Il nuovo sindaco riparta dal lavoro. Ecco la riflessione della giornalista e imprenditrice Emanuela Burrafato affinché si riescano a risvegliare le energie positive di Ragusa

Pubblichiamo una riflessione della giornalista e imprenditrice Emanuela Burrafato sulle prossime elezioni amministrative a Ragusa. Vuole essere uno “elogio della ragusanità”, un appello al nuovo sindaco affinché risvegli le energie della città. Da leggere tutta di un fiato.
“Caro Sindaco, finalmente trovo qualche minuto. Da un po’ cerco questo tempo, per scriverti, se ti va di leggere. No, non mi rivolgo al Sindaco uscente, che non si ricandida, ma a te, che vincerai le elezioni di giugno, sbaragliando una concorrenza esagerata per un comune come Ragusa. Di una cosa spero vivamente che prenderai atto: Ragusa deve ripartire dalla riscoperta del valore del lavoro. Siamo sempre stati un caso economico e sociale “anomalo” nel panorama siciliano, e anche oggi queste nostre peculiarità restano evidenti, nelle vecchie case di campagna, nei muri a secco, nella forza volubile delle nostre mani e nella dolce caparbietà delle nostre menti. La cultura contadina è la base di passato e futuro, è quello che ci insegna onestà e dedizione, spirito di sacrificio ed immense soddisfazioni. È anche quello che ci rende simpatici, affini addirittura, agli italiani del Nord più operoso, invidiosi perché in più rispetto a loro abbiamo l’aria buona e il mare. Ed è l’elemento, quella cultura contadina, che quando esplode nel barocco, così come nei panni bianchi accecanti, stesi al sole dei vicoli del centro ormai deserto, rapisce come in un’estasi tedeschi e inglesi. Ecco, questo è il vero patrimonio da salvare: questa storia di sudori e fatiche, di parole rispettate e di impegni portati a termine onestamente. Perché chi rispetta da sempre la natura, i suoi ritmi, la terra e il mare, rispetta gli altri, rispetta l’uomo, il prossimo, se preferisci. La laboriosità è quello che può salvarci, è quello che stiamo perdendo. Sono di questi giorni i dati nazionali che parlano della crisi delle industrie del nord per mancanza di personale qualificato. Mancano gli operai nelle fabbriche, costrette a rifiutare commesse e ritardare tempi di consegna. Un tracollo per tutta l’Italia, un passo indietro ingiustificabile. Mancano, qui, persone qualificate da assumere in campo turistico. Si, nascono strutture e associazioni, ogni giorno nuove, nel nome di un non ben definito fenomeno, detto turismo. Ma cos’è, il turismo? Affittare l’appartamento al mare a 1000 euro a settimana a chi, con grandi difficoltà, riuscirà ad arrivare atterrando a Comiso? Questo è, al momento. L’arrivo della Pasqua è coinciso con l’incremento dei flussi turistici. Ai primi di maggio Marina di Ragusa è, nell’ordine: sommersa di rifiuti, priva di info point per i turisti, priva di servizi alla balneazione (il 25 aprile e il primo maggio tanta gente ha fatto il bagno), priva di collegamenti pubblici con altri centri (almeno con il capoluogo e Modica e Scicli), e di una programmazione che preveda eventi e intrattenimento per una stagione che può già dirsi avviata. Non devi fare grandi cose, Sindaco. Se mi prometti metropolitane e autostrade, grattacieli e piscine, non ti crederò affatto. Se mi dici che proverai a trasformare il tanto inutilizzato e abbondonato che c’è in qualcosa di utile e fruttuoso, forse ti sto a fianco. Ragusa non ha bisogno di nuove cose, ma di nuova energia per le cose vecchie, che sono belle: il centro storico, Ibla, le piazze, le spiagge. E i ragusani. A loro, soprattutto, bisogna ridare vigore, fiducia nella propria forza e bellezza. I nostri genitori hanno lavorato tanto, e ci hanno voluto dottori. Lo siamo, quasi tutti, ma la laurea, in certi casi, non ci ha fatti abbastanza intelligenti. Perché è chiaro che sarebbe preferibile fare il chirurgo o il notaio, il docente universitario o l’ingegnere nucleare, con uno stipendio fisso e una bella vita agiata…ma dove? Bravi, nel mondo dei sogni. Perché se “cu nesci arrinesci”, a quale prezzo questo succede, e quante volte? E se vi dicessi che l’idea della laurea si può staccare dal tipo di lavoro che si fa? Dalla mansione che si svolge? Se vi dicessi che una mamma con la laurea, una cameriera con la laurea, un tassista con la laurea, un restauratore e una decoratrice di carretti con la laurea, sono più che plausibili, e possono fare la differenza, in questa città più che a Bologna, o Firenze o Torino? Cosa rispondereste? Non ho citato a caso questi lavori (esclusa la mamma, che ahimè è un ruolo ricoperto a titolo gratuito per puro amore del prossimo), li ho scelti di proposito perché le loro retribuzioni potrebbero ben equiparare quelle di professori, medici e avvocati. Nella realtà attuale ci sono lavori che scompaiono, che perdono valore e professionalità, vedi i giornalisti, ad esempio. Insistere nel tentativo di far coincidere i propri titoli con una posizione sociale e con una “idea” di stipendio, vuol dire non vedere cosa vuole il mondo reale, e sprecarsi, sprecare le proprie risorse personali. Penalizzando il contesto tutto. Se le aziende del Nord vedono aggravarsi la loro situazione economica resa difficile dalla crisi generale, proprio per mancanza di operai specializzati, le imprese del turismo del Sud, parlo di Ragusa che conosco, rischiano di non decollare più, mai più, per mancanza di alberghi e gente che vi lavori con professione, per mancanza di camerieri (che parlino le lingue) per mancanza di cuochi, pasticceri e fornai (la tanto amata cucina mediterranea) per mancanza di buoni prodotti agricoli nel territorio (soppiantati, qui dove nascono, dalle importazioni dall’Africa e dal Sud America e ripiazzate nei mercati di Milano dalla grande distribuzione per far sentire il giovane neo laureato Carmelo vicino a mamma Giovanna, per il tramite di un chilo di arance comprate a 6 euro, sempre con il denaro mandato dalla mamma, “ca ro stipendiu, livannu i spisi, nun c’arresta nenti, mancu ppi manciari”). Il blocco generale dell’economia, la fine del lavoro produttivo, sembrano vicini. È difficile vedere prospettive positive. Eppure l’economia malata che ci hanno buttato addosso come una rete sempre più stretta, salva una cosa, il vino e i suoi produttori. Lì si, ci sono i forti. E allora, prosit, caro Sindaco, e buon lavoro”. Emanuela Burrafato

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it