano stati dei genitori, dei nonni e di chi li aveva preceduti: uguali i gesti, la fatica, i materiali, la filiera, i processi di lavorazione. Uguali i luoghi: stalle, orti, campi, malghe, pascoli in quota e casere, prati erti, fienili, boschi, vie erbose e siti per la transumanza…Uguali i tempi nell’arco dell’anno per la preparazione della campagna, la semina, il raccolto, e poi per la trasformazione delle materie prime in prodotti da conservare e consumare con parsimonia, da far durare fino all’anno successivo…

Compiuto questo ciclo di lavori stagionali e prossimi all’inverno, e al relativo riposo costretto dalla neve e dal gelo sui campi, arrivava il momento di andare per via: ambulanti lontani da casa per tutta la “stagione morta”, che tornavano in tempo per iniziare il lavoro nei campi a primavera.

 

Ecco che gli uomini giovani -nostri emigranti stagionali della fine del 1600- partivano, carichi di mercanzia, racchiusa nella cassela, sorta di valigia di legno: dapprima stampe d’immagini sacre dei Remondini di Bassano, calendari, almanacchi, vedute di città, cartine geografiche, libri…verso le corti e le piazze delle capitali d’Europa. Un’esperienza eccezionale: imparavano a leggere e scrivere per mantenere i contatti con le famiglie e le lingue straniere dei Paesi che attraversavano. Vedevano sfilare davanti agli occhi nuovi modi di vivere, differenti da quelli chiusi e limitati entro l’arco dei monti familiari. Al rientro, sapevano ben parlare e avevano da raccontare la cronaca  del loro essere perteganti –camminatori. Con immagini figurate arricchivano le narrazioni popolari di: “castelli di musica, tavole imbandite di cibi in abbondanza, stanze di libri, case illuminate a giorno, saloni da ballo” e lusso, fatti, e feste e Natali cittadini e ricchi, inimmaginabili per chi era rimasto sempre fermo sull’alpe. Portavano novità nei regali per le madri, spose, sorelle: scialli e tessuti dall’Est Europa, dalla Francia e le Fiandre, Spagna e Germania …; gioielli di corallo, granate, ambra…

 

E via via quegli ambulanti si facevano più forti e sicuri nell’ampliare le loro offerte commerciali: migliorarono, produssero “stampe fini” in proprio, sostituendo le iniziali stampe di santi dei Remondini, un poco rozze e semplici, che vendevano ai contadini…Per l’imprenditorialità di talune famiglie del Tesino: i Fietta, i Buffa, i Zanna, gli Avanzo e i Tessari, il mercato si fece attento ai gusti del pubblico borghese e nobile, e produssero xilografie, acqueforti e litografie. La famiglia più intraprendente, che con questo mestiere fece fortuna, fu quella dei Daziaro. Costruì un impero aprendo negozi di lusso a Mosca, S. Pietroburgo, Parigi e Varsavia. Per quello che riguarda le immagini, poi, le cromolitografie e oleografie edite dalla ditta May di Francoforte furono le ultime stampe a essere vendute dagli ambulanti tesini, fino ai primi del 1900, quando l’emigrazione stagionale si era oramai trasformata in emigrazione di mestiere.

 

Interessante sapere che i Tesini per fare i venditori girovaghi, dovevano essere muniti di: “una fede di sanità, una patente di giro, un passaporto”, concessi solo se il Comune natio certificava la loro “lodabile condotta  morale e politica”, e che furono gli unici in tutto l’Impero Asburgico ad avere la concessione, da Maria Teresa d’Austria prima e dai suoi successori poi, per esercitare il commercio girovago. Questo, perché le stampe erano soggette a censura e dovevano rispettare i canoni dell’Autorità, quindi di “lezioni di buona filosofia”: immagini per pregare, sorridere e sognare.

Il Museo degli ambulanti ha sede in un’antica casa ristrutturata, a Pieve Tesino in Valsugana ed è innovativo sotto ogni aspetto. Si pone in modo avvincente agli sguardi dei visitatori, piccoli e grandi, in un susseguirsi di espedienti espositivi accattivanti e interattivi: la scoperta di quel mondo, le conoscenze e gli apprendimenti non si dimenticano più. Ci sono micro ricostruzioni dei negozi dei Daziaro, in vetrina, sotto lente d’ingrandimento, come un mondo di bambole da scrutare: ambienti che suggeriscono fin nel dettaglio lusso e opulenza, eleganza di velluti e oggetti costosi, nel contesto di vaste piazze prestigiose della Russia -ripresa, in quadri, ritratti, paesaggi e costumi, mappe. Fra l’altro, coinvolgente è anche la presentazione digitalizzata di una giornata tipo nella casa. E in una stanza -quasi un bistrò– si osserva come sulla strada, ma dentro grandi video, la storia, la simbologia e la trasformazione del fenomeno dell’ambulantato. E stampe, matrici e quant’altro, completano la collezione museale con i costumi tradizionali del  Tesino.

 

Durante la visita al Museo, ci si trova così in viaggio nel viaggio: passi diversi, fatiche e pensieri differenti quelli degli ambulanti, lontanissimi dai nostri di ora, ma lungo le strade che portano, fondamentalmente, all’espressione e alla realizzazione delle capacità caratteriali e intellettuali dell’uomo, che sopravvive, interagisce e supera l’ambiente difficile in cui è nato, se pure quell’ambiente resta la radice ispiratrice o la nostalgia dentro la sua anima. Concetti e sentimenti che tuttora vigono, e sono speranza per chi mette in gioco la sua vita, per il diritto a una migliore.                                                                                                                     

 

 

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