IL REINSERIMENTO NELLA SOCIETÀ

Ultimamente mi capita spesso di sentire parlare di recupero dei detenuti e reinserimento degli stessi nel tessuto sociale, di accompagnamento di queste persone da parte dei servizi sociali o di cooperative che vorrebbero partecipare a questo progetto. Tutto questo e veramente lodevole e molto altruista perché se si toglie la speranza del poter costruire con la propria condotta in un pur sorvegliato reinserimento in tempi credibili resta solo la disperazione.
purtroppo, però, la realtà di molte dei detenuti è una logica secondo me errata
vediamo come; il 60% dei detenuti dopo aver espiato la sua pena per intero viene sotto posto a una misura di prevenzione. Questa misura si chiama sorveglianza speciale[1] e sottopone la persona che ne è colpita a condizioni e restrizioni così dure da renderlo per la società un totale soggetto emarginato. La persona che vi è assoggettata viene privata di patente di guida, passaporto, di carta di identità (ne viene rilasciata una seconda dal municipio con l’obbligo delle forze dell’ordine di attestare quale sia la condizione della persona). Questa misura può imporre altresì alla persona di non uscire dal comune di residenza, di non rincasare oltre le venti, di non uscire di casa prima delle sei di mattina, di non camminare sui marciapiedi, di non portare ombrelli (ritenuti probabilmente armi improprie), di non frequentare pubblici uffici, bar o detenere computer e collegarsi in rete. Insomma, la lista è molto lunga e se una di queste regole, viene infranta si finisce in prigione a dover scontare una pena da uno a cinque anni.
Come fanno a trovare lavoro tutte queste persone sottoposte a questo marchio e a queste restrizioni??? Di conseguenza, come è prevedibile, il tornare a un sistema senza impegno reale per il reinserimento e la totale esclusione dalla società costituisce un forte aumento dei tassi di recidività dopo avere scontato la pena. Questo trattamento sembra concepito al solo fine di scoraggiare la persona a delinquere, ma è veramente così? O nella sua crudeltà crea dei risentimenti così forti da indurre il soggetto verso un unico indirizzo?  Quindi, finchè la società, le forze dell’ordine e i giudici non capiranno questo concetto, la delinquenza non cesserà mai di aumentare.
Mario Catalano   
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Nota: La sorveglianza speciale, in realtà, è applicata ai soggetti rientranti nelle tre categorie di cui sotto che non hanno rispettato l’avviso orale del Questore, precisamente, a coloro che, sulla base di elementi di fatto: debbano ritenersi abitualmente dediti a traffici delittuosi; vivono abitualmente, per la condotta ed il tenore di vita, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; siano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica. L’avviso orale del Questore è – effettivamente – un’esortazione al soggetto a cambiare condotta adottando un comportamento conforme alla legge, e che sussistono sospetti a suo carico indicando i motivi che li giustificano. Trascorsi almeno sessanta giorni (minimo) e comunque non più di tre anni (massimo) durante i quali la persona avvisata non ha cambiato condotta, il Questore può chiedere al Presidente del Tribunale competente (quello ove ha la residenza l’avvisato) l’applicazione della sorveglianza speciale.

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