IL PROCURATORE PULEIO ED IL P.M.DI GRANDI SOLLEVERANNO LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE

Davvero clamorosa sebbene legalmente sofisticata la decisione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modica che mercoledi su specifica iniziativa del P.M. Dott.ssa Di Grandi e prima ancora del difensore dell’avv. Ignazio Galfo che la richiesta avanzerà al Giudice monocratico in quanto il rinvio di un processo per esigenze istruttorie sarà dopo il 13 settembre 2013 data in cui detto processo dovrà celebrarsi a Ragusa.

La richiesta scaturisce dalla palese violazione degli art. 72,76 e 77 della Costituzione e quindi sta ora al Giudice monopcratico dott. Maggiore di rimettere gli atti alla Corte per la questione di legittimità costituzionale delle legge 148/2001 che ha convertito il decreto legge 138/2011

Ma ecco il testo integrale che la >procura avanzerà domani al Giudoce Monocratico

 

Nr. 1365/2005 R.G.N.R.

Nr. 15/2010 R.G. Tribunale di Modica udienza 17 aprile 2013

Il Pm., nella persona del dr Francesco Puleio e della dottoressa Veronica Di Grandi,

letti gli atti del procedimento in epigrafe;

Premesso che:

–       con decreto che dispone il giudizio del 06 novembre 2009 H.A. veniva tratto a giudizio dinanzi al Tribunale di Modica, in composizione monocratica, per rispondere dei reati di cui agli artt. 110 e 368 comma1 c.p.;

omissis

–      il difensore, avv.to Ignazio Galfo, atteso il rinvio del procedimento per il prosieguo istruttorio a data successiva al 13 settembre 2013, data oltre la quale, ex art. 9 comma 1 d.lvo 155/2012, “le udienze fissate dinanzi ad uno degli uffici destinati alla soppressione per una data compresa tra l’entrata in vigore del presente decreto e la data di efficacia di cui all’art. 11, comma 2, sono tenute presso i medesimi uffici. Le udienze fissate per una data successiva sono tenute dinanzi all’ufficio competente a norma dell’art. 2”, eccepiva l’incostituzionalità dell’art. 1, comma 2, l. 148/2011 (in Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011) con la quale è stato convertito, con modificazioni, il decreto legge n. 138 del 13 agosto 2011, per contrasto con gli artt. 72, 76 e 77, comma 2, della Costituzione; eccepiva, altresì, l’illegittimità dell’art. 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in Gazzetta Ufficiale n. 213 del 12 settembre 2012) limitatamente all’inclusione del Tribunale di Modica nell’elenco della tabella A9, per violazione della legge delega n.148/2012 .

– che il Giudice, sentite le parti, riteneva opportuno fissare – per decidere la sollevata questione di legittimità – una udienza interlocutoria, anche al fine di esaminare la documentazione prodotta dalle parti, rinviava all’udienza odierna.

Tutto ciò premesso, il Pubblico Ministero osserva quanto segue.

I termini ed i motivi delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.

1) Decreto legge n. 138 del 2011 e legge di conversione n. 148 del 2011 – violazione degli articoli 72 e 77, comma secondo, della Costituzione.

Il primo comma dell’art. 1 della legge 148/2011 prevede che “il decreto – legge 13 agosto 2011 n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge”.

Il secondo comma prevede che “il Governo, anche ai fini del perseguimento delle finalità di cui all’art. 9 del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, è delegato ad adottare, entro dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza...”.

La Corte Costituzionale, già con sentenza n. 29 del 1995, ha affrontato il tema dei rapporti tra decreto legge e legge di conversione.

In quella occasione, ha affermato il principio per cui la legge di conversione non ha efficacia sanante ed il difetto dei presupposti della straordinaria necessità ed urgenza concreta un vizio formale del procedimento normativo trasmissibile come tale alla stessa legge di conversione. In linea di continuità, tale orientamento è stato espresso da altre decisioni della Corte Costituzionale; da ultimo nelle sentenze n. 171 del 2007, n. 128 del 2008, n. 355 del 2010 e n. 22 del 2012.

In particolare, nella sentenza n. 171 del 2007 è stato affermato che la sussistenza dei requisiti della straordinaria necessità ed urgenza può essere oggetto di scrutinio (solo quando il difetto di tali presupposti sia evidente) su di un piano diverso da quello proprio del Parlamento in sede di conversione, perchè l’attribuzione al Governo della funzione legislativa ha carattere derogatorio ed è compito della Corte preservare l’assetto delle fonti primarie, accertando se il riparto delle competenze tra Parlamento e Governo sia stato o meno alterato; la legge di conversione non sana dunque i vizi del decreto, di modo che il difetto dei casi straordinari di necessità ed urgenza si traduce, dopo l’intervento parlamentare, in un vizio procedimentale della relativa legge.

Tale orientamento è stato affermato dal Giudice delle leggi con la sentenza n. 128 del 2008, di conforme contenuto ed esteso successivamente, con la sentenza n. 355/2010, anche agli emendamenti aggiunti in sede di conversione del Parlamento.

Tra l’altro, con la citata sentenza la Corte è ritornata sulla materia, riservandosi lo scrutinio sulla sussistenza dei presupposti di necessità e di urgenza anche riguardo agli emendamenti aggiunti, in sede di conversione dal Parlamento, purchè questi siano omogenei rispetto al contenuto del decreto legge. A proposito degli emendamenti eterogenei – cioè radicalmente estranei rispetto al decreto legge ed ai presupposti di necessità e di urgenza che lo hanno ispirato – tale sindacato è, dunque, escluso, ma non viene, altresì, affermato che l’introduzione ex novo, in sede di conversione, di disposizioni eccentriche sia, di per sé, ammissibile. La Corte, pertanto, non si è preclusa la possibilità di intervenire in futuro, valutando la costituzionalità degli emendamenti eterogenei, e ciò ha fatto con la sentenza n. 22 del 2012, ritenendo l’incostituzionalità di talune disposizioni aggiunte al testo del decreto legge solo durante la fase parlamentare della conversione.

Il percorso logico consta di quattro passaggi argomentativi:

– è dimostrata l’eterogeneità delle norme impugnate, inserite in sede di conversione, rispetto al contenuto originario del decreto – legge;

– è rinvenuto nell’art. 77, secondo comma, della Costituzione, il fondamento del requisito dell’omogeneità del decreto – legge;

– da tale requisito è dedotta la necessaria omogeneità della legge di conversione anch’essa imposta dall’art. 77, secondo comma, della Costituzione;

– dal riconoscimento della necessaria omogeneità della legge di conversione rispetto al decreto-legge viene tratta la conseguenza dell’incostituzionalità delle norme introdotte in sede di conversione che siano del tutto eterogenee rispetto a quelle originariamente contenute nel decreto. Tale introduzione, infatti, implica la violazione delle norme procedimentali: solo ove sussistano i presupposti enunciati nel secondo comma dell’art. 77 della Costituzione è consentito derogare al procedimento legislativo ordinario previsto dall’art. 72 della Costituzione.

Orbene, i casi esaminati dalla Corte Costituzionale nelle sentenze alle quali si è fatto cenno appaiono assimilabili a quello in esame.

In particolare, in relazione a quanto stabilito dall’art. 77, comma 2, della Costituzione, la lettura della clausola che accompagna l’adozione del decreto legge n. 138 del 2011 (che testualmente recita: “ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per il contenimento delle spesa pubblica al fine di garantire la stabilità del Paese con riferimento all’eccezionale situazione di crisi internazionale e di instabilità dei mercati e per rispettare gli impegni assunti in sede di Unione Europea, nonché di adottare misure dirette a favorire lo sviluppo e la competitività del Paese e il sostegno dell’occupazione”) avrebbe dovuto dare conto dell’esistenza dei presupposti di cui all’art. 77, comma 2, in riferimento al tema della c.d. “geografia giudiziaria”, tema, invece, originariamente del tutto estraneo e che è stato introdotto solo successivamente all’approvazione parlamentare di un emendamento governativo proposto in sede di conversione del decreto legge n. 138 del 2011.

Parrebbe, dunque, violata la norma procedimentale della Costituzione che limita l’adozione del decreto legge ai soli casi di necessità ed urgenza.

La disciplina contenuta nel secondo comma dell’art. 1 della legge 148/2011, volta a riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, è stata introdotta per la prima volta in sede di conversione ed in quanto del tutto eterogenea rispetto al corpo del decreto legge convertito, ed appare qualificabile come “norma intrusa”, ovvero che introduce una nuova disciplina (e, propriamente, una delega al Governo a legiferare con successivi decreti legislativi in materia di riorganizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio) evidentemente estranea all’insieme delle altre disposizioni di legge che il primo comma dell’art. 1 provvede a convertire.

Sul punto specifico si è recentemente espressa la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 22 del 16.02.2012, con la quale definitivamente si stabilisce che “La semplice immissione di una disposizione nel corpo di un decreto legge oggettivamente o teleologicamente unitario, non vale a trasmettere, per ciò solo, alla stessa il carattere di urgenza proprio delle altre disposizioni, legate tra loro dalla comunanza di oggetto e di finalità. Ai sensi del secondo comma dell’art. 77 Cost. i presupposti per l’esercizio senza delega della potestà legislativa da parte del Governo riguardano il decreto legge nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo. L’inserimento di norme eterogenee all’oggetto o alla finalità del decreto, spezza il legame logico giuridico tra la valutazione fatta dal governo dell’urgenza del provvedere ed i “provvedimenti provvisori con forza di legge”, di cui alla norma costituzionale citata. Il presupposto del “caso” straordinario di necessità e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione atomistica della condizione di validità prescritta dalla Costituzione si pone in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il “caso” che lo ha reso necessario, trasformando il decreto legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera causalità temporale. I cosiddetti decreti “mille proroghe”, che vengono convertiti in legge dalle Camere, sebbene attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono obbedire alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o di incidere su situazioni esistenti – pur attinenti ad oggetti e materie diversi – che richiedono interventi regolatori di natura temporale. Del tutto estranea a tali interventi è la disciplina “a regime” di materie o settori di materie rispetto alle quali non può valere il medesimo presupposto della necessità temporale e che possono quindi essere oggetto del normale esercizio del potere di iniziativa legislativa, di cui all’art. 71 Cost.. Ove le discipline estranee alla ratio unitaria del decreto presentassero, secondo il giudizio politico del Governo, profili autonomi di necessità e urgenza, le stesse ben potrebbero essere contenute in atti normativi urgenti del potere esecutivo distinti e separati. Risulta, invece, in contrasto con l’art. 77 Cost. la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e finalità eterogenei, in ragione dei presupposti, a loro volta, eterogenei. La necessaria omogeneità del decreto legge, la cui interna coerenza va valutata in relazione all’apprezzamento politico operato dal Governo e controllato dal Parlamento, del singolo caso straordinario di necessità e urgenza, deve essere osservato dalla legge di conversione di un decreto legge è pienamente recepito dall’art. 96 bis, comma 7, del regolamento della Camera dei deputati, che dispone: “Il Presidente dichiara inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto legge”. Pertanto, è costituzionalmente illegittimo l’art. 2, comma 2, quater del D.L. 29 dicembre 2010 n. 225 (Proroga dei termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie) convertito in legge con modifiche dall’art. 1, comma 1, della legge26 febbraio 2011 n. 10 nella parte in cui introduce i commi 5 quater e 5 quinquies, primo periodo, nell’art. 5 della legge 24 febbraio1992 n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile) in quanto le norme impugnate, inserite nel corso del procedimento di conversione del D..L. n. 225/2010, sono del tutto estranee alla materia e alle finalità del medesimo

Ciò posto, come sopra già accennato, la norma “intrusa” non ha direttamente disciplinato la materia perchè la riorganizzazione territoriale è stata delegata al Governo.

Come è noto l’art. 72, comma 4°, della Costituzione impone per i disegni di legge di delegazione legislativa il ricorso alla procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera che, ai sensi del 1° comma della norma, consiste nel previo esame in commissione (sede referente) e successivo passaggio in Aula, dove il disegno viene approvato articolo per articolo e con votazione finale.

La delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari è stata approvata in prima lettura dal Senato della Repubblica il 7 settembre 2011, durante l’iter del procedimento di conversione in legge del decreto legge n. 138/2011. Il procedimento legislativo di conversione si è poi concluso con la successiva deliberazione della Camera dei Deputati.

Entrambi i passaggi parlamentari sono stati caratterizzati dal fatto che il Governo ha posto la questione di fiducia.

Dal resoconto della seduta d’aula del Senato emerge che l’emendamento governativo sulla riorganizzazione territoriale delle circoscrizioni giudiziarie è stato presentato in aula ed è stato trasmesso per il parere alla commissione bilancio, per la valutazione degli aspetti di copertura finanziaria: è del tutto mancato, dunque, il passaggio necessario dell’esame da parte della commissione referente.

Si legge, infatti, nel predetto resoconto, come il Presidente della Commissione abbia informato che “durante la discussione in Assemblea del disegno di legge n. 2887, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, il Governo ha presentato l’emendamento n. 1900 sul quale ha posto la questione di fiducia. L’emendamento stesso è stato trasmesso dal Presidente del Senato affinchè, in relazione all’art. 81 della Costituzione e nel rispetto delle prerogative costituzionali del Governo, la commissione bilancio possa informare l’assemblea circa i profili di copertura finanziaria”.

Dunque, la sequenza procedimentale delineata nella Costituzione (decreto legge seguito da legge di conversione) è stata sostituita con una sequenza diversa (decreto legge, seguito da legge di conversione, seguita, a sua volta, da decreto legislativo delegato); il tutto, peraltro, in una materia affatto estranea al decreto convertito, ma riferita ad altro e diverso decreto già convertito con altra legge.

Parrebbero, dunque, violati sia l’iter ordinario di formazione legislativa (artt. 70 e 72, primo e quarto comma, della Costituzione), sia l’iter previsto per la decretazione d’urgenza (art. 77, secondo comma, della Costituzione).

2) Articolo 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in Gazzetta Ufficiale n. 21 del 12 settembre 2012) – eccesso rispetto ai criteri direttivi fissati nella legge delega – violazione dell’art. 76 della Costituzione.

L’art. 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 prevede che “Sono soppressi i tribunali ordinari, le sezioni distaccate e le procure della repubblica di cui alla tabella A allegata al presente decreto”.

Nell’elenco della tabella A è compreso il Tribunale di Modica.

I dubbi di legittimità costituzionale espressi in relazione alla legge delega inducono a prospettare la illegittimità consequenziale del decreto legislativo.

Inoltre, tale decreto sembra porsi in contrasto con i criteri ed i principi direttivi di cui all’art. 1, secondo comma lettere b), d) ed e) della legge n. 148/2011 violando, così, l’art. 76 della Costituzione.

In particolare, la lettera b) prevede che la ridefinizione delle circoscrizioni giudiziarie avvenga “…. secondo criteri oggettivi ed omogenei che tengano conto dell’estensione dei territori, del numero di abitanti, dei carichi di lavoro e dell’indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale dei bacini d’utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale…..nonchè alla necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane”; secondo la lettera d), si deve “...procedere alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento a tribunali limitrofi…”; la lettera e) stabilisce che, nel perseguire le finalità di cui ai punti che precedono, si assuma “…come prioritaria linea di intervento…il riequilibrio delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali tra uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni”.

Nel caso che ci occupa, nessuno degli elencati criteri è stato oggetto di attenzione da parte del legislatore.

In particolare, è stato disatteso il dato del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro, dell’indice delle sopravvenienze, del bacino di utenza dei vari uffici, né è stata assunta come prioritaria linea di intervento, il riequilibrio delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali tra uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni.

Il legislatore ha violato tra l’altro la delega nella parte in cui prevede la possibilità di riduzione, e non necessariamente la soppressione, degli uffici.

Inoltre, dato ancora più importante, nel considerare le specificità territoriali si doveva necessariamente tenere conto della situazione infrastrutturale che, per quanto riguarda Modica, appare attestata ai massimi livelli di efficienza, comodità, spaziosità e fruibilità complessiva del Palazzo di Giustizia, inaugurato nel mese di gennaio 2004. Non fosse altro perché l’art.10 del d.lgs.n.155/2012 prevede la clausola di invarianza finanziaria, secondo cui dalla organizzazione degli uffici giudiziari non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. E, nel caso di Modica, ciò non potrà avvenire perché il Tribunale accorpante non è idoneo ad accogliere la sede distaccata di Vittoria (soppressa, come tutte le sezioni distaccate), nonché tutto il tribunale di Modica.

Anche in base ai parametri elaborati dalla commissione ministeriale che ha preceduto il decreto legislativo n.155/2012, appaiono evidenti precise incongruenze che non giustificano la soppressione del Tribunale di Modica.

Più specificamente, quanto alla efficienza del servizio reso ai cittadini, mentre nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012 il Primo Presidente della Corte di Cassazione ha sostanzialmente affermato che il 10% dei processi penali in primo grado vengono definiti con sentenze che dichiarano il reato estinto per prescrizione, invece il dato del Tribunale di Modica, per il medesimo periodo preso in considerazione, che va dal 1.07.2010 al 30.06.2011, si attesta al 3% dei processi definiti con sentenze dichiarative della prescrizione.

Orbene, alcun criterio direttivo della legge delega autorizzava un accorpamento del Tribunale di Modica al Tribunale di Ragusa.

Con la soppressione del Tribunale di Modica, non si è affatto realizzata la finalità della legge delega ossia quella di riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza.

In sostanza, sembra essere stato violato il disposto di cui all’art. 76 della Costituzione per aver il Governo emanato un provvedimento legislativo in violazione dei principi e dei criteri direttivi previsti nella legge delega.

 

3) Articolo 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in Gazzetta Ufficiale n. 213 del 12 settembre 2012) – violazione dell’art. 97 e 24 della Costituzione.

I pubblici uffici devono essere organizzati in modo che sia assicurato il buon andamento dell’amministrazione. D’altra parte, obiettivo dell’art. 1, secondo comma, della legge n. 148/2011, è quello di realizzare “…risparmi di spesa ed incrementi di efficienza..”. Dunque, nel caso di specie, sembrerebbero essere stati violati i criteri dettati dalla stessa legge e relativi al miglior funzionamento della giustizia: ne deriverebbe la consequenziale violazione del principio costituzionale del buon andamento ovvero del diritto alla tutela giudiziaria effettiva.

Inoltre, non vi sono evidenze circa l’obiettivo del risparmio economico che sarebbe realizzato con la soppressione del Tribunale di Modica, mentre è certo che vi saranno costi di trasferimento e che un bene pubblico quale il palazzo di giustizia resterà inutilizzato.

In buona sostanza, l’accorpamento del Tribunale di Modica al Tribunale di Ragusa non comporterà risparmi di spesa né incrementi di efficienza.

In tal senso rileva il trasferimento del personale del Tribunale di Modica presso il Tribunale di Ragusa, che certamente graverà sullo Stato per un onore maggiore nel costo tributario.

Ed invero il Decreto Legge 13.08.2011 n. 138, convertito in Legge 14.09.2011 n. 148, al comma 29 recita che “i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, esclusi i magistrati, su richiesta del datore di lavoro, sono tenuti ad effettuare la prestazione in luogo di lavoro diverso e sede diversi sulla base di motivate esigenze, tecniche, organizzative e produttive con riferimento ai piani della performance o ai piani di razionalizzazione, secondo criteri ed ambiti regolati dalla contrattazione collettiva di comparto. Nelle more della disciplina contrattuale si fa riferimento ai criteri datoriali, oggetto di informativa preventiva, e il trasferimento è consentito in ambito del territorio regionale di riferimento; per il personale del Ministero dell’Interno il trasferimento può essere disposto anche al di fuori del territorio regionale di riferimento. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

Il trasferimento del personale dal Tribunale di Modica al Tribunale di Ragusa comporterà dunque – alla luce della richiamata contrattazione collettiva di comparto – un aggravio di spesa, con conseguente contrasto con gli obiettivi di cui all’art. 1, secondo comma, della legge n. 148/2011.

 

4) Articolo 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in Gazzetta Ufficiale n. 213 del 12 settembre 2012) – violazione dell’art. 3 della Costituzione.

Tutte le violazioni dei criteri posti dalla legge delega, in particolar modo il criterio direttivo di cui alla lett. e) dell’art. 1, potrebbero risolversi, in concreto, anche nella violazione dell’art. 3 della Costituzione.

Ed invero, il diverso trattamento riservato agli utenti del Tribunale di Modica rispetto a quello di Tribunali analoghi appare arbitrario, in quanto non trova fondamento in alcuna disposizione di legge ed irrazionale in quanto non assicura il raggiungimento degli obiettivi posti dal legislatore delegante.

Gli utenti del Tribunale di Modica, perdono, rispetto ai residenti in Tribunali sub-metropolitani non soppressi, senza che la differenza di trattamento, in controtendenza rispetto ad ogni altra scelta riorganizzativa, sia motivata, la giustizia di prossimità.

5) Articolo 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in Gazzetta Ufficiale n. 213 del 12 settembre 2012) – violazione dell’art. 25, primo comma, della Costituzione.

Le norme richiamate sarebbero, altresì, in contrasto con il disposto di cui all’art. 25, 1° comma, della Costituzione, in quanto la loro applicazione distoglierebbe il cittadino dal Giudice naturale precostituito per legge.

Ciò tanto più, in quanto l’art. 9 del D.lgs 155/2012 prevede che le cause pendenti avanti ad un ufficio destinato alla soppressione alla data di entrata in vigore del provvedimento, siano devolute al Tribunale accorpante e, conseguentemente, i rinvii di udienza a data successiva al 13.09.2013 siano fatti davanti al nuovo Giudice competente.

L’eliminazione del Tribunale di Modica, in quanto realizzata sulla base di norme illegittime, violerebbe la riserva di legge di cui all’art. 25, 1° comma, della Costituzione che è disposizione costituzionale destinata “a garantire la certezza del cittadino di vedere tutelarsi i propri diritti e interessi da un organo già preventivamente stabilito dall’ordinamento e indipendente da ogni influenza esterna” (Corte Costituzionale Sentenza n. 272 del 1998).

La non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale

I dubbi circa il contrasto con la Costituzione delle norme fin qui esaminate sono consistenti e la segnalazione dei vizi incostituzionali, all’esito della delibazione che precede, non appare affatto pretestuosa. Le questioni sollevate appaiono non manifestamente infondate.

 

° La rilevanza

Appare evidente la relazione tra le norme denunciate e l’esito della controversia.

Il dubbio di costituzionalità investe, infatti, l’individuazione del Giudice (il Tribunale di Ragusa ovvero il Tribunale di Modica) che dovrà trattare il procedimento penale de quo e, dunque, adottare la sentenza nel merito, in quanto la successiva udienza di trattazione si svolgerà in un tempo in cui il Tribunale di Modica, in virtù della previsione del decreto legislativo, sarà stato soppresso ai sensi dell’art. 11, secondo comma, d.lvo 155/2012 che recita: “…Le disposizioni di cui agli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 7 acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto”, e cioè dodici mesi dal 13 settembre 2012.

Ne consegue che ciò costringerebbe le parti processuali a cambiare Giudice in corso di causa.

Orbene, le norme in oggetto hanno una diretta ed evidente incidenza rispetto alla decisione del presente giudizio, concorrendo a determinare “il giudice naturale” dello stesso.

L’interesse delle parti è, dunque, quello a non essere distolte dal giudice precostituito per legge (che allo stato è il Tribunale di Modica), sulla base di norme pur aventi valore di legge, ma costituzionalmente illegittime per le ragioni sopra evidenziate (che lo individuano nel Tribunale di Ragusa); interesse, peraltro, a sua volta di rilevanza costituzionale, alla stregua dell’art. 25, primo comma, Cost.

La decisione delle questioni di legittimità costituzionale, come sopra prospettate, si pone, pertanto, come pregiudiziale ed indispensabile rispetto alla decisione del presente giudizio.

La Corte Costituzionale, con le sentenze n. 18/89 (sulla responsabilità civile dei magistrati) e n. 196/87 (sulla obiezione di coscienza del giudice tutelare in ordine alla autorizzazione delle donne minorenni all’interruzione della gravidanza), ha, del resto, già riconosciuto che – ai fini dell’ammissibilità delle questioni di legittimità sollevate – devono ritenersi rilevanti, ai fini del giudizio, anche le norme che, pur non direttamente pertinenti rispetto all’oggetto del giudizio, attengono, comunque, allo status del Giudice, alla sua composizione, nonché, in generale, alle garanzie ed ai doveri che riguardano il suo operare.

La Corte ha affermato che “L’eventuale incostituzionalità di tali norme è destinata ad influire su ciascun processo pendente davanti al giudice del quale regolano lo status, la composizione, le garanzie e i doveri: in sintesi, la <protezione> dell’esercizio della funzione, nella quale i doveri si accompagnano ai diritti” (cfr. sent. n. 18/89, ed ancora Corte Cost. 24 novembre 1982, n. 196; 4 luglio 1977, n. 125; 15 maggio 1974 n. 128).

La protezione dell’esercizio della funzione giurisdizionale influisce, pertanto, in questi casi, su ciascun procedimento pendente, nell’ambito (ed in ogni momento) del quale può, pertanto, essere sollevata la questione di legittimità costituzionale.

Dunque, la risoluzione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate si pone in rapporto di pregiudizialità rispetto all’ulteriore corso del procedimento penale de quo, la cui udienza di discussione è stata fissata alla data del 21.10.2013.

Ne consegue che il presente procedimento non si può decidere indipendentemente dalla risoluzione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, che, come tali, si pongono in rapporto di pregiudizialità con l’ulteriore trattazione.

P.Q.M.

Chiede

Che il Tribunale di Modica

1) dichiari rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, secondo comma, della legge n. 148 del 14 settembre 2011 (in Gazzetta ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011), con la quale è stato convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011, per contrasto con gli artt. 70, 72, primo e quarto comma, e 77, secondo comma, della Costituzione;

2) dichiari rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in Gazzetta Ufficiale n. 213 del 12 settembre 2012), limitatamente all’inclusione del Tribunale di Modica nell’elenco della tabella A), per contrasto con gli artt. 3, 24, 25, primo comma, 76 e 97, primo comma, della Costituzione;

3) previa revoca dell’ordinanza emessa all’udienza del 4 marzo 2013 con la quale il procedimento penale de quo veniva rinviato all’udienza del 21 ottobre 2013 sospenda il presente processo e disponga la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;

4) disponga che, a cura della Cancelleria, l’ordinanza di sospensione sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Modica, 16 aprile 2013

Il Pubblico Ministero                                                 Il Procuratore della Repubblica

Veronica Di Grandi                                                      Francesco Giuseppe Puleio

 

 

 

   

 

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