Il Presepe dell’Annunziata ad Ispica di Marcella Burderi

“A ddi tiempi friddusi e scuri jttau cesari nu bannu e li poviri e signuri tutti a sciviri si vannu…”. Casette ricavate da recessi naturali nella roccia lasciano curiosare l’occhio del viandante che sbircia all’interno di abitudini quotidiane. Donne al lavoro rincorrono con sguardi materni i loro piccoli che monelli si dileguano dietro vicoli nascosti. Di loro si intuiscono i giochi. La luce si diffonde e si colora di un giallo d’oro merito della pietra calcarea che sa cambiare al tocco di raggi discreti. Il fiume scorre inesorabile e dalla rupe raggiunge, ad impreziosire, vallate in cui germina vita. “…Quannu Cesari jttau ddu gran bannu riurusu San Giuseppi si truvau ‘nta na ciazza rispittusu…”. Le greggi, ricordo di una faticosa laboriosità passata riposano in incantata attesa. Il viandante che si trova in una magica serata di Natale ad entrare alla Basilica della Ss Annunziata di Ispica, lascia il suo abito disincantato e moderno ed entrando dentro il presepe verista allestito su navata laterale veste gli abiti della tradizione; percorre sentieri non dimenticati, semmai segnati dalla non consuetudine e re-impara i modi della gente che fu. Torna sui passi della memoria a ritrovare costumi certamente mai indossati ma non per questo stranieri. Sente addentrandosi nel percorso del ricordo il bisbiglio di cunti, antichi miniminagghi, e detti che di porta in porta si offrono all’ascoltatore fantasioso. “…San Giuseppi era cunfusu ri purtarisi a Maria E lu tiempu era friddusu ci scurau ammienzu a la via…” È un percorso nell’anima del Natale quello che l’Associazione Cattolica “Don Bosco” ha saputo realizzare al riparo delle capienti stanze della memoria sotto la paziente guida di Salvatore  Giuga. Una grotta, non la più fastosa, al contrario la più discreta accoglie la Madonna. San Giuseppe è ormai sereno. Trova pace  in un riparo a aspetta che si compia la magia del Natale. “…Arrivati a menzannotti cci nasciu lu bamminieddu ‘mienzu ‘o voi e ‘o sciccarieddu cci nasciu Ghiesuzzu beddu…”. Anche il pellegrino in rimane nel silenzio della memoria a ripercorrere sentieri di bambino poi un canto antico: un monito a non indugiare. “…Tutt’an cuorpu si rapìu lu stiddatu e ccu’ ‘na trumma ‘a ‘na picca ri pastura n’ancilieddu cumpariu.

“O viniti ca nasciu lu gran Re ri la natura E nasciu puvirieddu ‘nta na povira manciatura”.

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